IL SECOLO XIX – 24.06.2006

 

CRIMINALITA’
La Guardia di Finanza rilancia l’allarme: finora a prevalso l’omertà, le vittime devono trovare il coraggio di denunciare gli strozzini.

“L’usura si arma e usa mezzi mafiosi”

Due incensurati arrestati per aver prestato denaro con interessi altissimi a imprenditori del centro

”Sono armati e agiscono con mezzi mafiosi”. Il generale della Guardia di Finanza Walter Peruzzo si fa serio, dopo aver snocciolato con orgoglio i risultati di un anno di indagini, in occasione della Festa del corpo, per il 232° anniversario della fondazione. Gli usurai ci sono, a dispetto di chi ne parla come di un fenomeno marginale. E sono un terminale della criminalità organizzata, uno dei core-business della ‘ndrangheta dei calabresi, che è presente in città con famiglie influenti e ben radicate negli affari della droga e prostituzione.

Lo conferma l’ultima indagine, condotta dal sostituto procuratore Andrea Canciani e affidata agli investigatori del Nucleo Provinciale di Polizia Tributaria, agli ordini del maggiore Antonio Del Gaizo. Due persone sono state arrestate in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere ed ai domiciliari: S.E., 35 anni, residente a San Quirico in Valpolcevera, e S.C., 42 anni, di Teglia, incensurati, accusati di aver concesso prestiti a usura a due imprenditori nel centro di Genova, costringendoli a vendere immobili e a cedere quote della loro società, per pagare interessi senza fondo. Un terzo personaggio, S.T., tirato in ballo nelle intercettazioni dai membri della gang è stato arrestato perché trovato in possesso di due pistole con la matricola a Brasa. Con quelle avrebbe contribuito a intimorire chi, per una ragione o per l’altra, ritardava i pagamenti degli interessi. Un’altra decina di persone è indagata per concorso in usura. Tredici le perquisizioni domiciliari eseguite nei giorni scorsi.

L’organizzazione operava nel capoluogo ligure e forniva prestiti con la copertura di due imprese edili, a spiegato il generale Peruzzo alzando il velo solo parzialmente su un’indagine ancora in corso, dagli esiti impossibili da prevedere: “ne parlo perché le vittime degli strozzini si facciano forza ed escano allo scoperto. Finora, devo ammettere, la logica dell’omertà a prevalso”. Quando gli imprenditori taglieggiati hanno collaborato con coraggio, la giustizia è andata velocemente fino in fondo, come dimostra l’inchiesta condotta dai Carabinieri del Ros di Genova, il Raggruppamento Operazioni Speciali, di cui si parla nell’articolo a fianco.

Secondo quanto ricostruito dai finanzieri, gli usurai in questione  si rivolgevano principalmente a commercianti e artigiani, come gestioni di ristoranti e titolari di officine meccaniche proprie perché nel caso in cui non fosse stata restituita la loro somma prestata, spesso anche con tassi d’interesse superiore al 500%, avrebbe potuto rivalersi sulle aziende degli “insolventi”.

La banda contaa su una rete di persone che avevano il ruolo di “riscossori”, e che spesso si presentavano armati ad esigere il loro dovuto o ad intimidire le loro vittime; e su alcuni presta nome ai quali erano stati intestati i conti correnti bancari su cui confluivano le somme rastrellate dalle vittime degli strozzini.

“Il fenomeno dell’usura attestato in fascia F sulla base dei dati Istat che stima la distribuzione geografica della vulnerabilità per il rischio di usura nelle province italiane – ha spiegato il generale Peruzzo – non sembrerebbe diffuso nelle province liguri e nello scorso 2005 i dati si sono mantenuti pressoché stabili rispetto al passato, fatta eccezione per quelli di carattere estorsivo che hanno registrato un lieve rialzo. Tuttavia la conclusione di alcuni servizi e l’attività posta in essere fa emergere una realtà diversa – ha sottolineato il Comandante delle Fiamme Gialle – soprattutto per quanto riguarda l’usura, l’attività informativa risulta fortemente condizionata, in negativo, dalla omertà delle vittime che dimostrano una scarsissima propensione alla collaborazione con la Polizia Giudiziaria.

