il manifesto – 11 agosto 2006

Una torre doc divide Savona

La costruzione, progettata da Fuksas, spacca la sinistra. Ma in regione il cemento cresce. Un edificio solo un po' più basso di quello di Dubai, case vista mare firmate Bofill, e una cittadina che letteralmente raddoppia le sue abitazioni. Quando il cemento è targato centrosinistra
di
Sara Menafra

Di qua, subito dopo Savona, una torre come quella di Dubai, giusto un po' più bassa. Di là un insediamento residenziale che raddoppia la piccola cittadina di Finale ligure. In mezzo, ma anche oltre, progetti grandi e piccoli per costruire moli, case e negozi che in pochi anni raddoppieranno il cemento che occupa la costa. Siamo in Liguria, terra di vacanze brevi per milanesi ricchi, di fughe sospiranti nei paradisi delle Cinque terre, di grandi insediamenti industriali che si sciolgono come gelati sotto il solleone agostano. Sei anni fa la giunta regionale ha approvato un Piano territoriale della costa che prevedeva di raddoppiare i posti barca presenti sul litorale. E mese dopo mese il piano è lievitato, ha gemmato cantieri, ha sostituito industrie con ridenti villette una uguale all'altra. Di tanto in tanto qualche associazione ambientalista protesta, la sinistra radicale si arrabbia, ma poi, visto che i progetti li fa la giunta Burlando (Ds), visto che di illegale non c'è nulla perché a cambiare le leggi sono le amministrazioni locali, progetti e colate di cemento continuano ad aumentare.
Il caso più clamoroso riguarda il progetto per un nuovo porticciolo alla Margonara, tra Savona e Albissola. Un autore d'eccezione, l'architetto Massimo Fuksas, ha ideato per la piccola spiaggia dello scoglio della Madunnetta un «faro completamente illuminato» alto 120 metri e pensato sul modello della mega-torre in costruzione a Dubai. Una piattaforma sul mare circondata da settecento posti barca e dominata da una torre di quaranta appartamenti d'elite da 12mila euro al metro quadro. Intervistato al momento della presentazione, Fuksas si difendeva parlando di «un progetto d'elite accessibile anche alla media borghesia. Nella mia idea il tutto non costa più di 1.250 euro al metro quadro, il resto è il guadagno dei costruttori». Il costruttore del caso si chiama Giovanni Gambardella, negli anni '80 manager dell'Ilva e oggi presidente della industria produttrice di materiale fotografico Ferrania.
La torre di Fuksas sarebbe il terzo grattacielo in poche centinaia di metri di costa. Nella zona che un tempo era occupata dagli stabilimenti dell'Italsider sta crescendo una torre, e nei prossimi mesi spunterà una muraglia di abitazioni con vista sul mare. Tutto partorito dalla mente di Ricardo Bofill, altro architetto di fama. Torri della discordia, almeno a sinistra. Alla vigilia delle ultime elezioni comunali, la capogruppo di Rifondazione comunista ha abbandonato il partito per creare «A sinistra per Savona» quando il segretario, Franco Zunino, è diventato assessore regionale all'ambiente della giunta regionale Burlando e il partito ha deciso di appoggiare l'attuale sindaco Federico Berruti. Il gruppo, costruito insieme a Franco Astengo, politologo e testa pensante della sinistra critica savonese, ha raccolto il 5,5% dei consensi. Isolati ma combattivi hanno soprannominato la nuova esplosione edilizia di Savona «il ritorno a Teardo», «dal nome del presidente della regione arrestato per tangenti negli anni '80 che voleva trasformare tutte le industrie in zone di edilizia residenziale». «Questo non è solo un problema di impatto ambientale - spiega Patrizia Turchi - Siamo di fronte ad una alleanza tra la sinistra e i poteri forti della città, in particolare l'Unione industriali, che piano piano stanno azzerando ogni possibilità di sviluppo della città. E creano scempi come le torri di Fuksas e Bofill».
Non che il problema dell'impatto ambientale sia minore. Lunedì scorso Santo Grammatico ha guidato la sua Goletta verde di Legambiente fino alla spiaggia di Margonara: «E' il principale lido della città, quello dove giocano i bambini di Savona. Il rapporto sulle coste europee dell'Agenzia europea dell'ambiente, presentato a Copenaghen, parla già dell'Italia come del muro sul Mediterraneo. Qui sta crescendo il muro ligure».
Allontanandosi da Savona il quadro è tutt'altro che incoraggiante. Il Piano territoriale della costa prevede che la piccola regione raddoppi il numero di posti barca piazzati lungo la costa. Oggi sono 14.300 (calcolati per imbarcazioni di dodici metri ciascuna) ma presto i 300 kilometri di costa potrebbero essere coperti da 30.000 barche. Imbarcazioni, da parcheggiare a peso d'oro, che portano anche alberghi, negozi e strade: nel piano regionale ci sono 51.601 metri cubi di uffici e negozi, 19.122 per alberghi, 33.918 per artigianato e 11.007 posti auto. Progetti mastodontici eppure già superati. Perché l'indicazione del presidente Burlando di «rafforzare la vocazione turistica» trova adepti in ogni comune.
Finale ligure è tra le ultime cittadine ad aver aderito. Città un po' industriale un po' turistica, piccola come può essere un centro abitato che oggi conta 12.000 abitanti. Secondo il Piano urbanistico comunale appena approvato, accanto alla cittadina sorgerà una nuova città. Sulle macerie di due impianti industriali che lasciano gli ormeggi sorgeranno 400 milioni di metri cubi di abitazioni «turistiche» pronte ad ospitare almeno 4.000 persone. Pochi mesi fa la Piaggio-Aero e l'impianto Cave Ghigliazza hanno comunicato all'amministrazione locale che abbandoneranno Finale. «Piaggio ci ha proposto una specie di ricatto - dice la consigliera comunale del Prc Gloria Bardi - Non vanno in Campania, sebbene lì la regione sia disposta a fare ponti d'oro pur di averli, ma per rimanere da queste parti e cioè a Villanova hanno chiesto al comune di convertire la zona industriale e renderla edificabile. E il comune, che allora era di centrosinistra, ha detto sì». La politica cambia, ma gli ecomostri piacciono a tutti.




