La pedofilia:
un approccio psicologico, sociologico e giuridico.
(G. Cifaldi, D. Bosco)

dal sito Criminologia.org


-1- La pedofilia, i termini del problema

La pedofilia, come molti altri fenomeni criminali, sta ricevendo solo recentemente un interesse nel nostro paese, dettato più da un crescente e spesso incontrollato allarme sociale, che da un razionale ed approfondito approccio scientifico. La situazione è precipitata durante lo scorso anno, durante il quale alcuni fatti di cronaca hanno trasformato l’allarme sociale in vera e propria isteria collettiva, compromettendo, come gia avvenuto nel nostro paese per episodi criminali di uguale risonanza pubblica, la reale comprensione del fenomeno, un suo oggettivo studio con relative misure preventive, punitive e curative, e soprattutto confondendo i termini di diverse, se pur simili, figure criminose/criminologiche: la pedofilia, l’abuso ai minori, gli omicidi a sfondo sessuale e le vittime.

-2- La pedofilia tra storia e cultura

Il problema pedofilia è dunque emerso solo negli ultimi anni, ma la domanda da porsi è: la pedofilia è un fenomeno nuovo? La risposta non può che essere negativa, la pedofilia, e cioè il contatto sessuale tra un adulto ed un prepubere, è un fenomeno antico. Le prime tracce si ritrovano infatti nella cultura dell’antica Grecia, da cui deriva etimologicamente anche la parola pedofilia, in cui il termine pederastia non aveva alcun significato negativo, indicando solo un genere amoroso (De Cataldo Neuburger 1999). In linea di massima nell’antica Grecia i ragazzi erano affidati agli educatori all’età di 12 anni, e la sfera sessuale faceva parte dell’educazione, tanto che il rapporto tra l’adulto e il giovane dai 12 anni in poi era ritenuto educativo, ed i rapporti infamanti erano solo quelli intrattenuti con giovani al di sotto di questa fascia d’età . Questa pratica si diffuse ben presto anche a Roma, ma in maniera diversa, nella capitale infatti i rapporti si svolgevano tra adulti e schiavi. Nell’antica Roma dunque, la pratica perde il suo valore educativo rientrando in una sfera prettamente sessuale di dominio; il romano non solo doveva dominare in battaglia, ma anche negli altri campi della sua vita, dunque dominare un maschio in campo sessuale era visto come la massima espressione della virilità di un uomo, oltre ad un aspetto di carattere sociale, in quanto tale attività era praticata anche per una pianificazione demografica. L’esperienza Greco-Romana non è l’unico esempio di pedofilia culturalmente e legalmente accertata, la storia e le culture dei popoli sono pieni di costumi sessuali per noi insoliti o inaccettabili; per esempio le tribù Hopi masturbano i loro piccoli per aiutarli nella conoscenza sessuale, mentre gli indiani Lepcha si uniscono sessualmente alle bambine della tribù tra gli otto e i dieci anni per farle raggiungere la maturazione sessuale che nella loro cultura deve avvenire in quegli anni. Da questi brevi cenni storici, emerge chiaramente che la pedofilia non è un fenomeno nuovo, ne un male dell’era moderna, e ciò perché i costumi sessuali sono storicamente instabili, variando da cultura a cultura, da luogo a luogo e di anno in anno. Ciò che in realtà è successo è che i Governi dei paesi maggiormente evoluti in un preciso momento storico, in genere dal 1300 in poi, hanno effettuato una precisa scelta politica, in parte dettata da motivi pratico-demografici, in parte da motivi etico-religiosi, vietando ogni tipo di rapporto sessuale che non mirava alla riproduzione, bollando così come perversi ed immorali le attività sessuali con soggetti prepuberi, e quindi non capaci di riprodursi, come la pedofilia, ma anche i rapporti con soggetti dello stesso sesso, ed i rapporti sessuali contro natura, facendo nascere quello che può essere definito come un tabù sociale. Secondo Gulotta(1999) oltre al tabù sociale esiste però anche un tabù istintuale, dovuto al fatto che il nostro comportamento sessuale è geneticamente diretto alla riproduzione della specie, ed i comportamenti come l’omicidio, l’omosessualità e la pedofilia hanno contro non solo il tabù sociale, ma anche quello genetico.

-3- Problemi definitori della pedofilia

I riscontri storici e sociologici che del fenomeno “pedofilia” esistono rendono impossibile classificare il problema come un “male moderno”. Chiarito questo primo aspetto, bisogna affrontare il non meno intricato problema definitorio dell’argomento. Sin dalla fine dell’ottocento vari “alienisti” iniziarono la pubblicazione di scritti relativi a quelle che venivano definite anomalie sessuali. In questo periodo, malgrado cominciassero a diffondersi le rivoluzionarie teorie psicoanalitiche, le anomalie continuavano ad essere considerate come conseguenza di una disorganizzazione o disfunzione endocrinologia (Lanotte 1999 op.cit.). In questo senso Kraft-Ebing(1880-1902), come altri sessuologi classici Moll (1912), attribuiva le perversioni sessuali ad una tara costituzionale di tipo degenerativo, considerandole delle sindromi psicopatologiche. Stumpfl(1965), tra gli autori che definiscono la pedofilia una vera perversione, la colloca tra le deviazioni sessuali di tipo qualitativo rispetto all’oggetto(Capri 1999). Freud(1905) afferma invece che ”Le tendenze perverse in campo sessuale rappresentano una comune disposizione primaria dell’istinto sessuale umano, e che da esso, attraverso modificazioni organiche ed inibizioni psicologiche che si stabiliscono durante lo sviluppo, prende forma il normale comportamento sessuale… Solo laddove si abbia esclusività e fissazione della soddisfazione sessuale agli atti perversi, si è giustificati a considerare il pervertimento come morboso.” Dunque la pedofilia è stata sin dall’inizio compresa tra le perversioni sessuali, o parafilie, dove, non senza critiche, ancor oggi si trova. Del concetto di perversioni sessuali e di pedofilia sono state date nel tempo varie definizioni. Secondo la classica visione psicoanalitica, la perversione sessuale si sviluppa a causa di una fissazione ad un determinato stato dello sviluppo del soggetto; nel caso della pedofilia il soggetto è fissato ad una fase precedente a quella genitale, tale fenomeno non solo gli preclude un normale rapporto con gli adulti o i coetanei per l’irrisolta paura di castrazione, ma sviluppa in lui anche una forte tendenza narcisistica, che si manifesta nell’identificazione nel bambino di se stesso nel periodo della propria infanzia, adottando lo stesso trattamento subito o il suo opposto (Fornari1999). Kraft-Ebing (1924) aveva evidenziato alcuni caratteri della perversione pedofilia:

§ Trattasi di persone biologicamente tarate

§ Attrazioni verso impuberi dell’altro sesso

§ Atti sessuali limitati a palpeggiamenti e masturbazione

§ I pedofili non sono eccitati dai comportamenti sessuali degli adulti

Giese (1962 in De Cataldo Neuburger 1999), da una definizione importante di pedofilia: “Il desiderio del pedofilo si aggira appena secondariamente intorno al sesso del partner, importando in primo luogo a lui l’età. La diagnosi di pedofilia si orienta dunque fin verso un limite di età entro il quale un bambino o fanciullo viene considerato sessualmente desiderabile, questa età si estende dalla prima infanzia sino alla pubertà. La ragazza che possiede un seno in fase di sviluppo, o un ragazzo a cui comincia a crescere la barba non rappresentano più uno stimolo adeguato. Non possono dunque essere stabilite relazioni durature visto che lo stimolo va scemando parallelamente alla progressiva maturazione fisica del soggetto vittima.”