Graziano Cetara


CORRIERE MERCANTILE – 24 giugno 2006

L’indagine
Taglieggiava negozianti.
Sgominata dalla Finanza organizzazione di usurai.

I “Cravattari” applicavano tassi del 500 per cento e pretendevano di entrare nelle società rilevando parzialmente o totalmente le attività commerciali.

Un’organizzazione che operava a Genova e forniva prestiti a tassi di interesse del 500 per cento su base annua agendo con la copertura di due imprese edili è stata scoperta e smantellata dalla Guardia di Finanza del comando provinciale di Genova. Tre persone, responsabili dei fatti, sono state arrestate. Prestando denaro arrivavano al punto di potere pretendere di entrare nelle società debitrici

finchè non ne ottenevano interamente il controllo. Sul caso sono ancora in corso le indagini dei militari. La notizia, resa nota ieri nel corso di una conferenza stampa del comandante regionali delle Fiamme Gialle Walter Peruzzo per evidenziare le principali attività svolte dal giugno 2005 al maggio 2006, e organizzata nell’ambito delle celebrazioni del 232° anniversario della fondazione del Corpo, è stata citata dal generale per testimoniare l’esistenza del fenomeno in Liguria, a differenza da quanto rivelano i dati statistici: il fenomeno, in base a quanto spiegato dal generale Peruzzo, non emerge per la scarsa propensione delle vittime a collaborare con la polizia giudiziaria.

Secondo quanto appreso dal comando provinciale della Guardia di Finanza di Genova emerge l’attività di un’organizzazione di usurai che si rivolgeva principalmente a commercianti e artigiani, come gestori di ristoranti e titolari di officine meccaniche proprio perché nel caso in cui non fosse restituita la somma prestata, spesso anche con tassi di interesse che raggiungevano il 500 per cento, avrebbe potuto rivalersi sulle aziende degli “insolventi”.

Il sodalizio criminale contava su una rete di persone che avevano il ruolo di “riscossori” e che spesso si presentavano ad esigere il dovuto o ad intimidire le loro vittime armati, e su alcuni prestanome ai quali erano stati intestati i conti correnti bancari sui quali confluivano le somme provento dell’attività illecita.

Nel caso dell’inchiesta sono  state arrestate tre persone ed effettuate 13 perquisizioni domiciliari che hanno portato al sequestro di due pistole con la matrice abrasa ed un ingente quantitativo di documentazione bancaria. Una delle persone arrestate è stata presa in flagranza di reato per possesso di armi, un uomo è stato destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, mentre per la terza persona sono stati previsti i benefici della detenzione domiciliare.

Il generale Peruzzo ha posto l’accento anche sull’attività svolta dalla gdf nel settore immobiliare. Nei primi mesi del 2006 sono stati eseguiti 68 interventi. In particolare l’interesse dei finanzieri era volto a scoprire affitti in nero. In questo ambito i militari delle fiamme gialle hanno trovato vari illeciti nell’ambito degli affitti agli universitari e in varie aree turistiche. Il fenomeno riguarda sia la città di Genova che le due riviere. In questo specifico settore sono settore sono stati identificati 1,4 milioni di euro di base imponibile e 300 mila euro di Iva evasa.
r.c.

 

“L’usura c’è ma non si vede perché le vittime non sporgono denuncia” 

“Il fenomeno dell’usura, attestato in fascia “F” sulla base dei dati Istat che stima la distribuzione geografica della vulnerabilità per il rischio di usura nelle province italiane non sembrerebbe diffuso nelle province liguri e nello scorso 2005 i dati si sono mantenuti pressoché stabili rispetto al passato, fatta eccezione per quelli di carattere estorsivo che hanno registrato un lieve rialzo”. Il comandante della gdf Walter Peruzzo ha sottolineato ieri nel corso delle celebrazioni per il 232° anno della fondazione del Corpo come l’usura sia presente nel nostro tessuto sociale ma il suo contrasto sia molto difficile a causa della scarsa propensione degli “strozzati” a denunciare il loro stato di vittime.  “Tuttavia –ha proseguito- la conclusione di alcuni servizi e l’attività posta in essere fa emergere una realtà diversa soprattutto per quel che riguarda l’usura, l’attività informativa risulta fortemente condizionata, in negativo, dall’omertà delle vittime che dimostrano una scarsissima propensione alla collaborazione con la polizia giudiziari”.

