11 aprile 2006
ARRESTATO BERNARDO PROVENZANO

INTERVISTA A CAMILLERI

un po di rassegna dal web da corriere.it


Morale mafiosa, indagini giudiziarie e letteratura: la risposta a Grasso

«Il boss povero?
Finzione, non etica»

Andrea Camilleri, l'autore del commissario Montalbano: dietro la maschera c'è una modernissima gestione del potere


DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
PALERMO — Il padrino di Cosa Nostra catturato a due passi da Corleone sembra uscito da una pagina di Camilleri, dalle Cinquanta paia di scarpe chiodate, il racconto su un «re pastore» indicato da un brigadiere al commissario Montalbano, fra le pecore di una masseria, come un paciere che «amministra giustizia». A suo modo, «uomo di saggezza e d'esperienza». È su questa contraddittoria immagine tra affari milionari e vita francescana di Bernardo Provenzano che il New York Times ha chiesto lumi ad Andrea Camilleri. E lui s'è messo al computer per spiegare agli americani «perché il padrino viveva da povero».
Proprio come ha fatto ieri sul Corriere della Sera il procuratore Piero Grasso spiegando che «il boss voleva dare l'esempio». L'antropologia della mafia diventa così indagine giudiziaria e letteratura insieme.


Sorpreso, Andrea Camilleri, dalla realtà che presenta il padrino con lo stesso cliché di un antico mafioso già visto nei film e nei suoi libri?
«Nessuna sorpresa. Me l'aspettavo così. Come vidi quel Cuntrera arrestato in Venezuela dopo le stragi del '92, uno di Siculiana, il paese vicino al mio, Porto Empedocle».


Il ministro delle Finanze di Cosa Nostra, si disse.
«Pure lui con la faccia e l'atteggiamento di un contadino. Ma solo nell'aspetto».


Scrutiamo oltre.
«Da Cuntrera ai tanti boss presi in questi anni, sono sempre insaccati in una sorta di divisa. Sì, la divisa del mafioso di campagna. Magari con qualche giacca di fustagno, trasandati, dando sempre questa immagine di provenienza pastorale».


Lo vede come un trucco, come sola apparenza?
«In realtà è solo l'immagine che danno. Perché poi sono modernissimi in quella che è la tecnica del malaffare, l'assegnazione degli appalti, la scelta di chi votare alle elezioni o su chi mettere come uomo giusto al posto giusto nei nodi cruciali dei fatti amministrativi. Allora, alla loro divisa di contadini sembra sovrapporsi il colletto bianco».


E non c'è etica sotto la divisa? «
Vogliono apparire in un certo modo, ma sono un'altra cosa. E poi questa vita ascetica che molti conducono un po' è dettata dalla necessità della latitanza. È chiaro che se alloggiano in un albergo a cinque stelle rischiano di essere beccati subito. Più difficile in una casupola di campagna o dentro un pagliaio».


«Costretti all'angolo», come dice il procuratore Grasso?
«Questa vita senza comodità è dettata dalla necessità. Non è che intendono dare sempre un esempio di moralità. Ma è anche vero che l'esercizio e il gusto del potere, inteso pure come potere di vita e di morte sulle persone, non solo il potere sugli affari, compensa in questi soggetti ad abundantiam il loro disagio di vita quotidiana».

Il potere meglio di una vita agiata?
«Noi siciliani abbiamo un bellissimo proverbio, "cumannari è meglio di futtiri". E si adatta a perfezione, il comandare è meglio di qualsiasi altra cosa. Per loro non è importante che il potere stesso sia sorretto dall'immagine che noi abbiamo del potere».

Un potere ancora solidissimo, a suo avviso, quello del «re pastore» Provenzano?
«Quando queste persone vengono arrestate è perché si sfilaccia la rete di protezione fatta da politici, imprenditori, gente incensurata, gente insospettabile. E succede nel momento in cui il boss ha meno potere. Allora, se è vero il detto italiano per cui "morto un papa se ne fa un altro", io credo che nella mafia il nuovo papa venga già fatto nel momento in cui il papa vecchio si ammala».

Non se ne aspetta la morte?
«Non si aspetta. E, quindi, dire "abbiamo decapitato la mafia" mi sembra eccessivo. Per questo grande arresto va resa tutta la nostra personale gratitudine ai magistrati e alle forze dell'ordine. Ma in realtà, e sempre secondo il mio parere, la cattura di Provenzano rappresenta solo le esequie del papa vecchio».

E i papabili?
«Già in funzione».

Si fanno un paio di nomi.
«Sì, mi pare uno con 13 anni di latitanza e l'altro 12. Non so se le elezioni del nuovo papa vengono fatte in base all'anzianità di latitanza... Visto che felicemente non sono addentro alle loro regole, mi auguro che non bisogni aspettare altri trenta anni perché vengano catturati».


Che cosa consiglierebbe al commissario Montalbano?
«Intanto, mi auguro che i nuovi padrini si cambino le mutande con maggiore frequenza».


Le mutande?
«Se è vero che Provenzano è stato catturato perché aveva bisogno di un paio di indumenti puliti, non possiamo aspettare che questo cambio avvenga ogni 43 anni».


Oltre alla «divisa» da contadino, c'è molta curiosità sulla «dieta Provenzano», miele, ricotta e cicoria...
«Mangia cicoria pure Rutelli... Ma è solo una battuta. Provenzano, poveraccio, è un uomo malato, uno a stecchetto, senza vino, senza niente».


Gli restano le preghiere e una ostentata veste mistica...
«Sì, le cinque Bibbie di cui quattro intonse e una molto usata, tre crocifissi al collo, il rosario, santini, padre Pio. E non c'era un "pizzino" nel quale, in qualche modo, non ci facesse entrare Dio. Qualcuno si può stupire che i mafiosi siano così religiosi, però bisogna cercare di capire che spesso la religione nei siciliani assume una certa inquietante forma di superstizione».


Dobbiamo rileggere le «Feste religiose» e pagane di Sciascia?
«Ricordiamoci di quel Pietro Aglieri con il prete che gli andava a dir Messa nel covo».


Questi boss si convincono di agire per il Bene?
«Pensano di fare il bene per il bene di tutti. Non sono i soli, in Italia. Ma anche i nazisti avevano una cintura con scritto Gott mit uns (Dio con noi, ndr)».


Il «re pastore» non si sente comunque un po' demodé?
«Il vecchio mafioso dentro di sé dice: "Noi abbiamo ormai sistemi arretrati, siamo come le vecchie 500 che vengono buttate fuori strada dalle Bmw dei nuovi mafiosi". Perché credo che i vari Riina e Provenzano, in fondo, siano stati lasciati a campare nel loro redditizio orticello».

I veri affari vanno cercati oltre?
«Pensare che gli affari di una multinazionale com'è la mafia siano quei pochi appalti lasciati gestire al buon Provenzano significherebbe non avere capito niente dell'importanza della mafia».


E i nuovi padrini come li immagina?
«La vera mafia oggi come oggi deve aver cambiato aspetto e abolito i rituali: l'appartenenza alla famiglia, il santino bruciato, la punciuta. No, credo che oggi la mafia agisca su Internet, che i padrini non si conoscano fra di loro, ma che abbiano in comune la password».

Felice Cavallaro

15 aprile 2006

 






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