Ancora interessanti appaiono gli studi di Glueck (1965) che elaborò due ipotesi di pedofilia: da un lato tale fenomeno sarebbe la conseguenza del blocco dello sviluppo psicosessuale dovuto ad un trauma precoce, dall’altro la soluzione dei conflitti sessuali senza l’aiuto della sublimazione e della fantasia per un insuccesso o una distorsione del meccanismo di formazione della coscienza dovuti ad una condizione psicopatologica più o meno intensa(Ibidem 1999 op.cit.). Arrivando ai nostri giorni, i criteri diagnostici utilizzati e generalmente accettati sono quelli riportati nel DSM della American Psychiatric Association. Anche all’interno di questo manuale il concetto di pedofilia è cambiato nel corso delle varie stesure, passando dalla categorie delle deviazioni sessuali gravi, accompagnate spesso al concetto di sociopatia, a quella di deviazione sessuale senza disturbi psicotici gravi, sino a inserirla ,nel DSM III, tra le parafilie(De Leo-Petruccelli 1999). Oggi nel DSM IV la pedofilia è compresa tra i disturbi sessuali e dell’identità e richiede tre criteri diagnostici:

Durata per un periodo di almeno sei mesi di fantasie, impulsi sessuali o comportamenti ricorrenti ed intensamente eccitanti sessualmente, che comprendono attività sessuale con uno o più bambini prepuberi.

Le fantasie, gli impulsi sessuali o i comportamenti causano disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa…

Il soggetto ha almeno 16 anni ed è almeno di 5 anni più grande del bambino coinvolto.

Il manuale inoltre comprende nel concetto di pedofilia sia il contatto con un prepubere dello stesso sesso dell’autore, sia quello con appartenenti all’altro sesso, sia quello con entrambi, considerando inoltre rilevante se l’attrazione sessuale è esclusiva verso i bambini o meno, e se essa è limitata a casi di incesto.

Attualmente questa è la definizione maggiormente accreditata di pedofilia, e tali sono i criteri diagnostici maggiormente utilizzati, malgrado la mancanza di un vero accordo definitivo sull’argomento. In primo luogo molti autori osservano come, ancora oggi, la pedofilia non è riconosciuta come disturbo a se stante, rientrando nel novero generico di parafilia, che può definirsi una delle categorie maggiormente criticate perché più che ad un effettivo schema clinico psicopatologico, sembrano rispondere ad una censura di tipo morale e sociale. Molti sono oggi gli orientamenti che tendono a superare lo schema rigido del termine pedofilia preferendo una generica definizione di abuso sessuale a danno di minori per tutti quei comportamenti che coinvolgono un rapporto sessuale tra un bambino ed un minore (De Leo-Petruccelli 1999); o ancora molti sono gli orientamenti socio-antropologici che definiscono la pedofilia un pervertimento sociale che varia nel tempo e nelle culture (Baldry 1997 op.cit. Ibidem 1999); o ancora quelli clinici che definiscono la pedofilia come una psicopatologia.

Ancora oggi, dunque, la comunità scientifica non ha trovato un accordo sul concetto di pedofilia, ne sulla decisione di comprendere o meno questo comportamento tra le parafilie, o invece tra le psicopatologie dandogli così una propria struttura diagnostica, o infine, come afferma Capri (1999), se evitare di ritenerla una malattia per se stessa, definendola, invece, come un insieme di tratti di personalità talvolta anomali e talvolta patologici, con aspetti immaturativi dell’Io; un disturbo che dunque nella sua diagnosi dovrebbe seguire il disturbo psichico prevalente, una pedofilia, cioè, più sintomo di un disturbo che malattia (Capri 1999 op.cit.).

-4- La personalità del pedofilo

Esaminati i termini definitori del problema, è opportuno affrontare un altro punto cruciale della questione, e cioè se sia possibile o meno tracciare una serie di tratti specifici della personalità del pedofilo. La prima cosa da sottolineare è che la pedofilia è una categoria estremamente eterogenea, nonostante questo una vasta schiera di studiosi si è occupata della classificazione del problema pedofilia, e della segnalazione dei tratti specifici della personalità e della relazione pedofila.

La prima possibile distinzione è, secondo Capri(1999), quella tra pedofili psicopatologici e non. In questo secondo gruppo vanno ricondotti i soggetti con tratti di immaturità psicosessuale, passività, impotenza ed inadeguatezza genitale, infantilismo, segni di compensazione delle carenze affettive. Nel gruppo definito psicopatologico lo stesso Autore comprende i soggetti affetti da qualunque malattia mentale. Secondo Nass possono essere distinti nell’ambito della pedofilia alcuni gruppi con diverse caratteristiche:

§ Sviluppo tardivo, inesperienza sessuale, comportamenti simili alla fase puberale.


§ Degenerazione della personalità dovuta alla senilità o a disturbi del sistema ormonale

§ Abbinamento dell’Eros pedagogico con la pulsione sessuale

§ Labilità della personalità endogena, che si è sviluppata nella sfera sessuale

§ La personalità già criminale ha deviato la criminalità in direzione dei desideri pulsionali.

Secondo Plaut (1960 in Capri 1999 op.cit.) i pedofili sono in genere degli immaturi, incerti nella scelta dell’oggetto d’amore ed incapaci di creare una relazione adeguata con l’oggetto. Anche Giese(1962), nei suoi studi, evidenziò tre posizioni base della pedofilia:

La prima è quella della vera pedofilia, che è caratterizzata da un agire e sentire bisessuale; mentre il pedofilo omosessuale appartiene in primo luogo ai pedofili per la struttura psicologica e psicopatologica, e secondariamente agli omosessuali.

La seconda riguarda il fatto che in particolari circostanze la sessualità si può scaricare nei confronti dei bambini o degli adolescenti in mancanza di un soggetto più adeguato.

La terza possibilità riguarda il caso degli adolescenti che riescono a mobilitare la sessualità degli adulti.

Secondo uno studio condotto da Wyss(1967 in Capri 1999 op.cit.) su 160 delinquenti sessuali pedofili, questi soggetti hanno carattere prevalentemente infantile, neurotici sessuali la cui pulsione sessuale perversa è stata decisa già in fase adolescenziale, ed inoltre affetti da forti tensioni pulsionali che li portano ad improvvisi sfoghi senza scelta. Secondo lo stesso Autore questi soggetti hanno fantasie sessuali normali ma falliscono nella concretizzazione di un rapporto con un partner sessuale maturo, venendo così soprafatti da un modo di agire pulsionale e pressante cercando una soluzione immediata alla tensione psicosessuale. Secondo studi recenti di Capri, Lanotte, Jaria (1993-1995) nonostante la difficoltà di fornire un quadro unitario della personalità del pedofilo, gli elementi comuni emersi come significativi sono stati:

Immaturità affettiva. Caratterizzata da scarsa efficienza e rapida esauribilità dei freni inibitori di fronte all’imminenza e all’urgenza degli impulsi sessuali, affettività più egocentrica che adattiva.

