19.10.2006 Gazzetta del Sud
L'assassinio del direttore del carcere cosentino sarebbe stato ordinato dal padrino Franco Perna
Individuato il mandante dell'agguato a Sergio Cosmai
COSENZA L'irriducibile boss Franco Perna sarebbe l'occulto mandante di un delitto "eccellente". Perna è rimasto nascosto per vent'anni dietro i silenzi della 'ndrangheta. Oggi interpreterebbe il personaggio quasi dimenticato di una tragedia italiana, sfuggito alla giustizia ed entrato di diritto nella storia della violenta criminalità organizzata calabrese.
Le indagini sull'"ispiratore" dell'agguato mortale teso al direttore del carcere di Cosenza, Sergio Cosmai, sono state formalmente riaperte dal procuratore aggiunto antimafia di Catanzaro, Mario Spagnuolo. E si basano sulle confessioni rese nel corso di processi pubblici (celebrati nella città dei bruzi) dagli esecutori materiali dell'omicidio. A Cosmai è stato intitolato, nei mesi scorsi, il carcere cittadino con una cerimonia alla quale ha presenziato l'allora presidente del Senato, Marcello Pera. La vedova del funzionario di Stato, Tiziana Palazzo, in un'intervista rilasciata in quell'occasione alla "Gazzetta", aveva espresso tutto il suo disappunto per la mancata individuazione del mandante del delitto. Non poteva sapere che la Procura antimafia stava già lavorando su questo nuovo versante investigativo. Un versante destinato riesplorato con determinazione dai carabinieri del Ros. A loro il capo della magistratura inquirente del capoluogo di regione, Mariano Lombardi, aveva affidato il compito di riannodare i fili sciolti di questa terribile vicenda.
Sergio Cosmai venne ucciso la mattina del 12 marzo 1985 sul viale che oggi porta il suo nome. Era appena uscito dal carcere che dirigeva e stava andando a prendere la figlioletta a scuola. Viaggiava senza scorta, nonostante le ripetute minacce ricevute. Un commando, composto da Stefano e Giuseppe Bartolomeo, Dario e Nicola Notargiacomo, lo crivellò di pallottole. Il funzionario statale, prontamente soccorso, venne condotto, nel tentativo di strapparlo alla morte, in una clinica specialistica pugliese. Tutto inutile: Cosmai spirò dopo poche ore. Lo spostamento del ferito trasferì tuttavia la competenza a giudicare i criminali che l'avevano ucciso dai magistrati di Cosenza a quelli di Trani. Le forze dell'ordine, che individuarono dopo breve tempo gli autori del delitto, mandarono tutti gli atti alla magistratura pugliese. Il processo istruito contro i fratelli Bartolomeo e Notargiacomo fu di natura meramente indiziaria. Pur tuttavia, la Corte di assise di Trani condannò, in primo grado, gli imputati all'ergastolo. In appello, il verdetto venne ribaltato dall'Assise di Bari: la "banda dei quattro" incassò un'assoluzione per insufficienza di prove. Stefano e Giuseppe Bartolomeo, tornati in città, ripresero a delinquere creando una cosca dedita alle estorsioni. La loro sorte però era segnata. I due fratelli scomparvero nel '90 per "lupara bianca". I germani Notargiacomo, invece, temendo di fare la stessa tragica fine, decisero di collaborare con la giustizia. Ai magistrati della Dda di Catanzaro confessarono di aver ammazzato Cosmai facendo pure strani riferimenti al loro successivo proscioglimento. Quando vuotarono il sacco, però, la sentenza di assoluzione era già passata in giudicato e così non fu possibile celebrare un nuovo processo. L'omicidio del direttore del carcere è perciò rimasto un crimine impunito. Fino a ieri. Per la Dda fu infatti Franco Perna a ordinare il delitto per punire Cosmai, reo di aver riportato l'ordine nel penitenziario bruzio. All'uccisione del direttore sarebbe collegato pure l'assassinio di un maresciallo della polizia penitenziaria, Filippo Salsone, avvenuto a Brancaleone nel 1986. Un crimine di cui ha parlato l'ex boss cosentino Franco Pino.
(a.b.)