Oltre al tema dell’usura, Peruzzo si è particolarmente soffermato sull’emergenza delle truffe ad anziani. “Nessun militare può entrare nelle abitazioni di privati cittadini per controllare l’autenticità delle banconote –ha detto-. Questi sono servizi che nessun agente di polizia svolge, tantomeno i finanzieri”.

“I risultati operativi conseguiti – ha concluso il generale- e, più in generale, tutto quello che facciamo e come lo facciamo, non soltanto l’effetto del lavoro adeguamento agli scenari esterni, delle strutture, dei processi di lavoro e delle metodologie operative ma è anche frutto di entusiasmo mai sopito e rinnovato, di elevata professionalità ed incondizionata dedizione.”
f.r.





IL SECOLO XIX - 25.06.2006

 

Criminalità  Una famiglia distrutta.Chiude l’azienda lascia moglie e figli e fugge all’estero:”non ho più soldi”. Ora sono tutti sotto protezione

 “Taglia degli usurai su mio marito”

Cinquemila euro per scoprire un imprenditore: lo vogliono vivo o morto.

 

Wanted, come sui manifesti ingialliti del far west. Dead or alive, vivo o morto. C’è una taglia sulla testa di una delle vittime della banda di usurai scoperta dalla Guardia di Finanza nelle scorse settimane. 5000 euro, per conoscere il luogo segreto nel quale da mesi l’imprenditore taglieggiato si è rifugiato, dopo aver chiuso la sua attività.

Ha lasciato l’Italia, la moglie e i figli per sfuggire alle minacce della ‘ndrangheta, alle pistole con matricola abrasa, alle richieste di soldi per pagare gli interessi sugli interessi di un capitale pietito ed ottenuto mesi prima, come l’ultima boccata di ossigeno, l’estrema ch’ange di salvare un’azienda morente. E’ fuggito abbandonando tutto per ricominciare a vivere. E ora qualcuno lo cerca per eliminarlo.

E’ la storia che emerge dai verbali dell’inchiesta del Nucleo Provinciale di Polizia Tributaria di Genova. Un dramma che sull’ordinanza di custodia cauteale in virtù della quale sono stati arrestati due usurai di San Quirico e di Teglia, quartieri paese della Valpolcevera, rivive attraverso le parole della moglie del fuggitivo, come tutta la famiglia ora sotto la protezione dello Stato: Quando se ne è andato mi ha detto “tu non capisci, tu non sai che spada si Damocle c’ho sulla testa. Questi mi vogliono far fuori a me, a voi, alla mia famiglia. Io mi sono rotto di tenermi tutto dentro….io cosa devo fare, io di soldi non ne ho”

I soldi li aveva finiti da tempo e le banche avevano esaurito la pazienza oltre che i fidi, come accade agli inizi di ogni storia di usura. C’è sempre un’ amico, in questi casi, che ha un altro amico pronto ad intervenire in aiuto del carissimo commerciante. Nel dramma ricostruito dalla Finanza ad intervenire è un cliente dell’imprenditore in difficoltà, il figlio di un benzinaio, uno dei due arrestati assistito dall’avvocato Stefano Savi:” conosco determinate persone che possono darti una mano”, è l’inizio della fine nelle parole dell’intermediario. In pochi giorni arriva una busta piena di banconote: seimila euro, tanto per cominciare:” interessi del 40% mensili. Nessun problema se fra trenta giorni mi dai 8.400 euro o solo i 2.400 euro degli interessi”.

La figura dell’amico ha un ruolo centrale in ogni affare di questo genere. Lo strozzino fornisce il denaro ma non interviene in prima persona se non in momenti cruciali. E’ l’amico, con un rapporto sempre equivoco con la vittima dell’usura, a fare pressioni, sollecitare e, solo di fronte a ritardi estremi nel pagamento degli interessi, a minacciare senza mezzi termini: tuo marito mi ha messo in un casino mi ci ha messo di brutto. Ufficialmente è l’intermediario il primo responsabile di un mancato pagamento. Siccome è lui ad avere un rapporto di amicizia con il destinatario del prestito, la pressione è prima di tutto psicologica: ho bisogno di quei soldi, così mi tolgo questa piovra da attaccata al culo, si legge su una delle intercettazioni. Poi le richieste diventano estorsioni: se tuo marito non paga spariamo a te ed ai tuoi figli.