Identificazione deficitaria. Mancato riconoscimento delle proprie componenti sessuali, il processo di identificazione appare non sufficientemente adeguato e non armonico rispetto alla realtà.

Relazioni interpersonali inadeguate. La deficitaria identificazione fa si che il rapporto con l’altro si sviluppi in modo irregolare e superficiale.

Secondo Calleri e Frighi(1999), i pedofili non si limitano mai ad una singola vittima o ad una singola parafilia, cadono infatti comunemente in atti di esibizionismo, masturbazione, penetrazione digitale, più o meno seriali. Secondo gli stessi Autori altri fattori predisponenti sono: la violenza in famiglia; l’abuso di sostanze; gravi carenze interpersonali; mancanza del tabù dell’incesto. Inoltre non è raro osservare pedofili che minimizzano, sorvolano o negano la loro sessualità deviata, idealizzandola e costruendo una personale filosofia morale.(Ibidem 1999 op.cit.). Sovente, concludono i due Autori, si può osservare il timore di non esser all’altezza del partner sessuale adulto, con il conseguente indirizzarsi verso l’ambito infantile o prepubere come garanzia nei confronti di un eventuale fallimento della relazione sessuale. Il bambino, infatti, dovrebbe non essere in grado di accorgersi di questi fallimenti, ne di riconoscere “vergognosi arrangiamenti” nella pratica sessuale, garantendo anche un certo silenzio di fronte agli adulti.(Ibidem 1999 op.cit.). Secondo Bellusi(1999) bisognerebbe distinguere tra la pedofilia come parafilia e pedofilia come nevrosi ossessiva. Nel primo caso abbiamo una nevrosi del carattere, l’incidenza è dunque soprattutto sullo stile di vita, risulta una sessualità fissata patologicamente e senza possibilità di sviluppo ed elasticità, le dinamiche sono focalizzate sulla necessità di proteggersi dal sesso adulto. Nel secondo caso c’è invece una vera e propria nevrosi, sorta in fase edipica avanzata e caratterizzata da esigenze di reiterazione. Ove si tratti di parafilia la pedofilia è giustificata da una particolare fissazione erogena; ove si tratti di nevrosi ossessiva la pedofilia consiste in un comportamento giustificato dalla non controllabilità di manifestazioni coatte(Ibidem 1999op. cit.). Uno degli approcci più seguiti degli ultimi anni per spiegare la personalità del pedofilo è stata quella della trasmissione transgenerazionale del modello abusivo, cioè l’abusante sarebbe stato a sua volta vittima di abuso in età infantile. In uno studio Freund e coll.(1990 in De Leo-Petruccelli 1999) hanno esaminato le dichiarazioni di 344 maschi autori di abuso sessuale di vario genere, la ricerca ha confermato che la proporzione di pedofili che hanno affermato di essere stati abusati nell’infanzia da persone adulte è più ampia della proporzione di soggetti che non erano stati accusati di pedofilia. Secondo De Leo-Petruccelli(1999) il bisogno di mantenere intatta la figura dell’adulto abusante, che di solito è un personaggio vicino al bambino e dal quale il bambino dipende, spinge il bambino a giustificare i suoi comportamenti e a mantenere una idealizzazione dell’adulto grazie a potenti meccanismi di scissione che consentono di considerare l’adulto esterno come buono e di introiettarne la parte esterna negativa su se stessi. Anche Roccia-Foti (1994 in De Cataldo Neuburger 1999) attribuiscono alla pedofilia il significato di perversione in riferimento ad eventi e relazioni traumatiche vissute dal soggetto in età infantile. Il pedofilo, che ha sperimentato nella sua infanzia una sessualità traumatica, può sviluppare un comportamento perverso che si concretizza nel ricorso costante alla sessualità con i bambini piuttosto che con partner sessuali adulti. Secondo gli stessi Autori le modalità dell’abuso attuato sembrano ripetere gli aspetti della vittimizzazione da essi subita, la vittima di allora cerca, identificandosi con l’aggressore e agendo da carnefice, di vendicarsi per il dolore e l’impotenza subiti, diventa un modo per dominare la paura dell’aggressore esterno così interiorizzata, e per riprendere il controllo sulla propria vita(De Leo-Petruccelli 1999). Vizard e coll.(1995, in Van Hasselt V. 2000), affermano che nelle loro ricerche il numero di aggressori sessuali che hanno subito violenza in età infantile varia dal 30% al 70%, e Hanson-Slater(1988 Ibidem 2000) affermano che questa quota varia dallo 0% al 67%. In ogni caso, come ricorda Finkelhor(1984 Ibidem 2000), molte vittime di abuso nell’infanzia non diventano violentatori o pedofili in età adulta, concludendo che l’abuso sessuale durante l’infanzia, come altri tipi di abusi, diventa critico solo in presenza di una varietà di altri fattori: come l’età in cui l’abuso è stato subito, la durata dell’abuso, la relazione che il bambino aveva con l’abusante, l’invasività dell’abuso, il grado di violenza. Secondo Prentky(2000 in Van Hasselt) scarsa attenzione scientifica è stata data ad un aspetto importante che può essere collegato alla pedofilia, e cioè ai modelli familiari dei pedofili e al loro sviluppo infantile ed adolescenziale nella famiglia d’origine. Alexander(1992,1993 Ibidem 2000 op.cit.) ha proposto un’interessante uso della teoria dell’attaccamento per aiutare a capire gli antecedenti familiari e gli effetti a lungo termine sui soggetti accusati di aggressioni sessuali. In questo senso sono stati proposti una serie di modelli teorici di attaccamento patologico che caratterizzano varie tipologie di pedofili. Per esempio uno stile di attaccamento ansioso-ambivalente è caratterizzato da un desiderio di intimità ed attenzione che sfocia in uno stato di ansia eccessiva nelle relazioni adulte, quando quest’ansia diventa troppo pressante per sviluppare e sostenere relazioni con gli adulti, il soggetto sposta la sua attenzione verso i bambini per la ricerca di intimità emozionale e attenzione(Ibidem 2000 op.cit.). Secondo Prentky, Knight, Sims(1989 in Van Hasselt V. 2000) l’inconsistenza di un caregiver può essere un forte indicatore di un futuro soggetto psicologicamente e sessualmente instabile. Per gli Autori uno stabile e duraturo rapporto con il caregiver favorisce uno sviluppo sano ed equilibrato del ragazzo, a differenza delle situazioni di continuo cambio di questa figura, nelle quali il bambino sperimenta situazioni di abbandono multiplo con crescente ansietà nell’inizio di ogni nuovo rapporto che si proietta nella sua vita adulta durante i rapporti interpersonali(Ibidem 2000 op.cit.). Secondo uno studio di Kobayashi, Sales, Becker, Figueredo, Kaplan(1995 in Van Hasselt V. 2000) su 117 minori autori di violenza sessuale un buon attaccamento alla figura materna riduce di molto il livello di aggressione sessuale ed il suo grado di violenza. Il modello presentato da Prentky(2000 in Van Hasselt V.) per la classificazione delle caratteristiche del pedofilo è il CM3 sviluppato dal Massachusetts Treatment Center e largamente utilizzato negli Stati Uniti. Questo tipo di modello ha subito una serie di aggiornamenti sino ad oggi. Lo schema resta diviso in due Assi: uno riguarda il grado di fissazione del soggetto alla perversione(Low Fixation-High Fixation) accompagnato dalla competenza sociale del soggetto, cioè dalla sua posizione nella società e nell’ambiente in cui egli vive(Low Social Competence-High Social Competence).Questo primo asse si rifà alle teorie classiche sulla pedofilia, distinguendo, in linea di massima, il pedofilo-fissato, dal pedofilo-regredito, ed aggiungendo in più un’analisi sociologica. Il secondo asse, sviluppato solo in epoca recente, fa una distinzione che riguarda il tipo di contatto tra vittima ed aggressore, ed in particolare il modo in cui è stata impostata la relazione pedofila. In questo senso i gruppi vengono divisi in primo luogo a secondo del grado di contatto(High Amount of Contact-Low Amount of Contact), e secondariamente in vari sottogruppi, ai quali appartengono nel primo gruppo(Hight Contact) il tipo Interpersonale e quello Narcisistico, in base al tipo di significato che questi soggetti danno alla relazione pedofila; e nel secondo gruppo(Low Contact), i tipi: Situazionale; Sadico-Inibito; Aggressivo; Sadico, in base al tipo di aggressione che questi soggetti mettono in atto e al grado di violenza. Secondo questo modello ognuno dei sei sottotipi ha delle caratteristiche diverse:


