11 aprile 2006
ARRESTATO BERNARDO PROVENZANO

DAL SITO DEGLI AMICI DI ANTIMAFIADUEMILA - sito


Nella foto qui accanto - Repubblica.it -
Provenzano davanti alla Questura di Palermo.







Comunicato stampa

Dopo quarantadue anni finalmente lo hanno catturato. Questa mattina in una masseria nella campagna corleonese è stato arrestato dalle forze di polizia il superlatitante capo di Cosa Nostra Bernardo Provenzano.
Dalle prime informazioni giunte tramite agenzie sappiamo che Provenzano si trovava con il proprietario del casolare (anch’egli arrestato), indossava jeans e un pullover e non ha opposto alcuna resistenza. E’ stato sottoposto all’esame del Dna che ne ha confermato l’identità per altro già ammessa dal latitante. Dopodiché è stato trasferito in una località segreta che i pubblici ministeri stanno raggiungendo per svolgere probabilmente i primi interrogatori. Viva soddisfazione espressa da tutte le forze politiche, compreso il presidente della repubblica, Carlo Azeglio Ciampi che si è congratulato con gli uomini della polizia che hanno svolto le indagini sotto il coordinamento dei magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia. A dare conferma della notizia, i pm Marzia Sabella, Michele Prestipino e il procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone.
Una cattura resa ancora più eclatante dalla concomitanza del risultato elettorale.
Certamente un duro colpo per l’organizzazione, ma non quello definitivo. Infatti i due candidati alla guida di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro e Salvatore Lo Piccolo, oltre a vantare un curriculum mafioso di tutto rispetto, sono due elementi di alto livello che godono di alleanze importanti negli ambienti da sempre contigui a Cosa Nostra come la politica e l’imprenditoria.
Con la cattura di Provenzano si chiude un’era, ma si riapre anche la necessità mai sopita di dare risposte a domande che da anni si celano dietro la figura del capo dei capi di Cosa Nostra.
Innanzitutto, chi lo ha protetto per 42 anni? Chi sono stati i referenti che gli hanno consentito di traghettare Cosa Nostra dalla stagione delle stragi alla modernità? Chi sono i mandanti esterni delle stragi che si sono accordati con lui per uccidere Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e le altre vittime innocenti delle bombe del biennio ’92-’93?Solo se Provenzano si pentisse e svelasse i misteri che da anni imbavagliano il nostro Paese si potrebbe parlare della fine di Cosa Nostra e dei suoi alleati.
La redazione di ANTIMAFIADuemila

RASSEGNA DALLO SPECIALE DI ANTIMAFIADUEMILA

Nella masseria volantini elettorali di Cuffaro

PALERMO - Nella masseria dov'è stato arrestato il boss Bernardo Provenzano gli investigatori, in un barattolo di vetro con penne e altri fogli, hanno trovato dei

fac simile elettorali del candidato al Senato Totò Cuffaro, presidente della Regione, e della lista "Patto per la Sicilia", del sindaco di Corleone, Nicolò Nicolosi, candidato al Senato.

Il materiale propagandistico - che è stato ripreso da alcuni fotografi e troupe radiotelevisive - non è stato trovato all'interno del casolare dove dormiva Provenzano ma nel locale utilizzato da Giovanni Marino, il pastore proprietario del casolare arrestato con Provenzano, per la preparazione di formaggi e ricotta.

11/04/2006 - LA SICILIA

 

Letto, armadio e stufa: un covo spartano

CORLEONE (PALERMO) - Un letto, un armadio, un cucinino: essenziale senza fronzoli, senza accorgimenti tecnici particolari ma solo una stufa contro il freddo: è questo il covo del boss Bernardo Provenzano, dove il latitante ha vissuto negli ultimi tempi e dove oggi è stato arrestato. Gli investigatori stanno perquisendo accuratamente il casolare in località "Montagna dei cavalli". L'edificio è semidiroccato e intorno vi sono campi coltivati a ortaggi. A un centinaio di metri di distanza in linea d'aria sorgono diverse villette, ben rifinite, utilizzate per la villeggiatura estiva.

