30.11.2006 – Gazzetta del Sud

Il  pentito,  collegato  in  videoconferenza,  conferma  le  sue  precedenti  confessioni  sulla  barbara  uccisione  di  Franco  Fortugno

Novella:  Ritorto  mi  annunciò  il  delitto

«Il  ferimento  di  Audino  avvenne  a  Fabrizia  e  non  a  Bianco  come  la  vittima  aveva  dichiarato»

di Paolo  Toscano

REGGIO  CALABRIA

Domenico  Novella  voleva  rimanere  fuori  dall'omicidio  di  Franco  Fortugno.  Sapeva  che  Salvatore  Ritorto  (arrestato  dalla  squadra  mobile  con  l'accusa  di  essere  stato  il  killer)  voleva  uccidere  il  vicepresidente  del  Consiglio  Regionale  e  aveva  manifestato  la  sua  contrarietà.

Il  pentito  l'ha  ribadito,  ieri,  in  collegamento  in  videoconferenza  con  l'aula  bunker  di  viale  Calabria  dalla  località  segreta  dove  si  trova  sottoposto  al  programma  di  protezione.  L'ha  fatto  nel  corso  dell'interrogatorio,  svolto  nelle  forme  dell'incidente  probatorio,  davanti  al  gip  Roberto  Lucisano,  nell'udienza  fissata  su  richiesta  dei  magistrati  della  Dda  Francesco  Scuderi,  Marco  Colamonici  e  Mario  Andrigo.

L'esame  di  Novella  segue  di  due  settimane  quello  di  Bruno  Piccolo,  l'altro  pentito  dell'inchiesta  sull'omicidio  dell'esponente  regionale  della  Margherita.  Anche  se  non  ha  la  stessa  capacità  espressiva  del  primo  collaboratore,  Novella  è  stato,  comunque,  preciso,  puntuale,  efficace  nell'esposizione  dei  fatti.  Sull'omicidio  ha  nuovamente  accusato  Ritorto  di  avergli  svelato  il  suo  proposito  di  ammazzare  Fortugno  perché  la  vittima  era  in  possesso  delle  registrazioni  di  richieste  estorsive  e  minacciava  di  consegnare  le  cassette  alla  magistratura.

Il  pentito  ha  ripetuto  di  non  averci  creduto  e  di  aver  pensato  a  una  motivazione  "politica".  Novella  ha  aggiunto  di  aver  ricevuto  l'invito,  sempre  da  Ritorto,  a  votare  per  Domenico  Crea  a  alle  Regionali  e  di  averlo,  però,  disatteso. 

Per  quasi  sei  ore  (c'è  stata  solo  una  breve  interruzione)  il  collaboratore  ha  risposto  alle  domande  dei  magistrati.  Ha  ripercorso  le  tappe  della  sua  carriera  criminale  che  l'ha  visto  fin  da  ragazzo  muoversi  nell'orbita  della  cosca  Cordì,  una  delle  più  potenti  organizzazioni  di  'ndrangheta  della  Locride.  Ha  parlato  del  suo  pentimento  sostenendo  di  aver  deciso  di  collaborare  con  i  magistrati  perché  non  voleva  più  tenersi  dentro  il  peso  dei  gravi  fatti  di  cui  era  a  conoscenza.

L'esame  ha  toccato  vari  argomenti,  come  le  armi  in  possesso  del  suo  gruppo,  una  serie  di  reati,  compresa  la  rapina  alla  Carime  di  Locri  (ha  parlato  anche  del  coinvolgimento  di  elementi  della  malavita  di  Reggio),  prima  di  approdare  al  delitto  Fortugno.  E  proprio  quando  l'interrogatorio  ha  affrontato  l'argomento  più  importante  si  è  registrato  un  "colpo  di  teatro":  i  magistrati  della  Dda  hanno  fatto  sentire  al  collaboratore  di  giustizia  le  registrazioni  di  alcune  sue  conversazioni  con  altri  indagati. 

