12.07.2007 – Il Secolo XIX
L’INCHIESTA
Liguria, quegli appalti sospetti
Allarme della Dia: «Presenze attive di mafia e ‘ndrangheta infiltrate nelle opere pubbliche»
Una delle società sequestrate dalla Procura lavora peri Comuni di Celle, Cogoleto, Albisola e per Comunità montane
di Ferruccio Sansa

 

GENOVA. Quindici persone arrestate  dalla Dda (Direzione distrettuale antimafia) di Reggio Calabria con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione e turbativa d’asta. Altre 43 indagate a piede libero. Più di 50milioni di euro finiti alle cosche. Ma, soprattutto, cinque società sequestrate: Edilmoviter, Costruzioni generali srl e Facerp, riconducibili a Salvatore Domenico Tassone, ma anche Cofor srl e Icem srl, riconducibili entrambe ai fratelli Giovanni e Antonino Guarnaccia (uno dei quali sarebbe stato individuato proprio in Liguria).

La notizia è passata quasi inosservata fuori dalla Calabria. Roba di ’ndrangheta, si dice, i soliti appalti per i lavori eterni della Salerno Reggio Calabria.

E invece no, questa storia soltanto apparentemente lontana rischia di spalancare una finestra su un fenomeno molto preoccupante: già, perché almeno una delle società sequestrate dalla magistratura.
La Cofor di Reggio Calabria era molto attiva in Liguria dove aveva ottenuto diversi appalti pubblici, soprattutto a Celle Ligure, Cogoleto e Albisola.Molti Comuni e Comunità montane in Liguria

Hanno affidato i lavori alla Cofor per un importo complessivo di oltre cinquemilioni di euro. Tanto che la Società ha deciso di aprire un ufficio a Cogoleto per seguire da vicino i lavori.

Certo, la Cofor potrebbe uscire perfettamente pulita da questa indagine.

Ma l’allarme degli investigatori sulla presenza della criminalità organizzata nella nostra regione è stato lanciato a chiarissime lettere nel rapporto della Direzione investigativa antimafia consegnato al ministro dell’Interno.

 

IL DOSSIER DELLA DIA

del dossier ecco il passaggio chiave: «Presenze mafiose attive, attuale oggetto di accertamenti infoinvestigativi sono state riscontrate in Piemonte, Liguria, Lombardia, Triveneto, Toscana e Lazio, ove, oltre ai classici coinvolgimenti nel traffico di stupefacenti,non mancano attività dirette a intraprendere il controllo occulto di diversificate realtà imprenditoriali, esprimendo collaudate reti di contatti tra esponenti delmondo produttivo e soggetti contigui ad ambienti mafiosi». scrivono gli investigatori.
Ma non basta. Più avanti si sottolinea il rischio che la criminalità organizzata possa «inquinare gli appalti pubblici» e si indicano i campi di azione preferiti:
«Gestire l’immigrazione clandestina e l’intermediazione di mano d'opera, anche extracomunitaria, destinata all’impiego nel settore cantieristico, edile e metalmeccanico».
E Christian Abbondanza della Casa della Legalità lancia l’allarme: «Ormai gli appalti sono inquinati anche nel Nord Italia». Anche Angela Napoli (An), componente della Commissione Antimafia della Camera, non usa mezzi termini: «La criminalità organizzata si è ramificata ovunque. Le grandi imprese si sono rassegnate a mettere inconto una “quota” da riservare a Cosa Nostra. Magari sotto forma di subappalti».