La casa rurale è adiacente a un ovile e a un capanno che funge da deposito di attrezzi e fienile. Accanto c'è un altro locale utilizzato dal pastore Giovanni Marino, arrestato con il padrino corleonese, per produrre formaggi e ricotte. Marino è solo omonimo di un nipote di Luciano Liggio, il boss corleonese che diede l'avvio dell' avanzata dei cosiddetti "viddani" dalla cittadina verso Palermo e che poi, con l'avvento di Totò Riina e Bernardo Provenzano, si è conclusa con l'egemonia dei corleonesi nell' organizzazione criminale Cosa nostra.

Nella casetta c'è un bagno con la doccia e un frigorifero. L'abitazione aveva l'allacciamento con l'Enel e così il boss poteva utilizzare la macchina da scrivere elettrica Brother per scrivere messaggi ai familiari e ad altri mafiosi. La casa, tra l'altro, non è circondata da muri, da reti di protezione o filo spinato ed è accessibile da tutti i lati: dalla strada attraverso un cancello o dai campi attorno.

Viveva quindi in modo spartano il padrino che riceveva i pacchi con l'abbigliamento e altri generi di necessità inviati dalla famiglia attraverso intermediari. All'interno del casolare gli investigatori hanno trovato diversi oggetti personali del boss, una macchina da scrivere e alcuni "pizzini": probabilmente corrispondenza tra il capo di Cosa nostra e i suoi affiliati. Provenzano aveva sistemato dei teli di plastica alle finestre per evitare che dall'esterno, durante le ore notturne, si notasse la luce accesa. Il casolare risultava infatti disabitato ed era frequentato dal proprietario, il pastore fermato dagli investigatori, solo durante il giorno.

Nella porta era stata inoltre realizzata une feritoia attraverso la quale il boss poteva controllare quando avveniva all'esterno. Al casolare si accede, dopo un cancello di ferro, percorrendo una stradella sterrata lunga circa 200 metri. I pm Michele Prestipino e Marzia Sabella, che hanno coordinato l'operazione, hanno detto che il covo di Provenzano era esattamente come l'avevano sempre immaginato.

11/04/2006 - LA SICILIA

 

Le lacrime dei poliziotti di Palermo

PALERMO - Quando l'hanno visto entrare gli agenti e i funzionari che l'avevano aspettato per ore nel cortile della Mobile di Palermo sono esplosi in un urlo di gioia. Bernardo Provenzano, curvo, provato, senza manette, circondato dagli uomini che l'hanno arrestato ancora col passamontagna sul volto, a fatica è riuscito a farsi largo e salire le scale.

La tensione di un momento che tutti, alla Mobile, definiscono "storico" si è sciolta in abbracci e lacrime. Il capomafia di Corleone non ha detto una parola. Stretto tra gli investigatori, l'espressione imperturbabile, si è diretto nei piani superiori dell'edificio. Grande la soddisfazione di Giuseppe Gualtieri, capo della Mobile. "E' una cosa che non dimenticheremo - ha detto -. Dietro c'è un grande lavoro dei ragazzi. Siamo contenti".

Gioia incontenibile pure per il capo della polizia Gianni De Gennaro: "Ci siamo tolti un grande peso". De Gennaro ha precisato però subito che è stato frutto "di un gioco di squadra", anche se poi "il gol l'ha segnato qualche giocatore della Polizia". "Nel gioco di squadra si sa - ha spiegato -, poi c'è chi si trova a segnare il gol, ma il sentimento di base è la soddisfazione di poter dire che abbiamo giocato una buona partita".

11/04/2006 - LA SICILIA

 

Da Ciampi alla Borsellino, l'Italia esulta

ROMA - Il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi ha manifestato al procuratore nazionale Antimafia, Pietro Grasso, il suo vivissimo apprezzamento per l'attività della magistratura che si è rivelata decisiva ai fini della cattura del boss mafioso Bernardo Provenzano.

"Con l'arresto di Bernardo Provenzano Cosa nostra perde il suo capo indiscusso e lo Stato ottiene una vittoria di decisiva importanza", dice il ministro

dell'Interno, Giuseppe Pisanu.