Tipo Interpersonale

- Ricerca di un alto contatto con il bambino

- Tentativo di instaurare una relazione

- Atti sessuali non genitali

- L’autore conosce la vittima prima dell’aggressione

- L’autore ha spesso una relazione pedofila di lungo termine con la stessa vittima

- L’atto dimostra un alto grado di pianificazione


Tipo Narcisistico

- Ricerca di un alto contatto col bambino

- Il motivo principale è la gratificazione sessuale.

- L’interesse è autocentrato

- Atti sessuali di natura fallica

- La vittima è tipicamente sconosciuta

- L’autore ha generalmente un singolo contatto col la vittima

- L’azione tende ad essere spontanea e scarsamente pianificata


Tipo Situazionale

- Scarso contatto con il bambino

- Relativamente poche ferite sul corpo della vittima

- Non ci sono tracce che l’aggressione è eroticizzata

- Gli atti sessuali hanno natura fallica

- La vittima è tipicamente sconosciuta

- L’aggressione ha scarse tracce di pianificazione


Tipo Sadico-Inibito

- Scarso contatto con il bambino

- Poche ferite sul corpo della vittima

- L’aggressione è altamente eroticizzata e perversa

- La vittima è tipicamente sconosciuta

- L’azione riflette un moderato grado di pianificazione


Tipo Aggressivo

- Scarso contatto con il bambino

- Alto grado di ferite inferte alla vittima

- L’azione violenta non è erotizzata

- Gli atti sessuali tendono ad essere fallici

- Le vittime sono tipicamente straniere

- L’offesa ha scarso grado di pianificazione

- Tipo Sadico

- Scarso contatto con il bambino

- Alto grado di violenza sulla vittima

- L’azione è altamente eroticizzata

- L’autore prova piacere nel mettere la vittima in situazione di sottomissione e sofferenza

- La violenza appare accrescere il piacere sessuale

- Presenza di atti sessuali bizzarri o insoliti

- Le vittime sono tipicamente sconosciute

- L’azione mostra un alto grado di pianificazione

Un’altra classificazione largamente utilizzata negli Stati Uniti è quella proposta da Holmes(1996) che in larga parte riprende e sviluppa la teoria proposta da Burgess e coll.(1978). Secondo questo Autore bisognerebbe dividere i pedofili in due grandi gruppi : I pedofili situazionali, e i pedofili preferenziali. Ad ognuno di questi due gruppi fanno poi riferimento una serie di sottocategorie.

Il Pedofilo situazionale non ha una reale preferenza sessuale verso i bambini, ma è portato a rivolgersi al mondo infantile nel momento in cui degli eventi particolarmente stressanti intervengono nella sua vita. Questo tipo di soggetto è portato ad abusare non solo dei bambini, ma di ogni persona vulnerabile(Holmes 1996). All’interno di questa vasta tipologia, possono essere isolate alcune sottocategorie:

Il pedofilo in fase regressiva. Questo soggetto si rivolge ai bambini come oggetti della sua gratificazione sessuale solo in momenti temporanei della sua esistenza, come risultato di qualche evento che ha modificato la sua immagine ed ha minato la sua autostima. Questo tipo di pedofilo ha generalmente rapporti normali con le persone adulte, ed in apparenza non ha alcun problema nel relazionarsi col mondo dei coetanei, nemmeno sotto l’aspetto sessuale. Psicologicamente, sotto qualche fonte di grande stress, questo soggetto vede il bambino come uno pseudoadulto. Molto spesso questo tipo di pedofilo è sposato e vive con la sua famiglia, egli è quasi sempre attratto da ragazzini che non conosce, e le vittime sono quasi sempre scelte in modo opportunistico e tra gli appartenenti al sesso femminile. Questi soggetti risultano quasi sempre avere un lavoro, una famiglia e all’apparenza una vita assolutamente normale. Questi autori risultano avere spesso un problema con l’abuso di alcol, e un basso senso di autostima.

Il tipo moralmente indiscriminato. Per questi soggetti i bambini non sono altro che un’altra categoria di vittime, essi non rappresentano nulla in particolare se non, in alcuni casi, una vittima facile da raggiungere.

Il tipo sessualmente indiscriminato. Questi soggetti poco si differenziano dalla categoria precedente, se non per il fatto che i loro abusi sono tutti di natura sessuale, e in particolare, coinvolgono il lato più bizzarro della sessualità. In ogni caso anche per loro i bambini non rappresentano niente di più che una facile vittima in particolari situazioni.

Il tipo inadeguato. Questo soggetto soffre di qualche forma di disordine psichico, che gli rende impossibile scegliere adeguatamente tra il bene e il male. E’ difficile che questi soggetto feriscano i bambini, o compiano atti violenti sulle loro vittime, essi, più che altro, sperimentano azioni sessuali scarsamente invasive con soggetti più piccoli di loro, non sapendo distinguere, come detto, tra cosa è giusto e cosa no.

Il pedofilo preferenziale, è invece un soggetto che prova attrazione sessuale esclusivamente per i bambini, dunque essi preferiscono, nei loro rapporti sessuali, i bambini rispetto agli adulti o ai coetanei. All’interno di questa categorie possono essere isolati alcuni sottotipi:

Il pedofilo sadico. Questi soggetti hanno fatto un’inscindibile connessione tra violenza e gratificazione sessuale. I loro attacchi finiscono invariabilmente con la morte della vittima. Questo tipo di aggressore sceglie solitamente bambini sconosciuti, prelevandoli da luoghi che solitamente frequentano e dove lui stesso li ha più volte visti e seguiti. Egli inoltre non tenta mai di iniziare una relazione con la piccola vittima, preferendo avvicinarla con una scusa o attaccarla direttamente attraverso un blitz, prelevandola con la forza per portarla nel luogo prescelto in cui lo scenario perverso dovrà essere messo in atto. Questi soggetti non provano alcun “amore”verso i bambini, essi sono solo delle facili vittime su cui il soggetto può esercitare il proprio potere e il proprio bisogno di onnipotenza. Questi crimini sono premeditati, studiati e ritualizzati, e si avvicinano molto allo schema degli omicidi seriali.

