l'Unità, 14 maggio 2006

Fiction su Falcone. Il censore cretino

di Nando Dalla Chiesa

La prevalenza del cretino. Ovvero la fiction su Giovanni Falcone censurata dalla Rai. Per ragioni, testuale, «di par condicio». «La prevalenza del cretino» fu, molti anni fa, il titolo di un fortunato libro di Fruttero e Lucentini.
I due autori volevano simpaticamente denunciare come la nostra vita quotidiana sia dominata o condizionata nei suoi snodi decisivi dalla presenza di un cretino. Uno qualsiasi. Uno a caso. Non cattivo e nemmeno temporaneamente in malafede. Ma semplicemente, tecnicamente, un cretino. Teorizzarono anche come per il cretino, per molteplici ragioni, le porte della carriera siano normalmente più aperte che per gli altri. Non so se Giovanni Falcone abbia mai avuto modo di conoscere Fruttero e Lucentini. Credo però che, su questa specifica teoria, registrasse con loro una profonda affinità elettiva. Richiesto di indicare quale giudice fosse il male minore per le sue fatiche istruttorie, se un giudice mafioso, un giudice corrotto o un giudice cretino, rispose infatti senza esitazione che l’importante era non trovarsi in aula un giudice cretino. «È la categoria peggiore», aggiunse sorridendo all’interlocutore.
Purtroppo Falcone trova giudici cretini anche da morto. E non solo nelle aule giudiziarie. Ma anche, come in questo caso, a Raiuno. Non sappiamo, non vogliamo sapere che nome e che sembianze abbia il cretino in questione. Se ci interessasse, gli faremmo la grazia immensa di traslocarlo in un’altra, comunque più nobile, categoria di persone. Il cretino è in effetti - per definizione quasi - anonimo. È privo di anima, non ce l’ha né buona né cattiva. E generalmente non è un singolo. È una filiera, una catena, una costellazione. Che recita in un infinito gioco di specchi.
Parte, ad esempio, con un tale che si chiede perché si debba mai fare una nuova fiction sulla mafia. E che si consulta con un suo simile, pronto ad aggiungere che quando è in vista dell’estate la gente vuole divertirsi, mica vuole pensare alle stragi di mafia. Il cretino uno e bino va poi al bar e incontra un suo clone (vestito diversamente, s’intende, mica abbiamo l’omologazione degli individui come nei regimi comunisti) e gli chiede se a suo avviso abbia senso mandare in onda una fiction su Falcone. Falcone chi?, chiede il clone più giovane sorseggiando l’aperitivo. Prontamente informato, tradisce perplessità anche lui. Ma perché il servizio pubblico dovrebbe dare spazio a queste vicende? per mostrare un’immagine eroica dei magistrati? Ma questo è condizionamento culturale, la gente ne ha le scatole piene dei magistrati, lo sapete quando dura un processo civile? Il clone cretino non lo sa quanto duri, ma la frase l’ha sentita dire e gli è piaciuta un sacco. Ma non vi suggerisce nulla, insiste, che Berlusconi attaccando i magistrati abbia quasi vinto le elezioni?
I suoi simili, riuniti a lui d’intorno, annuiscono gravemente. Così il clone conclude lieto per il collega più anziano che la Rai non può prestarsi a queste operazioni propagandistiche. L’anziano risale su in
ufficio, poi telefona al piano superiore. E da qui la faccia numero 16 o 17 o 18 del cretino, perché il cretino cambia faccia in continuazione, ne ha un campionario sterminato, lo conferma nella sua contrarietà: ma proprio in campagna elettorale bisogna farla questa benedetta fiction? L’obiezione rimbalza tra gli uffici e tra i piani. C’è un cretino siciliano che imprime infine il giusto tono drammatico alla conversazione. «Minchia», grida, «ma quali elezioni amministrative, le elezioni in Sicilia ci sono!» il Gran Cretino a questo punto, appena un sottoposto prende l’ascensore per riferirgli la gravità della coincidenza, si agita più di prima. Sbriciola per l’ansia il sigaro appeso tra le labbra e si mette in contatto con un parigrado della sua più grande categoria