Il presidente del Senato, Marcello Pera, esprime a Pisanu, le sue "vivissime congratulazioni per l'arresto da parte della Polizia di Stato del boss mafioso latitante Bernardo Provenzano". Pera esprime le sue congratulazioni anche al Capo della PS, prefetto Gianni De Gennaro.

Il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini ha telefonato questa mattina al ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu per esprimergli le più vive congratulazioni per l'arresto di Bernardo Provenzano che assesta un colpo decisivo nella lotta alla mafia.

"Oggi è una bella giornata per la Sicilia. Finalmente questa terra si libera da una cappa che l'ha oppressa per quarant'anni". Lo afferma il presidente della Regione siciliana, Salvatore Cuffaro, commentando l'arresto del boss corleonese, Bernardo Provenzano. "Oggi - conclude - grazie all'impegno, alla dedizione e al grande lavoro delle forze dell'ordine, è stato inflitto un colpo durissimo alla mafia. Tutti noi siciliani dobbiamo impegnarci affinchè non ci sia mai più un altro Provenzano".

La cattura di del super boss significa che "almeno per un po' si è rotta la maglia dei custodi e dei protettori e si è allentata la protezione di cui godeva" e questo dovrebbe "un po' rasserenare e far sperare", afferma il card. Salvatore Pappalardo, aggiungendo di aver "sempre pensato" che Provenzano "stesse ben sistemato a Palermo, nascosto vicino casa".

"E' sicuramente un successo del Paese e della legalità". Cosi il presidente del Copaco, Enzo Bianco, commenta l'arresto di Bernardo Provenzano. Bianco si complimenta con le forze ordine e la procura di Palermo. "Ho già telefonato - aggiunge - al ministro Pisanu e al capo della Polizia, Gianni De Gennaro, che ha condotto la brillantissima operazione". E' un segnale, conclude, "di legalità per la Sicilia e per il Paese".

"Un arresto importante per il quale si è lavorato da anni e che dimostra che lo Stato riesce a vincere". Così il presidente della Commissione Antimafia, Roberto Centaro, commenta la cattura del boss latitante Bernardo Provenzano. Centaro sottolinea come però "la lotta alla mafia non si esaurisce con questa importante operazione di forze dell'ordine e magistratura". "La lotta a Cosa nostra - spiega - prosegue da oggi come prima e se possibile più di prima perchè l'arresto di Provenzano ha certamente un grosso impatto sotto il profilo mediatico e elimina un importantissimo boss dal territorio, ma la lotta mafia deve proseguire senza sosta perchè la criminalità organizzata non è ancora sconfitta". Il presidente dell' Antimafia si "congratula con le forze dell' ordine e la magistratura che - sottolinea -con pazienza certosina sono riusciti a compiere una splendida operazione: arrestare Provenzano".

"La notizia dell'arresto di Bernardo Provenzano è di straordinaria importanza", afferma Rita Borsellino, sorella di Paolo, il magistrato ucciso nel '92 in via D'Amelio e candidata dell'Unione alla presidenza della Regione siciliana. "Un successo - aggiunge - reso possibile dal lavoro di magistrati e forze dell'ordine che non sono mai venuti meno al loro impegno nonostante, in questi anni, si siano tolte risorse, uomini e mezzi a chi deve esercitare la giustizia e combattere la mafia". "L'arresto di Provenzano ha un grande valore - conclude Borsellino - perché è un colpo al vertice di Cosa nostra. Adesso occorre sostenere questo lavoro con scelte politiche di grande impatto e questo può e deve essere il nostro impegno a livello nazionale e regionale".

Giulio Andreotti, ai microfoni di La7, ha commentato così: "Hanno preso Provenzano? Meglio tardi che mai". Così la notizia della cattura del super boss mafioso. "In passato - ha aggiunto il senatore a vita - Provenzano era uno dei capi dell'organizzazione. Ora non so, forse ci sono nuove generazioni. In Sicilia il potere della mafia dura da secoli. Bisogna voltare pagina, ma uscirne del tutto forse è impossibile".