Il tipo seduttivo. Questo soggetto interagisce con i bambini “cortegiandoli” con doni, attenzioni, affetto. Molto spesso questi pedofili conoscono bene le loro vittime anche prima di iniziare la relazione pedofila, che dura comunque molto tempo apparendo come reiterata nei confronti della stessa vittima.

Il tipo fissato. Questi soggetti desiderano affetto ed attenzione da parte dei bambini, essi risultano fissati ad uno stadio preciso dello sviluppo psicosessuale, e a differenza del tipo in fase regressiva, non hanno bisogno di alcun evento precipitante affinché la loro attenzione si rivolga al mondo infantile, infatti il loro interesse verso i bambini e la loro attrazione sessuale appare persistente e compulsiva. Questo tipo di pedofilo preferisce generalmente vittime di sesso maschile, egli non ha alcun rapporto, o scarsi rapporti, con i coetanei, è generalmente single ed è considerato immaturo ed infantile dagli adulti nel suo stile di vita. In accordo con Burg(1983 in Holmes 1986), l’Autore afferma che questi soggetti scelgono bambini come oggetti sessuali perché i bambini sono meno esigenti, più facilmente dominabili e provocano scarsa ansia nel soggetto. Il pedofilo di questo tipo raramente è violento con i bambini, a cui vuole bene e con cui cerca di instaurare una sorta di relazione stabile. Ciò sempre che in qualche modo la situazioni non precipiti.

Queste dunque le tipologie indicate da Holmes per quanto riguarda la pedofilia. Come si può notare esse hanno vari punti in comune con le altre classificazioni presentate, che in qualche modo ci possono aiutare a tracciare un profilo generico del pedofilo. In ogni caso, d’accordo con tutti gli autori citati, tracciare con assoluta certezza la personalità del pedofilo in tutte le sue sfumature resta una impresa utopica, e ciò per le differenze spesso enormi che esistono da caso a caso sia sotto l’aspetto psicologico che sotto quello motivazionale, etico e pratico. L’analisi migliore resta dunque quella da fare caso per caso.

-5- L’omicidio nella pedofilia, tra stereotipi e mistificazioni

L’argomento pedofilia è, come detto, nella visione pubblica del fenomeno, basato su stereotipi e luoghi comuni che hanno scarsa valenza scientifica . Dunque la pedofilia è un male sempre esistito nella società, ed il pedofilo è raramente un soggetto particolarmente anziano affetto da problemi di senilità. Altri due punti meritano di essere chiariti, in primo luogo quello statistico. In questo senso Bifano(2000 in L’Espresso Sett.2000) riportava una serie di statistiche dei vari enti nazionali che si occupano del fenomeno fornendo un quadro abbastanza serio del fenomeno: due bambini al giorno sono vittime di abusi sessuali; le violenze sui minori sono cresciute negli ultimi quattro anni del 90% passando dai 305 casi denunciati del 1996 ai 586 nel 1999; mille i processi svolti nel 1999 con vittime bambini, e per un terzo con vittime al di sotto dei tre anni; le stime parlano comunque di circa 21mila casi di pedofilia in un anno in Italia. Questi numeri ci danno un quadro drammatico del fenomeno, ciò malgrado non possono considerarsi esaustive e totalmente attendibili. In primo luogo quando si parla di statistiche relative a reati di natura sessuale, e più ancora se le vittime sono dei bambini, bisogna mettere in conto un numero oscuro molto alto. I casi non denunciati sono sicuramente tantissimi, ed il reato risulta in aumento negli ultimi quattro anni, non tanto per una effettiva crescita del fenomeno, quanto per una maggiore attenzione nel campo degli abusi ai minori,che ha spinto più persone a denunciare e più soggetti ad essere scoperti ed arrestati durante azioni di polizia mirate. Ma ancor di più queste statistiche non chiariscono due punti molto importanti: in primo luogo il 90% degli abusi sessuali a danno dei minori avviene in famiglia, e solo il 2% è messo in atto da soggetti che non conoscevano assolutamente la vittima. Questo primo dato sfata un altro rassicurante luogo comune per cui i pedofili sarebbero dei pazzi sconosciuti che rapiscono bambini per strada. Come in molti altri campi relativi alla violenza, il pericolo viene sempre da soggetti che vivono intorno a noi e che noi conosciamo, e ciò è sicuramente maggiormente vero nel campo delle violenze sessuali ai minori, in cui il caso del soggetto assolutamente estraneo che rapisce e violenta il bambino è un evento rarissimo. In secondo luogo, d’accordo con Capri(1999), queste statistiche non precisano se questi casi di abuso siano poi dei casi di pedofilia. La ricerca scientifica ha dunque elaborato in merito alla pedofilia dei criteri diagnostici precisi, dei quali le statistiche potrebbero non tenere conto, a questo punto è lecito chiedersi se in tutti i casi si possa parlare di pedofilia o ,come afferma Capri(1999), non sarebbe più giusto parlare di pedofilia solo nel 10% dei casi denunciati. Questa riflessione evidenzia un altro aspetto del fenomeno che richiede dei chiarimenti. Negli ultimi mesi del 2000 in Italia si è parlato di pedofilia soprattutto in riferimento ad alcuni fatti di cronaca nei quali si verificava l’omicidio di un minore in età prepubere(l’omicidio in provincia di Como di un bambino da parte di un soggetto appena diciottenne; l’omicidio in Liguria di una bambina da parte di un giovane intorno ai 20 anni tuttora latitante; l’omicidio in Puglia di una bambina che potrebbe essere opera , le indagini sono tuttora in corso, di un gruppo di ragazzi tra i 18 e i 25anni), la domanda da porsi è allora quanto l’elemento violento sia coinvolto in una relazione pedofila e se effettivamente in questi casi e in tutti quelli in cui c’è un omicidio di un bambino si possa o meno parlare di pedofilia. D’accordo con la maggior parte degli autori la pedofilia raramente coinvolge elementi di violenza estrema ed altrettanto raramente arriva all’omicidio della vittima. Afferma Capri(1999) che è indispensabile differenziare la pedofilia dall’aggressione sessuale violenta ad un minore, molto spesso, afferma l’Autore, i casi riportati dai mezzi d’informazione con omicidi efferati di minori con violenza sessuale quasi mai riguardano una reale relazione pedofila tra l’autore e la vittima, che è in questi casi un oggetto sessuale indifferenziato, cioè l’obbiettivo più facile per sfogare l’impellenza sessuale violenta dell’autore, raramente infatti la personalità realmente pedofila assume caratteristiche di violenza fisica(Capri 1999 op.cit.). Anche secondo Marchetti(1999), che sottolinea come in generale il binomio parafilia-condotta antisociale sia sbagliato, afferma che gli atti di violenza sessuale nei pedofili sono relativamente rari, e che nella maggior parte dei casi i contatti sessuali non sono connotati da elementi di violenza, anzi spesso il termine pedofilia viene usato impropriamente per connotare situazioni di incesto, o per connotare omicidi a sfondo sadico con vittime bambini, situazioni che poco o nulla hanno a che fare con la pedofilia(Ibidem 1999 op.cit.). Bellusi(1999) è ancora più preciso su questo punto affermando che ove il rapporto che viene ad instaurarsi tra l’adulto ed il bambino ha caratteristiche di violenza sessuale , non si può parlare di pedofilia, ma di un diverso quadro nosografico. La pedofilia presuppone una seduzione ai fini di piacere sessuale, ne resta dunque esclusa per definizione la violenza, colui che trova il suo piacere sessuale nel dolore provocato all’altro non è mai un pedofilo, chi uccide per il piacere di uccidere, chi trova il suo piacere nell’abuso e nel dominio non può essere definito un pedofilo, ne può essere fatto oggetto delle sanzioni previste per la pedofilia.(Ibidem 1999 op.cit). D’accordo con questi autori, e con molti altri, dobbiamo affermare che difficilmente la pedofilia ha dei connotati di violenza sadica, ed altrettanto difficilmente la condotta pedofila giunge all’omicidio della vittima, in molti casi in cui la vittima è un bambino difficilmente si può parlare di pedofilia, la classificazione di questi omicidi dovrebbe essere diversa, e guardare più attentamente alle sfumature che ogni singolo caso comporta. In quasi tutti i casi in cui un bambino viene ucciso a seguito di violenza sessuale o durante atti sessualmente sadici si deve parlare di omicidio a sfondo sessuale, e non di omicidio di un pedofilo, così come poco o nulla hanno a che fare i casi citati di Como ed Andria con la pedofilia. D’accordo con Malmquist(1999) i bambini in età prepubere vengono quasi sempre scelti come vittime perché considerati facili da adescare, più indifesi e più facilmente manipolabili, e non deve stupire che gli autori di questi efferati omicidi ai danni di bambini piccoli siano soggetti altrettanto giovani, dall’adolescenza ai 25 anni, e ciò perché un soggetto di 15 o di 18 anni, disturbato nella sua personalità e nella sua sessualità, probabilmente insicuro, con bassa autostima e con scarsi rapporti con il gruppo dei pari, difficilmente si rapporterà ad un coetaneo o ad una donna adulta per soddisfare la sua sessualità più o meno deviata, preferendo una vittima più semplice, manipolabile, dominabile e altamente passiva nell’approccio sessuale come solo un bambino può essere. I casi di cronaca citati avevano autori tra i 18 e i 25 anni, ma i giornali e la letteratura scientifica (Malmquist1999; Ewing1990; Holmes1994; Douglas1997; Hickey1997) sono pieni di esempi in cui un omicidio sadico viene compiuto da soggetti molto giovani a danno di bambini, ed in realtà in questi casi raramente si può parlare di pedofilia, di una attrazione compulsiva verso i bambini, di fantasie sessuali nella quali i bambini sono l’oggetto essendo invece nella maggior parte dei casi vittime di opportunità, gli unici soggetti, insieme in alcuni casi alle donne anziane, a cui un giovane soggetto disturbato riesce a rapportarsi. Ciò non esclude che in alcuni casi la pedofilia possa essere accompagnata dal piacere sadico sessuale e dunque dall’omicidio, ma in questi casi gli autori presentano delle caratteristiche differenti, che li avvicinano alla descrizione del pedofilo sadico fatta nella classificazione di Holmes o in quella del CM3 sopra riportate; dunque dei soggetti adulti, più vicini ai 30 che all’adolescenza, con una serie di recidive più o meno importati, con preferenza verso vittime sconosciute e soprattutto con uno spiccato elemento di serialità. E’ importante sottolineare che i casi in cui è possibile parlare di omicidio pedofilo a sfondo sadico restano comunque molto rari.

