02.12.2006 – Gazzetta del Sud


Reggio - Come gli altri politici prima di lui, il governatore ha parlato da persona informata dei fatti

Loiero tre ore davanti alla Dda ascoltato sul delitto Fortugno

Al termine ha dichiarato: «Non posso parlare di atti coperti dal segreto istruttorio»

di Paolo Toscano


REGGIO CALABRIA - Agazio Loiero, ieri, è rimasto per tre ore al sesto piano del Cedir, nella sede della Procura. Con l'audizione del governatore si è chiuso il capitolo dei politici sentiti come persone informate sui fatti nell'ambito dell'inchiesta sull'omicidio del vicepresidente del Consiglio regionale Franco Fortugno. Lasciando l'ufficio del procuratore Antonino Catanese, il presidente della Giunta regionale non ha fatto commenti sull'interrogatorio. Se l'è cavata con un laconico: «Gli atti sono coperti dal segreto istruttorio. Non posso dire nulla». Stessa risposta ha dato a una domanda sull'inchiesta di Catanzaro che, come si è appreso giovedì, lo vede nell'incomoda veste di indagato. Subito dopo, accompagnato dal portavoce Pantaleone Sergi, dal segretario, l'autista e la scorta, Loiero si è diretto verso l'auto che doveva riportarlo nel capoluogo. In questo frangente è squillato il suo telefonino. Era Bassolino. Una breve conversazione ha preceduto il saluto affettuoso tra amici di vecchia data. Il governatore della Campania ha voluto manifestare al suo omologo calabrese vicinanza in un momento per lui particolarmente difficile. Ai problemi politici legati alla crisi regionale, infatti, si sono aggiunti di recente anche quelli giudiziari con il coinvolgimento personale nell'inchiesta condotta dal pm De Magistris.

Ma ritorniamo all'impegno di ieri in riva allo Stretto. Loiero è stato sentito nel quadro dell'inchiesta sull'omicidio Fortugno, un fatto dalla portata devastante che ha segnato la vita e la storia regionale. Prima del governatore, nelle scorse settimane, il procuratore aggiunto Francesco Scuderi e dai sostituti Marco Colamonici e Mario Andrigo, i magistrati che proseguono l'inchiesta avviata dal loro collega Giuseppe Creazzo, avevano sentito altri tre politici: il deputato di An Angela Napoli, il presidente del Consiglio regionale Giuseppe Bova e l'assessore regionale alla Sanità Doris Lo Moro. Tutti avevano spiegato il senso di loro dichiarazioni sull'omicidio del vicepresidente del Consiglio regionale in occasioni pubbliche. E lo stesso ha fatto Loiero chiamato chiarire il senso delle parole pronunciate in momenti di vita istituzionale e altre manifestazioni.

Sulla vicenda Fortugno il governatore si è sempre distinto con le sue dichiarazioni. Come nel giorno dei funerali dell'esponente regionale della Margherita quando aveva manifestato grande preoccupazione concludendo con la convinzione personale che in Calabria la 'ndrangheta avrebbe ucciso ancora: oppure all'indomani dell'arresto del presunto mandante del delitto, Alessandro Marcianò, caposala all'ospedale di Locri, amico e grande elettore di Domenico Crea.

Il governatore, in quella sede, quando era stato erroneamente ipotizzato il coinvolgimento di Crea nella vicenda giudiziaria (in realtà il consigliere regionale della Margherita non solo non è stato mai indagato ma non ha ricevuto nemmeno un avviso di garanzia) ne aveva chiesto pubblicamente le dimissioni. Loiero, inoltre, ha più volte sottolineato come la Calabria fosse riuscita a rinviare al mittente il cupo messaggio dei clan.

Ieri mattina il governatore ha avuto modo di chiarire il senso delle sue dichiarazioni, delle denunce politiche e delle sue convinzioni sull'assassinio del vicepresidente del Consiglio regionale.

Loiero al Cedir è giunto poco dopo le 9. Per salire all'ultimo piano non ha preso l'ascensore. Ha preferito fare a piedi le tredici rampe per complessivi 140 gradini. Alle 9,50 il via alla sua lunga audizione. Qualcuno, come l'assessore Demetrio Naccari Carlizzi, forse confidando in tempi brevi, nella speranza di poterlo incontrare l'ha atteso per un'oretta prima di lasciare il piazzale interno al Cedir. Quando, a fine interrogatorio, il governatore è arrivato c'è stato l'inutile assalto dei cronisti e l'estemporaneo incoraggiamento di un operaio, pronto a urlare al suo passaggio: «Tranquillo presidente, sono tutte bufalate». Loiero ha sorriso. Qualche minuto prima delle 13 è risalito in auto e ha preso la via del ritorno a Catanzaro.






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