11/04/2006 - LA SICILIA   

[Dovrebbe essere una giornata di soddisfazione, dedicata alla memoria dei giudici uccisi da Cosa Nostra, e qualcuno nel sistema dell'informazione, in questo caso l'emittente La7, ha ancora la faccia di interpellare un mafioso (dichiarato tale da sentenza passata in giudicato e mai dichiaratosi colpevole o pentito) come Giulio Andreotti. - f.to La Casa della Legalità]

 

Turisti inglesi: "Ma perché non l'hanno preso prima?"

PALERMO - "Provenzano? Who is he...?". A chiederselo sono Ken Back e Simon Stork, due turisti inglesi di 50 e 44 anni, fermi davanti alla Questura di Palermo, dove si trova il boss Bernardo Provenzano. I due sono stati attratti dalla folla di curiosi, un centinaio in attesa dell'arrivo del boss, chiedendo alla gente cosa stesse accadendo.

"Hanno preso Provenzano", ha detto loro un giovane. "Who is he?", ma chi è? hanno replicato Back e Simon, che prima di assistere all'arrivo del boss si stavano recando in visita alla Cappella Palatina. I due inglesi hanno chiesto informazioni. "Non abbiamo mai sentito parlare in Inghilterra di questo Provenzano - hanno aggiunto -. Ora sappiamo che è un pericoloso mafioso e siamo contenti che la polizia lo abbia arrestato".

Ma quando hanno capito che il boss sfuggiva da 43 anni, hanno sorriso: "Ma come è possibile che una persona si nasconda per così tanto tempo. Perché non è stato catturato prima?".

11/04/2006 - LA SICILIA


Arrestato il boss Provenzano. Grasso: "Escludo collabori"

PALERMO - Il boss mafioso Bernardo Provenzano è stato arrestato dalla polizia di Stato. Maglione, jeans e scarponcini. Così era vestito il capomafia nel momento in cui la polizia l'ha fermato nelle campagne di Corleone. A effettuare materialmente l'arresto sono stati gli uomini dello Sco e della squadra mobile di Palermo che lo hanno sorpreso mentre si trovava da solo.

Subito dopo il blitz Bernardo Provenzano ha ammesso la propria identità agli agenti. Il capomafia non ha fatto alcuna resistenza all'arresto. Secondo gli inquirenti, Provenzano viveva nel casolare abbandonato in cui è stato bloccato.

I poliziotti che lo hanno accompagnato nella Questura di Palermo, con il volto ancora coperto per nascondere la loro identità, non sono riusciti a nascondere la loro soddisfazione, rispondendo con le braccia alzate in segno di vittoria alla folla che tributava un lungo applauso. Per il boss di Corleone, invece, il grido "bastardo, bastardo".

Provenzano, capelli bianchi, di bassa statura, con gli occhiali e un giubbotto blu con il bavero alzato, è stato quindi scortato all'interno della Questura. Il boss è stato fatto sedere negli uffici della squadra mobile di Palermo, davanti ai magistrati della Dda. Il capomafia è rimasto in silenzio a lungo e ha risposto solo alle domande che gli investigatori gli hanno posto per accertare le sue generalità. Nella stanza c'erano il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, il procuratore aggiunto di Palermo Giuseppe Pignatone e i pm che hanno coordinato la cattura, Marzia Sabella e Michele Prestipino.

"Escludo che Bernardo Provenzano possa collaborare con la giustizia", afferma Grasso. Secondo il procuratore, imprenditori, tecnici e politici hanno favorito la latitanza del super boss. I giornalisti gli chiedono se dopo la cattura di Provenzano ci sarà una guerra interna a Cosa nostra. "Sono siciliano, amo la

mia terra e farò di tutto per evitare qualcosa del genere".

Lo paragona a un capitano che è responsabile della sua nave e non l'abbandonerebbe mai. Per questo era disposto a vivere in quelle condizioni, nascosto
in un casolare. "Tutto ciò - spiega - può sembrare strano a chi non conosce a fondo Cosa nostra, ma il capo di una simile organizzazione si può sacrificare per una vita del genere per solidarietà nei confronti di chi è in carcere e di chi si trova sul territorio. Proprio come un capitano responsabile della propria nave".