-6- La nuova pedofilia

Il fenomeno della pedofilia non solo è venuto recentemente alla ribalta per alcuni episodi estremi che, come detto, a volte niente hanno in comune con il concetto clinico di pedofilia, ma anche per la scoperta di un nuovo modo di diffusione del “pensiero pedofilo” e della esistenza di “paradisi sessuali”, raggiungibili mediante l’utilizzo di internet o grazie alla diffusione del turismo sessuale di massa. Internet, d’accordo con Della Marianna(1999), è una sorta di mondo on-line in cui, non solo è presente tutto ciò che troviamo off-line, ma anche tutto quello che off-line è vietato, nascosto, proibito. Sebbene sia sbagliato criticare un potentissimo strumento di diffusione della cultura quale internet ha dimostrato di essere, bisogna però prendere atto che esso è servito e serve tuttora, anche per diffondere delle idee e dei concetti che nel mondo reale sono praticamente banditi. I pedofili hanno scoperto, grazie ad internet, la possibilità di fare tutto ciò che altrimenti gli era precluso, dunque diffondere il loro ideale pedofilo presentandolo come una sorta di filosofia di vita e di amore per i bambini, scambiarsi materiale pornografico del quale sono oggetto minori, adescare direttamente gli stessi in rete, organizzarsi in vere e proprie associazioni criminali. Il computer è in questo senso un mezzo potentissimo, non tutti quelli che hanno dei desideri pedofili li mettono in atto, e ciò per paura della condanna penale, ma a volte molto di più per paura della condanna sociale, della stigmatizzazione da parte dei vicini, dei colleghi, dei parenti; internet si e dimostrato invece un mezzo utile anche in questo senso, il computer è un mezzo, e un mediatore dell’azione criminale(Strano 1999), esso non solo ha un grandissimo vantaggio che è quello del mantenimento dell’anonimato, della mancanza del contatto faccia a faccia che molti non sono in grado di sostenere, della possibilità di “disconnettersi” e di abbandonare il gioco nel momento in cui si fa troppo impegnativo e stressante, ma soprattutto il mezzo computer media, cioè dona l’idea di non fare ciò che in realtà si compie, fornendoci una delle più potenti tecniche di neutralizzazione che l’uomo moderno ha a disposizione. Questo meccanismo psicologico ha fornito il sorgere o il risorgere di molte attività bandite dal mondo reale, ed insieme alle altre è risorto anche il pensiero pedofilo, che non solo si limitava, grazie all’anonimato, alla orribile diffusione di materiale pornografico con oggetto minori a volte anche in situazioni sadiche o violente; o al tentativo di adescare direttamente in rete i minori tramite l’utilizzo delle chat manipolando con facilità i bambini senza doversi neanche mettere in gioco con un contatto diretto, ma iniziava anche un’ altrettanta pericolosa opera di proselitismo, in cui la pedofilia era presentata come una filosofia di vita, ed in cui il pedofilo era descritto come un soggetto che amava i bambini, e che desiderava condividere con loro questo amore immenso. D’accordo con Giordano(1999) non dobbiamo però pensare, favorendo un nostro meccanismo deresponsalizzante e demonizzando la rete, che la Rete abbia inventato la pedofilia, o favorisca la pedofilia, la rete ha solo permesso una nuova aggregazione del comportamento pedofilo, una nuova possibilità per questo comportamento di riuscire allo scoperto in un mondo, quello della Rete, in cui mancano e mancavano codici giuridici e morali, e che dunque favorisce il riemergere di fenomeni che esistono però da sempre in maniera nascosta nel mondo off-line. Dunque, afferma Giordano(1999), il rischio è quello di confondere la novità del mezzo di osservazione, Internet, con la novità del fenomeno, la pedofilia, che di nuovo ha solo il mezzo di aggregazione. Se da un lato Internet ha favorito l’aggregazione più di vecchi che di nuovi pedofili, dall’altro ha avuto anche un innegabile merito, cioè quello di mostrare al mondo intero che la pedofilia esisteva, che l’abuso e lo sfruttamento dei minori era un fenomeno reale e diffuso, e questo ha costretto le autorità competenti a prendere dei seri provvedimenti, che fino a quando la pedofilia era nascosta mancavano ,ciò perché la si credeva un evento raro se non fantastico. Sono state emanate così delle normative di concerto tra tutti i paesi occidentali per arginare e reprimere il fenomeno(vedi paragrafo 6), oltre alla conclusione di operazioni di polizia internazionale che hanno sgominato intere organizzazione criminali che operavano in questo campo già da tempo ma che internet ha avuto il merito di mettere allo scoperto. Internet non è l’unico nuovo mezzo grazie al quale la pedofilia viene praticata, essendosi diffusa un’altra nuova ed odiosa pratica che è quella del turismo sessuale di massa. D’accordo con Centinaro(1999) dire quando la prostituzione minorile è nata è impossibile, anche se il turismo sessuale di massa è invece facilmente collocabile alla fine degli anni 50. In questi anni, continua l’Autrice, la guerra in Vietnam favorì una pratica che era quella di confortare i soldati americani in licenza anche con la compagnia di giovani ragazze, questa abitudine portò alla creazione di veri e propri centri di prostituzione minorile che rimasero attivi anche dopo la guerra, e che anzi furono incrementati da nuovi capitali Europei e Giapponesi. La prostituzione minorile, in alcuni paesi, e divenuta una fonte di reddito insostituibile, secondo recenti stime(Centinaro1999) i bambini che si prostituiscono sono 800.000 in Thailandia, 2.000.000 in Brasile, 500.000 in Cine ed India, 300.000 in Russia, anche se stime accurate sono praticamente impossibili. Ma cosa è in realtà