Fiorani & co.
La Liguria piace ai furbetti
Scatole cinesi L'imprenditore lodigiano voleva reinvestire i soldi della Popolare in tre progetti tra Imperia, Celle ligure e Alassio
Sa. M.
Genova - Che la costa ligure potesse essere l'ideale per speculazioni edilizie senza troppi scrupoli lo pensava anche Gianpiero Fiorani. L'ordinanza di arresto che lo portò in carcere parlava di almeno tre progetti su cui aveva puntato l'imprenditore per dirottare e reinvestire i soldi della banca Popolare di Lodi. Il sistema era sempre quello delle scatole cinesi di società fantasma coperte da prestanome, in cui Fiorani non compariva ma lasciava che al suo posto figurassero una serie di prestanome. Tutto passava per il commercialista di fiducia Aldino Quartieri.
A Fiorani interessava soprattutto la ricostruzione della ex area Italcementi di Imperia. Nell'autunno 2003 organizzò un sopralluogo di eccezione: gita in elicottero con l'allora ministro delle attività produttive Claudio Scajola e con il costruttore Ignazio Bellavista Caltagirone, anche lui poi indagato nell'inchiesta Antonveneta e di certo oggi impegnato nella realizzazione del porto turistico di Imperia.
A raccontare la storia di quel tentativo fatto da Fiorani è stato alcuni mesi fa il «mediatore nel ramo immobiliare» Piergiovanni Mazzuco. In seguito alla denuncia per minacce nei confronti degli architetti genovesi Daniele Bianco e Girolamo Valle, Mazzucco rivelò ai magistrati genovesi che Quartieri e Fiorani gli avevano chiesto di mediare con gli architetti in questione aggiungendo che l'impresa sarebbe stata finanziata anche da alcuni imprenditori russi. Ma l'affare sfumò quando gli imprenditori russi proposero di cambiare il progetto inserendo un centro commerciale.
E' andato a buon fine il progetto realizzato a Celle ligure sempre grazie al commercialista di fiducia di Fiorani. Una palazzina con quattrocento posti auto a poche decine di metri dal mare. Ed è invece sfumato il progetto che Fiorani, tramite il prestanome Marino Ferrari (lo stesso a cui il «furbetto» aveva intestato la villa in Francia), voleva realizzare ad Alassio. L'idea, presentata dalla società di copertura Frontemare, era di far modificare la destinazione d'uso dell'area di Ceriale in modo da dedicare l'area a zona edificabile.
Ma i legami tra Fiorani e la Liguria erano parecchi. Micromega a febbraio scorso ha fatto l'elenco notando come Fiorani avesse buoni rapporti con il senatore di Forza Italia Luigi Grillo (indagato per Antonveneta) e con la banca Carige nel cui cda siedono Alessandro Scajola,

fratello di Claudio, e il figlio di Vito Bonsignore (europarlamenteare Udc anche lui indagato). Fiorani a verbale ha parlato anche dei rapporti con Marcellino Gavio, industriale noto per aver ceduto alla provincia di Milano la sua quota nell'autostrada Serravalle. All'epoca l'ex sindaco di Milano Albertini lasciò intendere che con la plusvalenza di 176 milioni, Gavio finanziò il tentativo di scalata di Unipol su Bnl.

Goletta verde denuncia
«In Liguria crescerà un muro di cemento»
Se il progetto della regione verrà realizzato, denuncia la Goletta verde di Legambiente nel dossier sui porti della Liguria appena presentato, in Liguria resteranno ben poche località senza un porticciolo. I dati dell'Ucina aggiornati ad ottobre del 2005 parlano di 51 porti esistenti. A questi si aggiungeranno altri quindici progetti in itinere, di cui 9 sono ampliamenti dell'esistente, per un totale di 57 porti turistici in Liguria. Gli interventi per i porti turistici previsti nei nuovi progetti sono quelli di Ventimiglia, Bordighera, Ospedaletti, San Lorenzo al Mare, Imperia, Diano Marina, Alassio, Borghetto Santo Spirito, Loano, Varazze, Albissola - Savona, Arenzano, Genova Sestri, Santa Margherita Ligure, Portovenere - Fezzano. Il dossier parla di dati impressionanti: «In questi quindici progetti in via di approvazione o realizzazione ci sono già 9.800 posti barca. Ma la cosa più grave e di impatto sulla costa sono le cosiddette "opere connesse": un totale di quasi 38.000 metri cubi di edilizia residenziale, più di 51.600 di uffici e negozi, 19.000 di alberghi e quasi 40.000 per l'artigianato. Più, ovviamente, le auto: 11.007 posti che da queste parti valgono quanto l'oro».


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del 7 luglio 2006
LIGURIA, L'UNIONE FA IL CEMENTO
di Marco Preve e Ferruccio Sansa

In Liguria migliaia di metri cubi di cemento rischiano di riscrivere il panorama della regione governata dal centrosinistra, lasciando tracce devastanti pari forse solo alla rapallizzazione del dopoguerra. Una storia che dimostra quale sia il vero partito trasversale agli schieramenti: quello degli affari. Oggi la Liguria, domani l'Italia?... clicca qui






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