di appartenenza. L’indignazione per la coincidenza fa il paio con il panico per le possibili conseguenze politiche di un via libera alla fiction. Capita pure che nella discussione che avviene un po’ a tamburello tra gli uffici di Rai1 abbiano modo di intervenire anche alcune persone normali. Invano uno di loro, un giovane dirigente, obietta che il 23 maggio è l’anniversario della morte di Falcone. Questa, dice, è la vera coincidenza. Che ne poteva sapere Falcone, nel ’92, che quattordici anni dopo ci sarebbero state le elezioni in Sicilia il 28 di maggio? Fosse stato per lui, anzi, ne avrebbe fatto volentieri a meno di quel 23. E poi non fu forse ucciso addirittura durante le elezioni per il presidente della Repubblica? Altro che regionali siciliane.
La sua obiezione, naturalmente, infastidisce un po’ i superiori. Ma lo sai chi è candidato alla presidenza della Regione Sicilia?, lo rimbrotta in movimento il caleidoscopio delle facce del cretino. È Rita Borsellino, la figlia del giudice amico di Falcone, ucciso insieme a lui, lo so perché gli hanno dedicato l’aeroporto di Palermo a tutti e due. Non è la figlia, lo corregge un redattore è la moglie. Hanno stufato, queste vedove, commenta allora un capostruttura. No, è la sorella, precisa un redattore maliziosamente soprannominato dai colleghi «enciclopedia».
D’accordo, un familiare, conviene il dirigente. Resta il fatto che gli faremmo propaganda. E noi dobbiamo rispettare la par-condicio. Par-condicio, capite? Ossia una legge precisa. È a questo punto che un redattore normale, anzi dotato di qualche qualità satirica che usa a intermittenza non ci vede più ed esclama: «E allora mandiamo in onda una fiction anche su Totò Riina. Così siamo pari, no?». Non ride nessuno, però.
Nei corridoi, anzi, scende il gelo. Ma lo sai che contro la Borsellino c’è Cuffaro?, lo strapazzano. E allora?, chiede il redattore. Non è quello che ha messo ovunque il manifesto che «la mafia fa schifo»? che paura dovrebbe avere di Falcone? Il cretino collettivo tace un momento. Si sa, questo proprio in Raiuno lo sanno tutti perché c’è l’ordine tassativo di non parlarne, che questo tal Cuffaro ha dei guai con la giustizia. E proprio per mafia. Perciò replica a tambur battente: «E noi dovremmo, mentre Cuffaro si candida, mandare in onda una fiction che parla dei magistrati uccisi dalla mafia? Dovremmo creargli apposta questo incidente giusto a cinque giorni dal voto?».
Le tante facce del cretino televisivo sembrano ormai convinte da questo interrogativo tanto perentorio. Già, la par-condicio - una legge, ci mancherebbe, mica noi, mica Raiuno - richiede che quel Cuffaro non possa presentarsi ai suoi elettori con quell’odore acre di morte sullo sfondo.
Perché mettergli dietro uno scenario di violenza, quando, fosse per lui, si bacerebbe l’umanità intera?
Rimane solo, chissà perché, nell’aria un dubbio sottile; quasi un ingiusto senso di colpa, che ognuno dei presenti fatica a rimuovere. Ci vuole l’intervento di un cretino in fama di bontà per ridare a tutti la giusta tranquillità interiore: e poi perché, chiede infatti egli retoricamente, dovremmo rifare rivivere quei momenti tragici, riaprire quel dolore immenso alla Borsellino, proprio mentre ha bisogno della massima concentrazione in vista del traguardo finale della campagna elettorale?
Perché ferirla negli affetti mentre chiede il voto dei siciliani? Già, vero. Proprio vero. Sicché tutti si danno gioiosamente di gomito, di spalle e di ammiccamenti oculari.
Insomma, il cretino collettivo ora si compiace; di quel compiacimento, di quella voluttà, che solo il cretino sa esibire quando decide, coscienziosamente, delle cose da cretino. Alla fine decidono di sostituire Falcone con un film d’autore, «La sposa cinese». Auguri a lei. Speriamo solo che non metta al mondo dei cretini.






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