è successo? Alcuni dei paesi poveri stanno avendo in questi anni una sorta di rivoluzione industriale ed economica come quella di inizio secolo in Europa ed America, ciò ha portato ad un abbandono progressivo delle campagne, con un’immigrazione interna massiccia verso le città, assolutamente incapaci però di reggere un flusso del genere. Ciò ha comportato la nascita di enormi bacini suburbani di povertà, in cui si vive in maniera disumana, ed in cui si è pronti a tutto per raggiungere il “mito” occidentale in poco tempo, i sistemi relazionali classici di queste culture sono completamente alterati(Centinaro 1999) provocando una enorme frattura anomica . In questo schema di miseria e disperazione si sono inserite varie organizzazioni criminali, che hanno trasformato paesi, come Thailandia e Brasile, in veri “paradisi del sesso” per i ricchi occidentali, luoghi in cui tutto è possibile pagando, dove la più inconfessabile delle perversioni sessuali può essere messa in atto. Sono state così costituite vere e proprie agenzie di viaggi specializzate nel turismo sessuale, e sul luogo, le bambine ed i bambini sono stati rinchiusi nelle strutture specificamente preposte a questi fini, in una situazione molto simile alla schiavitù, mentre, le autorità locali, debitamente pagate, hanno chiuso entrambi gli occhi favorendo il proliferare di queste strutture di sfruttamento e schiavitù. I soggetti che usufruiscono di questi centri di sfruttamento sessuale sono ricchi signori occidentali che si trovano in questi paesi o per ragioni d’affari o portati da vere e proprie agenzie di viaggio specializzate; in quest’ultimo caso le agenzie sottopongono ai clienti dei veri e propri cataloghi in cui i soggetti possono scegliere i bambini e le prestazioni di loro gradimento e concordare il prezzo del viaggio all comprensive prima ancora di lasciare il paese d’origine. Tracciare un profilo psicologico di queste persone è arduo, certo è che, anche in questi casi, difficilmente troveremo soggetti affetti da vera pedofilia, essendo più facile riscontrare uomini e donne attirati dal gusto del rapporto proibito, “diverso” dal solito, o addirittura “normale e folcloristico”, come affermano alcuni turisti, anche giovani, che in quei paesi hanno trascorso dei periodi di vacanza. Le disastrose conseguenze che questo stato di schiavitù sessuale possa avere sui ragazzi sono facilmente immaginabili, basti dire che i paesi in cui questo tipo di attività è praticata e tollerata, devono fare i conti con generazioni decimate e distrutte dal turismo sessuale, con enormi problemi di dipendenza da sostanze stupefacenti, perché solo la droga e l’alcool possono permettere di sopportare le violenze a cui questi bambini sono sottoposti, e con una diffusione crescente di malattie gravissime come l’infezione da Epatite e l’HIV. I fruitori di questo commercio sono per lo più occidentali, ciò ha costretto la comunità occidentale a fare proprio il problema, emanando una serie di normative specifiche per combattere il fenomeno.

-7- Il quadro normativo

Sebbene la pedofilia non possa definirsi un fenomeno moderno, solo attualmente si è cercato di darvi una soluzione dal punto di vista giuridico-legislativo, a tal proposito l’Italia ha aderito ad una seria di accordi internazionali ed ha emanato nuove disposizioni legislative in materia. Il primo aspetto affrontato anche in campo giuridico è stato quello definitorio, il problema era di verificare se il concetto di pedofilia potesse rappresentare una figura giuridica autonoma all’interno della legislazione penale vigente, la risposta a questo quesito è stata negativa. Nella legislazione specifica emanata negli ultimi anni il termine pedofilia è del tutto assente, infatti in questi casi si è preferito parlare di abuso sessuale a danno dei minori e sfruttamento della prostituzione e della pornografia minorile.Questa scelta è dovuta da un lato al fatto che non esista ancora in campo clinico una definizione univocamente accettata di pedofilia, dunque il concetto più generale di abuso sessuale a danno dei minori permette una maggiore elasticità nel perseguire questo tipo di reati, dall’altro il concetto di pedofilia è generalmente classificato come una malattia o quantomeno come un disturbo della personalità, provocando in sede di giudizio notevoli difficoltà nella fase di accertamento della capacità di intendere e volere richiesta dal codice per l’imputabilità del presunto colpevole.

La nuova legge penale introdotta in Italia per la tutela dei minori in campo sessuale ha avuto un iter lungo e concertato con svariati accordi che i Paesi Occidentali hanno concluso per porre un freno ai dilaganti fenomeni dello sfruttamento della prostituzione minorile, del turismo sessuale e della diffusione della pornografia minorile anche attraverso internet. La legge con cui l’Italia si è adeguata alle varie convenzioni ratificate durante gli anni 90 è la legge 3 Agosto 1998 n.269 contro lo sfruttamento della prostituzione e la pornografia minorile. Questa legge, che è stata definita attenta e puntuale dall’ONU, mira a realizzare, come afferma Izzo (1998), cinque finalità :

§ Rinforzare la repressione penale con l’introduzione di nuove fattispecie delittuose in particolare l’art. 600 bis (prostituzione minorile); art 600 ter (pornografia minorile); art 600 quater (detenzione di materiale pornografico); art 600 qunquies (iniziative turistiche finalizzate allo sfruttamento della prostituzione minorile).Queste nuove fattispecie sono state inserite nella sezione dei delitti contro la libertà e la personalità individuale configurando lo sfruttamento sessuale minorile come una nuova forma di schiavitù.