E' apparso in buone condizioni di salute, Provenzano, anche se "ha delle cure mediche in corso". Grasso aggiunge che al boss è stata garantita "tutta
l'assistenza necessaria sotto il profilo medico" e descrive il boss come una "persona normale" che "sarebbe sfuggita a qualsiasi attenzione".

Grasso ricorda la grande emozione per il suo arresto. "E' stato come quando ti succede una cosa importantissima, come superare l'esame in magistratura. L'arresto di Bernardo Provenzano è frutto di un progetto specifico della Procura di Palermo, che ha avuto successo in varie tappe, con l'arresto di imprenditori,
l'arresto di talpe, l'indagine a Marsiglia, la recisione di collegamenti del boss con ambienti della provincia di Palermo, quasi per costringerlo ad un angolo e a rifugiarsi nei posti più sicuri, quelli vicini a Corleone".

Provenzano è stato portato via per essere trasferito in un carcere di massima sicurezza che non è stato reso noto. Il boss ha un paio d'occhiali con una montatura dorata. In una tasca dei jeans aveva numerosi "pizzini", i foglietti con cui negli oltre 40 anni di latitanza ha continuato a comunicare e a impartire ordini ai suoi fedelissimi. Secondo quanto riferisce la polizia, la cattura è avvenuta all'interno di un casolare tra il bosco della Ficuzza e Corleone, dove il padrino, scarno in viso e smagrito, trascorreva la propria latitanza godendo degli appoggi di alcuni luogotenenti e dei parenti più stretti.

Nel suo covo c'era una macchina per scrivere modello Brother Ax 410. L'individuazione del rifugio è stata possibile grazie a complesse attività di ricerca condotte da un pool di investigatori della polizia di Stato che, da anni, dava la caccia al capo indiscusso di Cosa nostra.

Una telefonata intercettata circa tre settimane fa ha portato alla cattura del boss. Nel colloquio una persona stava prendendo accordi per portare la biancheria pulita a Provenzano. Gli investigatori hanno inoltre monitorato una serie di pizzini scritti dalla moglie di Provenzano e a lui inviati per mezzo di una serie di staffettisti, che si alternavano fino a giungere a destinazione. In particolare, sono stati seguiti anche due pacchi che, dopo diverse tappe, sono giunti nella masseria situata nelle campagne di Corleone senza più riprendere il via.

Durante le indagini è stato scoperto che questi pacchi avevano come terminale la piccola masseria di Giovanni Marino, il pastore arrestato oggi che dava supporto logistico al boss latitante. Poco prima di essere arrestato, nel suo casolare con ovile insieme al boss, Marino, 42enne sposato con due figli, aveva appena terminato di fare la ricotta col siero di latte ovino. Nella sua Panda davanti alla casa rurale i poliziotti hanno trovato numerosi cestelli con la ricotta ancora
calda. Nell'abitazione attaccata all'ovile gli agenti hanno sequestrato un fucile calibro 12 e una cartuccera con diverse munizioni che erano stati regolarmente denunciati.

Il cerchio quindi si è stretto con la predisposizione di strumenti tecnici d'indagine, dicono gli investigatori, come telecamere che potevano inquadrare da lontano le scene attorno alla casa rurale, fino alle 11 di oggi quando è scattato il blitz che ha portato alla cattura del padrino corleonese.

Gli investigatori dello Sco monitoravano il boss da dieci giorni, ascoltandolo tramite intercettazioni ambientali. Nel covo in cui è stato arrestato, gli agenti avevano piazzato nei giorni scorsi delle microspie. La procura e la polizia sono entrati in azione dopo che hanno avuto la conferma che si trattava proprio di Provenzano.

11/04/2006 -LA SICILIA 


Grasso: la latitanza di Provenzano coperta da politici e imprenditori

Anche alcuni politici hanno favorito la latitanza di Bernardo Provengano: lo dice Piero Grasso procuratore nazionale antimafia nel corso della conferenza stampa che ha tenuto martedì 11 marzo al Viminale. Il giorno dell’arresto del super boss di Cosa nostra.