All'operazione  si  è  opposto  l'avvocato  Eugenio  Minniti,  difensore  di  Domenico  Audino  ma  il  gip  Lucisano  ha  ammesso  l'ascolto  delle  registrazioni  quali  "documenti"  anche  se  sonori  e,  quindi,  "visionabili"  dal  testimone.  Una  delle  conversazioni  vedeva  protagonisti  Novella  e  Audino  con  il  primo,  secondo  l'accusa,  a  commentare  le  modalità  dell'omicidio  Fortugno  con  la  frase  "Mancu  i  cani  signuri"  e  l'altro  ad  affermare  "C.  come  u  sparau".  Il  pentito  ha  riconosciuto  la  propria  voce  e  ha  ribadito  che  il  suo  interlocutore  era  stato  Audino.

E  sempre  su  Domenico  Audino  il  pentito  ha  rivelato  in  aula  i  particolari  del  ferimento  del  coimputato  (particolari,  peraltro,  contenuti  in  un  verbale  d'interrogatorio  reso  ai  magistrati  della  Dda  reggina  e  dei  loro  colleghi  catanzaresi)  avvenuto,  a  suo  dire,  in  epoca  precedente  al  delitto  Fortugno,  a  Fabrizia,  in  provincia  di  Catanzaro,  e  non  a  Bianco  come  era  stato,  invece,  denunciato  dalla  vittima.  Audino,  secondo  Novella,  sarebbe  stato  protagonista  di  un  tentativo  di  omicidio  nel  Catanzarese  e  il  suo  ferimento  doveva  essere  considerato  la  conseguenza  di  questo  episodio.

Il  pentito  ha  ammesso  di  aver  cercato  di  aiutare  Audino  a  depistare  gli  investigatori  ,  sparando  personalmente  sul  lungomare  di  Bianco  alcuni  colpi  di  pistola  contro  l'auto  del  ferito.  La  perizia,  però,  all'epoca  aveva  rilevato  che  non  c'era  compatibilità  tra  i  fori  sulla  carrozzeria  e  le  ferite  di  Audino. 

Novella  ha  parlato  anche  di  un  recente  colloquio  con  la  propria  madre  nel  corso  del  quale  ha  tranquillizzato  la  donna  dicendole  che  non  esistevano  altre  sue  dichiarazioni  e  altri  nomi. 

L'udienza  è  stata  aggiornata  per  il  controesame  che  vedrà  impegnati  gli  avvocati  Antonio  Managò,  Eugenio  Minniti,  Giovanni  Taddei,  Menotti  Ferrari,  Rosario  Scarfò,  Mario  Mazza,  Giuseppe  Mollica,  Giacomo  Iaria,  Annunziato  Alati,  Basilio  Pitasi,  Maria  Carmela  Guarino.

Intanto  Maria  Grazia  Laganà,  vedova  di  Franco  Fortugno  e  parlamentare  della  Margherita,  ha  chiesto  nuovamente  di  accertare  se  negli  uffici  giudiziari  di  Locri  esistano  procedimenti  sull'ospedale  originati  dalle  denunce  del  marito  Franco  Fortugno.  L'on.  Maria  Grazia  Laganà  ricorda  che  le  denunce  sono  state  presentate  da  qualche  anno  e  ha  chiesto  di  sapere  se  siano  state  svolte  indagini  approfondite,  se  ci  siano  state  richieste  di  archiviazione,  se  sia  stata  contestata  l'aggravante  dell'articolo  7  prevista  quando  i  reati  vengono  commessi  per  favorire  organizzazioni  mafiose.

«La  ricerca  della  verità    conclude  l'on.  Maria  Grazia  Laganà    sull'omicidio  politico-mafioso  di  mio  marito  non  deve  trovare  alcun  ostacolo  e  deve  svilupparsi  in  ogni  direzione  e  a  ogni  livello».  Da  tempo  l'onorevole  Laganà  batte  questo  tasto  che  evidentemente  considera  importante  per  l'accertamento  della  verità.

Maria  Grazia  Laganàvuole  che  si  indaghia  fondo  sulle  denuncepresentate  dal  maritosull'Asl  9  di  Locri  Novella:  «Ho  deciso  di  collaborare  perchénon  potevo  teneredentro  il  peso  di  fattidi  cui  sapevo  tutto» 






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