27.04.2007 – Unità UliwoodParty
Bufalopoli (Quelli che le intercettazioni...)
di Marco Travaglio

Ricordate i minimizzatori di Calciopoli, quelli che «non è successo niente», «non ci sono prove», «solo chiacchiere al telefono»? Ora si scopre una dozzina di arbitri telecomandati via cavo da Moggi, che forniva schede estere criptate per parlare in libertà. Ma sul “Foglio”, che sosteneva la normalità del sistema Moggi e dava la colpa a Rossi e Borrelli, si parla d'altro.

Anche Ostellino, che sul “Corriere” definiva il processo alla Juventus «un mostro giuridico», un «processo staliniano», è piuttosto distratto.

Ricordate i pompieri di Vallettopoli, quelli che «non c'è reato», «le inchieste di Potenza sono bolle di sapone», «Woodcock cerca solo le prime pagine», «il problema sono le intercettazioni»? Bene. Ora si legge che Fabrizio Corona sta collaborando con la giustizia, facendo i nomi di decine di vip che hanno pagato per non veder pubblicate le loro foto compromettenti. E non solo i giudici di Potenza, ma anche quelli di Roma, Torino e Milano emettono mandati di cattura.

Ma chi un mese fa delirava a reti ed edicole unificate, da Vespa a Mentana ai tre quarti dei commentatori della carta stampata, ora si volta dall'altra parte. Nessuno chiede scusa, nessuno fa pubblica ammenda delle fesserie dette e scritte. Ma, se fosse soltanto un problema di giornali e tv, passi. Verba volant.

Il fatto è che, sulla base di quegli slogan bugiardi, si son presentati disegni di legge, varate riforme, consacrate verità parlamentari. Il ddl Mastella , oltre a imbavagliare la stampa su tutti gli atti d'indagine, anche quelli non segreti, limita i centri d'ascolto delle Procure (da 163 a 26) e minaccia i magistrati che «intercettano troppo» di risponderne di tasca propria davanti alla Corte dei Conti. L'han votato tutti i partiti, dall'estrema destra all'estrema sinistra. Sapevano quel che votavano? È lecito dubitarne.

In vista del voto del Senato, farebbero bene a leggersi il “Corriere” di domenica, che riporta i dati del ministero della Giustizia sulle intercettazioni nelle 165 Procure italiane. La spesa totale è 250 milioni all'anno, 4 euro e 30 centesimi per ciascun cittadino: visto che gran parte degli ascolti serve a individuare narcotrafficanti, mafiosi e assassini, ogni persona di buonsenso è ben felice di devolvere il costo di quattro caffè all'anno per vivere più sicura.

Cos'è questa storia delle «troppe intercettazioni», in un paese con tre regioni e mezza in mano alla criminalità organizzata? Si dirà: ma «certe procure» intercettano troppo. Per esempio quella di Potenza, come autorevolmente dice a ogni inaugurazione dell'anno giudiziario il procuratore generale Vincenzo Tufano. Ecco, dai dati del ministero emerge che sono balle: la Procura di Potenza è solo trentesima in classifica.

Preceduta da quelle di Busto Arsizio, Latina, Nuoro, Trento, Monza, Varese, città non proprio infestate dalla 'ndrangheta (sempre più presente, invece, in Basilicata). Nelle prime dieci comunque ci sono Palermo, Reggio Calabria, Napoli, Catania e Caltanissetta: le capitali della mafia, della camorra e della 'ndrangheta, a riprova del fatto che i bersagli primari sono le mafie, non il povero principe di Savoia, i poveri politici e i poveri ricattatori di vip. E allora di che abbiamo parlato per tutti questi mesi, quando il pm Woodcock e il gip Iannuzzi venivano additati come i primatisti mondiali dell'intercettazione facile?

Ultima bufala. L'11 luglio 2006 il ministro dell'Interno Amato, parlando delle inchieste di Woodcock, denuncia in Parlamento un fatto gravissimo: «Sono esterrefatto, mi dicono che esistono contratti tra giornalisti e chi fornisce notizie e collegamenti fra Procure e giornalisti, per cui, al momento in cui un atto viene comunicato agli indagati, viene fornita ai giornalisti la password per entrare». Ora, dagli atti dell'inchiesta del pm De Magistris, emerge che tutti i magistrati lucani ascoltati in merito alla “password” han risposto con una grassa risata.

Anche perché non c'è password che consenta l'accesso ai computer della Procura. Pare che quella leggenda metropolitana sul conto di Woodcock sia stata raccontata da Tufano al prefetto di Potenza, che la segnalò al ministro Amato, che senz'alcun controllo la rilanciò in Parlamento. A nove mesi di distanza, Amato potrebbe forse scusarsi, ed eventualmente consigliare al collega Mastella di occuparsi di questo Tufano. Visto che gli ispettori ministeriali sono sempre a Potenza per occuparsi di Woodcock, potrebbero dare un'occhiata, già che ci sono, al procuratore generale. Pare che sia un tipo interessante.






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