Durante l’incontro con i giornalisti il procuratore ha spiegato le dinamiche che hanno portato all’arresto di Provenzano: «Abbiamo ridotto il campo d'azione di Provenzano costringendolo a tornare nel suo ambiente nella provincia di Palermo».

Ed è proprio qui, in una masseria a pochi chilometri da Corleone che il capo di Cosa nostra è stato arrestato dopo una latitanza durata 43 anni. Jeans, giubbotto chiaro, sacchettino in mano con le medicine, occhiali da vista, molto meno stempiato dell'identikit virtuale, così è apparso il padrino di Cosa nostra all’arrivo presso la squadra mobile di Palermo dove il boss è stato scortato per essere interrogato da Piero Grasso. Ad attenderlo dietro le transenne i ragazzi del comitato "Addiopizzo" che lo hanno aspettato ore per accoglierlo al grido di: "bastardo".

Il Procuratore ha sottolineato più volte come il mito dell'invincibilità di Cosa nostra si sia interrotto e grazie agli apporti dei primi collaboratori di giustizia e delle indagini di questi anni si è riusciti a rompere i vincoli di solidarietà ed omertà».

Nel dedicare la cattura di Provenzano a Giovanni Falcone e a Paolo Borsellino Grasso ha ricordato come sia importante continuare ad indagare sul mondo della malavita e delle organizzazioni mafiose. Questo perché, nella masseria dove il boss si rifugiava, oltre a cibo e abiti di ricambio, sono stati trovati numerosi foglietti con cui Provenzano negli oltre 40 anni di latitanza ha continuato a comunicare e a impartire ordini ai suoi fedelissimi.

Catturato Provenzano, chi siederà dopo di lui sul gradino più alto della cupola mafiosa? Grasso è stato chiaro nel ribadire che è necessario fare di tutto per evitare ogni possibile guerra di mafia «è chiaro che, non appena il vertice viene decapitato, l'organizzazione mafiosa subisce un duro colpo».

Sul capo del padrino di Cosa nostra pendono molte condanne in contumacia tra cui l'ergastolo per le stragi in cui furono uccisi nel 1992 i due magistrati simbolo della lotta a Cosa Nostra, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ricorda Giuseppe Lumia, capogruppo Ds in Commissione Antimafia: «una giornata storica per la lotta alla mafia. Aver assicurato alla giustizia il capo di Cosa Nostra, il mandante e l'esecutore di tanti delitti è un risultato che ridà coraggio a tutti. È il coronamento di anni di lavoro e conferma la grande professionalità delle forze dell'ordine e della magistratura. Ora, secondo l'esponente diessino, bisogna continuare a lavorare per impedire che i nuovi capi possano prendere in mano il controllo di Cosa Nostra, potremmo provare a disarticolare il vertice della mafia siciliana».

Bernardo Provenzano, boss incontrastato della mafia, uomo senza volto, ricercato da mezzo secolo dai reparti speciali di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza e arrestato martedi 11 marzo può considerarsi un vero e proprio acrobata della clandestinità. Dal 17 settembre 1958, giorno in cui fu arrestato per l'ultima volta, non esistevano altre sue foto, ma solo descrizioni fornite dagli uomini d'onore poi diventati collaboratori di giustizia. Proprio nei mesi scorsi era stato presentato il nuovo identikit del boss mafioso, realizzato grazie all'aiuto di nuovi pentiti come Antonino Giuffrè, il suo ex braccio destro, finito in carcere tre anni fa, che ha parlato a lungo di Provenzano ai magistrati.È stato Giuffrè a descriverlo come un uomo «firrignu», cioè forte, «capace di dormire per più notti nel sacco a pelo». Non solo. Era stato proprio il nuovo pentito di mafia a chiarire ai magistrati la strategia numero uno del boss: «Non usa telefoni perchè sa che ogni segnale potrebbe svelare il suo nascondiglio». L'ultimo contatto tra le forze dell'ordine e Provenzano risale al 9 maggio del 1963, quando il boss venne convocato nella caserma dei carabinieri di Corleone per accertamenti: fu l'ultima volta che i militari videro il volto del boss dei boss.

