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11 aprile 2006
ARRESTATO BERNARDO PROVENZANO
I PIZZINI
Nelle foto - Repubblica.it - alcuni dei "pizzini" di Provenzano
un po di rassegna dal
web da repubblica.it
Come "il re in ascolto di Calvino" ancheProvenzano stava immobile
I messaggi sembrano il web: c'è un sistema locale e uno globale
La Rete di Provenzano
i pizzini come internet
di STEFANO BARTEZZAGHI
NO, NON sarebbe proprio dispiaciuta all'Italo Calvino di Un re in ascolto la storia di un capomafia, silenzioso e immobile in un casolare di campagna, un re del crimine nascosto fra ricotte e cicorie, che comanda tramite i "pizzini", piccoli biglietti in un italiano raggiunto dal dialetto.
Ciò che stupisce e sollecita le pigre ironie dei commentatori è, in realtà, un dato di fatto molto semplice: anzi è la semplicità stessa promossa a dato di fatto. È indubbia la complessità dell'amministrazione di un regno fatto di controllo del territorio; sua suddivisione in "mandamenti" assegnati a responsabili di cui controllare continuamente la fedeltà; individuazione degli affari possibili (appalti, traffici illeciti, percentuali da ottenere sulle attività produttive e commerciali); gestione degli investimenti; gestione amichevole o complice o ostile, dei rapporti con le altre forze presenti sul territorio; logistica necessaria per perpetuare il potere medesimo e la propria personale investitura.

Per come si è venuto a configurare nel nostro mondo il settore terziario questi compiti e funzioni fanno immaginare un grande palazzo labirintico, organizzato in una complessa rete di uffici, con grande spreco di riunioni, comunicazioni interne, mobilitazione di arrivismi, "professionalità" e mobbing. Per chi ama i fumetti di Bristow, il palazzo della ChesterPerry. Le persone che sono abituate a vedere, o a immaginare, il presidente o l'amministratore delegato della società per cui lavorano come un uomo di sfavillanti privilegi, e temibilità evidente, non possono proprio far collimare la loro idea di come deve essere il capo di Cosa Nostra con l'immagine di un uomo anziano e, a modo suo, pio, confinato nella casupola attigua a un ovile, che non esce mai dalla porta neppure per prendere una boccata d'aria, e passa il suo tempo chino sulla scrivania, a dattilografare.
I massmedia - dove "mass" sta per masseria - di Bernardo Provenzano erano un televisore, un paio di quotidiani al giorno, la Bibbia: e le due macchine da scrivere per i "pizzini". Se Internet è un sistema di scrittura collegato a una rete locale a sua volta collegata a una rete globale, però, Provenzano aveva Internet. Cosa altro occorre per comandare? Il re in ascolto di Calvino era immobile sul trono, da cui svolgeva tutte le sue funzioni pubbliche e private, persino corporali: il suo compito e la sua attività principale era l'ascolto. Provenzano riceveva nei "pizzini" quel che gli occorreva sapere e nelle "buste" quel che gli occorreva avere. Il suo strumento di scrittura era antiquato ma efficiente (e casomai è curioso pensare alla difficoltà di manutenzione e ricambio di macchine obsolete: cartucce e nastri non saranno più tanto facili da reperire). I server della sua rete di collegamento erano lenti ma precisi. La Bibbia gli serviva da archivio, e probabilmente anche da chiave per i codici con cui teneva criptati i nomi dei suoi interlocutori.

Ricevere informazioni, decidere, emanare ordini. Il sistema era rudimentale nel suo hardware, perché a noi viene spontaneo definire rudimentale un sistema costituito e fondato sulla pura affidabilità umana: la dedizione di una moglie, l'obbedienza senza riserve degli uomini di collegamento, e soprattutto l'affidabilità di Provenzano per sé medesimo. Del resto Cosa Nostra è, appunto, cosa loro. Le nostre strutture, al contrario, si ammantano di orpelli che sono loro inessenziali. Le nostre macchine sono fatte per aumentare la velocità, tutta l'idea della "concorrenza" si fonda su una mitologia agonistica per cui si aumenta la velocità non per arrivare prima, ma per arrivare prima degli altri. Con il risultato che più i collegamenti sono veloci più sono fragili: basti pensare ai ritardi nella mobilità delle persone e delle merci, e gli intoppi, i malfunzionamenti, i rischi di intercettazione e di controllo autoritario delle nostre reti telefoniche, televisive e telematiche. Cosa c'entra la velocità con l'essenza del lavoro, con la produzione di merci, servizi e idee? Il celebre paradosso, divenuto frusto luogo comune, va ribaltato: è il commercio a essere l'anima della pubblicità. Quelli di Provenzano erano commerci senza pubblicità, e di conseguenza senza anima. Chi doveva sapere, veniva a sapere. Il carisma era effuso come un dato ambientale: la forza della gerarchia non aveva bisogno di rappresentarsi, veniva respirata. La masseria a suo modo mediatica era così un luogo di lavoro essenziale, il pane e la cicoria di Provenzano erano - a differenza di quelli di Rutelli - un simbolo di potere reale. Il capo è un capo perché non deve dirlo, non gli occorre manifestare i segni esteriori del suo primato.

Ciò costituisce la dimostrazione finale dell'inumanità della mafia, poiché l'umano sta appunto nell'inessenziale, che è sempre antifunzionale rispetto alle finalità primarie della struttura: nel nostro mondo il dissenso è possibile, e non è punito con la morte; il godimento dei beni, la cura della propria immagine, del proprio benessere e delle proprie relazioni non mette a repentaglio la sicurezza della persona ma anzi le permette di non impazzire. Le imperfezioni del sistema, alla fine dei conti, lo fanno andare avanti.
Come il Re in ascolto di Italo Calvino, così anche la masseria di Provenzano - nella sua impressionante realtà - è un'allegoria: l'allegoria dell'inumanità del potere, quando ricerca e trova la sua perfezione. La povertà di quell'immagine sottintende la cieca ferocia di sottomissione di un territorio, degli uomini e anche di se stessi: ed è così il migliore degli spot possibili per la democrazia.
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