LA COFOR SBARCA IN LIGURIA
La Cofor punta sul Nord Italia. Basta guardare la mappa con le località dove ha partecipato a gare di appalto per rendersene conto: il grosso delle attività si concentra intorno a Firenze e in Liguria, tra Genova e Savona. E alla fine Cofor ha conquistato appalti molto ambiti soprattutto a Cogoleto, Celle Ligure e Albisola. Non solo. Gli agenti della Dia stanno studiando se vi possa essere un legame tra l’impresa calabrese e un’importante società ligure già coinvolta in un’indagine della Procura di Milano. Nei cantieri di quest’ultima impresa sarebbe stato notato materiale della Cofor. Niente di illegale, ma il rapporto potrebbe rivelare intrecci dagli sviluppi imprevedibili.
«A Cogoleto racconta il sindaco Attilio Zanetti la Cofor si è occupata di compiere importanti lavori di protezione del porticciolo e di rinascimento dell’arenile. Un appalto da oltre 3milioni di euro affidato dal Comune che ha scelto la Cofor tra decine di concorrenti». Aggiunge Zanetti: «Anche la Comunità montana dell’Argentea di Arenano ha affidato alla Cofor un appalto per la messa in sicurezza di un rio».
Ma è lo stesso Zanetti a raccontare: «Sapevamo che la Cofor aveva avuto problemi emersi da indagini sulla criminalità organizzata». Allora? «Abbiamo chiesto che ci fossero forniti i documenti,ma essendo tutto formalmente in regola abbiamo dovuto affidare l’appalto alla società vincitrice».
Già, la Cofor continua a vincere gare presso gli enti pubblici nonostante abbia attraversato qualche problema giudiziario. Nelle visure camerali a pagina 27 si legge un’annotazione: «Procedure concorsuali, decreto Tribunale di Reggio Calabria, sequestro quote societarie. Data dell’atto: 24 novembre 1998». Il provvedimento, si legge ancora, viene in seguito revocato.
Non basta. Come ricorda Marco Lillo sull’Espresso nel novembre 2005: il prefetto di Reggio Calabria dispone «lo stop alla certificazione antimafia »perché«le società Icem dei fratelli Giovanni e Antonio Guarnaccia e la Cofor , intestata a persone a loro vicine, potrebbero essere infiltrate dalla criminalità». Ma i Guarnaccia presentano ricorso al Tar.
Insomma, tutti ne parlano, ma Cofor continua a vincere appalti. Ricorda Pietro Corona, consigliere comunale della Margherita ad Albisola: «Da noi la società sequestrata ha ottenuto un appalto per la sistemazione di un’area a Luceto. Così ho presentato un’interrogazione e abbiamo chiesto alla Prefettura. Ma alla fine abbiamo dovuto dare via libera all’appalto».

IL CASO DI CELLE
Ma l’attenzione della Dia si concentra soprattutto su un appalto che la Cofor ha ottenuto dal comune di Celle,quello per la realizzazione di un pennello, cioè di un molo frangiflutti. Sono molte le circostanze che gli investigatori vogliono chiarire.
L’impresa cominciò i lavori alla fine di aprile 2003. Per salvare le praterie di posidonia gli interventi dovevano essere effettuati via mare. Ma prima dell’inizio dell’attività ecco arrivare una variante: i lavori si faranno via terra. E in tre giorni, come sostiene un documento presentato alla Dia e testimonia anche un rapporto della Capitaneria di Porto, vengono versati in mare decine di camion di terra. «Servivano per realizzare una rampa del cantiere», sostengono in Comune. Ma qualcuno non è convinto: «Quella terra fu gettata in acqua durante una mareggiata e andò perduta. Una circostanza singolare». Adesso gli investigatori stanno cercando di capire che cosa sia davvero finito in acqua. Secondo il capitolato di appalto, l’impresa doveva utilizzare pietre di grosse dimensioni perché non fossero spazzate via dalle onde. E poi si sarebbero dovuti versare in mare diecimila metri cubi di sabbia. L’equivalente di un palazzo di dieci piani. È andata davvero così?
Non si tratta di un dettaglio, visto che il materiale è stato pagato 124.708 euro dal Comune. Non solo.
Secondo gli investigatori, le varianti in corso d’opera avrebbero comportato un aumento dei costi per173.284 euro, parzialmente compensato da minori lavori.
Ma non basta. L’Arpal compie analisi dell’acqua nel tratto antistante il pennello ed emergono livelli di cromo
superiori di tre volte rispetto ai limiti previsti. «Nessun allarme, è normale per quella zona», assicura il Comume. Ma resta il dubbio su cosa sia finito in fondo al mare.
Il responsabile dei lavori del Comune di Celle allora era Franco Zunino, oggi assessore all’Ambiente della Regione (Rifondazione). Lo stesso Zunino ha preso parte alla commissione che ha aggiudicato l’appalto alla Cofor: «La società aveva presentato i documenti richiesti, compresa la certificazione antimafia», assicura Zunino. Ma come era stata scelta?«In base al criterio della media tra le offerte di ribasso.
In gara c’erano 12 imprese e ha vinto Cofor con il 10 per cento». Possibile che nessuno sapesse dei guai giudiziari dell’impresa che risalivano agli anni Novanta? «Non ne sapevamo nulla».
 
LA DIFESA DELLA COFOR
Il Secolo XIX ha cercato di contattare i responsabili della società sequestrata. Dalla Cofor arriva un solo commento: «Dimostreremo la nostra estraneità alla vicenda. Siamo una società sana e gli appalti in tutta Italia lo dimostrano».






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