Di lui si perdono definitivamente le tracce il 18 settembre del '63, quando i Carabinieri lo denunciarono per la strage in cui persero la vita Francesco Streva, Biagio Pomilla e Antonio Piraino. Inizia quel giorno la lunga, interminabile latitanza di Bernardo Provenzano , che dura sino ad oggi. A dire il vero, le forze dell'ordine, diverse volte, sono state vicinissime all'arresto della "primula rossa", ma come sempre, è riuscito a farla franca.Come quel 31 gennaio del 2001, quando la Polizia bloccò Benedetto Spera, il suo braccio destro di allora, in una masseria di Mezzojuso, nel palermitano. Provenzano era lì, a pochi passi, in attesa di essere visitato da un medico a causa delle sue cattive condizioni di salute. Ma riuscì a sfuggire, per l'ennesima volta. La carriera criminale di Bernardo Provenzano comincia negli anni Cinquanta, quando insieme con Salvatore Riina, altro boss finito in carcere nel '93, diventa il più fidato luogotenente di Luciano Liggio, allora capo incontrastato di "Cosa nostra" nel corleonese.

Di lui Liggio diceva «Spara come un Dio, ma ha il cervello di una gallina», una definizione che Provenzano smentirà con il passare degli anni. Il boss approda ai vertici di Cosa nostra all'inizio degli anni Ottanta, solo dopo avere fatto uccidere tutti i boss rivali. Sono state diverse le strategia usate dal capo di Cosa nostra per gestire gli affari della mafia. L'ultima, quella indicata dal collaboratore di giustizia Antonino Giuffrè, è quella della "moderazione" con l'infiltrazione costante nelle istituzioni, piuttosto che l'attacco frontale, come accadeva in passato.Sono tanti i pentiti a ripetere la stessa litania: «Binnu 'u tratturì tiene in mano tutti gli appalti e i rapporti con i politici». Ma i pentiti, malgrado le descrizioni fin troppo minuziose, non sono ancora riusciti ad indicare ai magistrati il posto in cui Bernardo Provenzano trascorrerebbe la sua latitanza. Nemmeno l'ultima pentita di Cosa nostra, Giusi Vitale, che ha raccontato ai magistrati di avere visto Provenzano vestito da vescovo, poco prima di un incontro con il Gotha mafioso. Quello che si sa è che ha subito due interventi di prostata e che, per questo, è costretto a rivolgersi a medici per visite specialistiche. Le indagini sulla cattura della Primula rossa continuano a parlare di un «boss malato» ma vivo, nonostante le parole pronunciate solo pochi giorni fa dal suo avvocato Salvatore Traina, che si era detto convinto che il boss fosse morto.

«La mia convinzione - aveva raccontato- è fondata su elementi solidi». Per il legale, insomma, non c'era nessuna prova che l'uomo operato alla prostata a Marsiglia nel 2003 fosse davvero Provenzano. E agli inquirenti, che «sostengono di avere anche il suo Dna», aveva mandato a dire: «Io penso invece che non abbiano proprio niente».Il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha espresso al ministro dell'Interno Beppe Pisanu le sue congratulazioni per l'arresto del boss. Ciampi ha esteso le sue congratulazioni anche al Capo della Polizia, Gianni De Gennaro. Congratulazioni anche da parte di numerosi politici. «L'arresto di Bernardo Provenzano è una grande vittoria delle Istituzioni e un importante risultato per il Paese», ha dichiarato Livia Turco, responsabile dei Ds per il Welfare. «Le mie congratulazioni vanno alla Polizia di Stato e alla magistratura per il lavoro tenace e silenzioso». «Mi congratulo con le forze dell'ordine. Non si può che essere lieti per il fatto che il più pericoloso esponente della mafia sia stato arrestato», ha detto il segretario dei Ds, Piero Fassino.
UNITA'  - 11 APRILE 2006 







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