§ Fornire all’autorità giudiziaria più efficaci strumenti processuali, infatti le alte pene edittali previste per i nuovi delitti determinano effetti processuali come l’obbligatorietà dell’arresto in flagranza e l’ammissibilità della applicazione della misura coercitiva della custodia in carcere e delle intercettazioni ,inoltre è reso più agevole il ricorso all’incidente probatorio quando bisogna escutere un minore di anni 16, ed è prevista per l’audizione dei testi minori l’utilizzo dell’audizione protetta.

§ Attribuzione alla polizia giudiziaria di nuovi mezzi di contrasto, in particolare ispirandosi al T.U. 309/1990 in materia di stupefacenti sono stati resi utilizzabili una serie di mezzi investigativi anche per la repressione della prostituzione e della pornografia minorile,come: l’acquisto simulato di materiale pornografico ;l’apertura di siti internet di copertura; l’autorizzazione ad infiltrare agenti nei viaggi organizzati per finalità di turismo sessuale.

§ Creazione di norme di contorno a tutela dei minori per prevenire danni fisici e psichici connessi ai reati patiti; in particolare l’art 8 della nuova legge, modificando l’art 734 bis c.p.,vieta la pubblicazione delle generalità e delle immagini dei minori vittime di reati a sfondo sessuale.

§ Attribuzione al Ministro degli Interni e alla Presidenza del Consiglio d’importanti compiti di coordinamento interno e internazionale per la repressione dello sfruttamento minorile.

Questa normativa deve essere inserita in un quadro più ampio sia a livello internazionale sia nazionale per essere compresa a fondo. Per quanto riguarda il diritto interno questa nuova legge rientra in una nuova politica criminale nel campo dei reati sessuali che ha portato dalla 1958 legge n° 75 20 Febbraio più nota come legge Merlin sino a quest’ultima del 1998 ad una ridefinizione di tutto il campo dei reati sessuali; nel 1996 è stata, infatti, emanata la legge n°66/1996 che ha completamente rimodellato il delitto di violenza sessuale e l’art. 609 c.p. che è stato del tutto rinnovato con una serie di previsioni specifiche in materia di violenze sessuali a danno dei minori.

In campo internazionale il problema più grande dei vari stati firmatari degli accordi hanno dovuto affrontare, è stato quello della perseguibilità dei reati sessuali commessi dai propri cittadini all’estero e in particolare la repressione del nuovo fenomeno del turismo sessuale.Il nodo centrale della questione riguarda uno dei principi cardine del diritto penale e cioè la sua territorialità ed anche la connivenza di alcuni Stati nei confronti della prostituzione minorile.Il problema è stato risolto da ciascuno Stato in maniera diversa partendo però da una nuova base comune identificata nella possibilità di perseguire il proprio cittadino per un reato sessuale anche se commesso all’estero introducendo così per questi delitti il principio di extraterritorialità. Nonostante questi sforzi le difficoltà nel punire un reato commesso all’estero restano elevate ed è apprezzabile è stata l’iniziativa della Svezia che nel 1994 ha distaccato un ufficiale di polizia presso la propria Ambasciata a Bangkok per seguire da vicino le azioni dei turisti sessuali e dei pedofili svedesi in Tailandia (Barzano 1999).

Questa dunque la situazione normativa interna ed internazionale, ma nonostante l’Italia abbia in questo campo una delle leggi migliori, certo il problema non può dirsi risolto. In campo giuridico le difficoltà strutturali restano le stesse, e al di là della legge scritta, la pratica resta difficile in questo come in tutti i campi del diritto penale, i problemi della custodia cautelare, della lentezza dei processi, della pericolosità sociale, accompagnati da una pedante e scarsamente critica applicazione dei testi normativi, spesso impedisce di fare praticamente quanto di buono la legge detta in teoria. Detto questo anche in campo clinico andrebbe fatto uno sforzo maggiore per affrontare il problema in maniera oggettiva, senza “lotte di classe”, per aiutare il legislatore nel suo difficile compito. La pedofilia, così come tutti i campi criminologici in cui il diritto, la psicologia, la sociologia e la medicina, dovrebbero unirsi per formulare dei rimedi validi, resta un problema in via di definizione, e ciò perché finchè i giuristi non saranno convinti a scendere sul piano della psicologia e della pratica umana, e gli psicologi e i medici a scendere su quello della pratica sociale, giuridica e politico-criminale, alcuni campi della scienza criminale rimarranno vaghi ed indefiniti, lasciando spazio a pericolose intrusioni populistiche che nulla hanno a che fare con la scienza, e che potrebbero minare quanto di buono, sul piano legislativo e clinico, una società civile come quella Italiana ha negli anni fatto.

BIBLIOGRAFIA

A.A.V.V. “DSM IV” Masson 1999.

A.A.V.V. “Sexual aggression” Taylor&Francis 1993.

Andreoli V.”Voglia di ammazzare” Rizzoli 1996.

Balier C. “Psicanalisi dei comportamenti sessuali violenti” Centro Scientifico Editore 1998 .

Callieri B., Frighi L., “La problematica attuale delle condotte pedofile” Edizioni Universitarie Romane 1999.

De Cataldo Neuburger L. “La pedofilia” Cedam 1999.

De Leo G., Petruccelli I. “L’abuso sessuale infantile e la pedofilia” Angeli, 1999.

Ewing C.P. “Kids who Kill” Avon Book 1990.

Ferracuti F., A.A.V.V. “Trattato di criminologia, medicina criminologica e psichiatria forense volume 8” Giuffrè 1988.

Hickey E. W. “ Serial murderers and their victims” Wadsworth Publishing 1997.

Holmes R. ,Holmes S. “Profilig violent crimes” Sage 1996.

Holmes R., Holmes S. “Murder in America” Sage 1994.

Izzo F. “Norme contro la pedofilia” Simone 1998.

Malmquist C. "Omicidio” Centro Scientifico Editore 1999.

Simon R., “I buoni lo sognano i cattivi lo fanno” Cortina 1996.

Strano M., Di Giannantonio M., De Risio S., “Manuale di criminologia clinica” Rossini 2000.

Van Hasselt V., Hersen M. “Handbook of Psychological Approaches with Violent Offenders” Plenum Press 1999.






Fondazione Caponnetto
Libera contro le mafie
Libera Terra
Narcomafie
Gruppo Abele
Addiopizzo
Riferimenti
Rete del Bottone
Fondazione Falcone
ANM
Emmedi
Movimento x la Giustizia
Cuntrastamu
Antimafiaduemila
Associazione Antiracket
Peppino Impastato
Democrazia e Legalità
Centro Impastato
Centomovimenti
 MicroMega
Giustizia e Libertà
Sconfiggiamo la mafia
No Tav
Coord. No Tav Genova
SocialPress
Piero Ricca
Marco Travaglio
Beppe Grillo
Daniele Luttazzi
Sabina Guzzanti
Dario Fo
Franca Rame
Michele Santoro
MegaChip
Arcoiris
Report
AnnoZero
BluNotte
Uomini Liberi - Savona
GilBotulino - Calabria