E’ dalle confidenze delle moglie dell’imprenditore che emerge la notizia della taglia, poi confermata dai successivi accertamenti degli investigatori : lo stanno cercando per ucciderlo – dice la donna – e se non lo trovano fanno fuori me e i miei figli. E’ tutta colpa sua se siamo in questi casini. Stò pensando di prendermi io quei cinquemila euro – gli dico dove si trova e la finiamo lì. Nessuno si è fatto scrupolo di me io devo pensare alla mia vita…..

Per cercarlo l’usuraio contatta diverse persone, inquirenti sospettano appartenenti alla criminalità organizzata calabrese: trovatemi, trovatemi sto figlio di puttana, - si legge sulle intercettazioni raccolte dagli investigatori della Guardia di Finanza- trovatemelo che gli taglio la testa.

A temere ora è la moglie dell’imprenditore costretta a subire tutte le minacce che il marito ha  evitato lasciando il paese chiudendo l’azienda. Il dialogo più inquietante tra quelli intercettati dagli investigatori è ambientato nella attività ceduta dal marito ad un altro commerciante, legato alla banda di usurai: non ti credere che la tua situazione sia positiva – dice l’uomo – tanto noi sappiamo che tu lo nascondi che sai dov’è. Stai attenta che appena ti beccano ti fanno la festa cara mia ….Non è che ti uccidono, si divertono un po’….. tanto gli devi centomila euro, hai voglia….. ho parlato proprio chiaro in cinque o sei si divertono….. quando ne hanno a voglia ti vengono a cercare.

Graziano Cetara

 

Terrorizzata dalla banda scoperta dalla Finanza

“Denunciatemi per favoreggiamento:non parlo”

 

“Sono già stato denunciato una volta per favoreggiamento, posso esserlo di nuovo. Non parlo, inutile insistere, non faccio i nomi, non ne voglio sapere” E’ una delle vittime della banda di usurai scoperta dalla Guardia di finanza, nell’ambito dell’inchiesta condotta dal sostituto procuratore Andrea Canciani. Ed è anche uno degli imprenditori che ha scelto di non collaborare rischiando per la seconda volta la beffa di una denuncia. E’ al suo capo che si riferiva il generale Walter Peruzzo, comandante regionale delle fiamme gialle quando alla festa del corpo di venerdì ha parlato pubblicamente di omertà. Il mostro dell’usura si alimenta di violenza e silenzio ed è per questa ragione che le statistiche ufficiali parlano di un fenomeno al momento ancora sotto controllo.

Lo è solo in superficie.

E’ un fenomeno latente nelle mani della criminalità organizzata (a Genova a dominare la scena è la ‘ndrangheta con un paio di famiglie) che gestisce una rete di intermediari e riscossori divisi in più livelli con una condivisione delle informazioni diversificata: non tutti sanno tutto. A contatto con le vittime c’è sempre un amico che accorre in soccorso dell’imprenditore in difficoltà abbandonato dalle banche. Porta i soldi e si espone in prima persona, facendo da garante: è sempre lui quello che rischia, in prima battuta, prendendo le distanze dagli strozzini che rappresenta. Il rapporto è equivoco. L’intermediario è amico dell’usurato, apparentemente, e non è mai in combutta col cravattaio. Le conseguenze sono un crescendo di richieste di soldi e di minacce.

Ci sono figuri che si presentano a nome di altri, nominandoli con pseudonimi ed esibendo armi. E c’è sempre una soluzione per rimandare il pagamento degli interessi, del 40/50% mensili, una cifra a due zeri su base annua finchè l’azienda ha ancora ossigeno per alimentare il business degli strozzini. Quando la morte dell’attività si profila, l’organizzazione criminale ha sempre un paio di opzioni da offrire: un altro usuraio a cui chiedere il denaro per onorare gli impegni, o la cessione dell’azienda, a un prezzo simbolico o fittizio. Tra le vittime intercettate dai finanzieri in quest’ultima indagine, in molti hanno dovuto consegnare quote della propria attività agli estorsori. Altri hanno venduto beni di famiglia, appartamenti, per avere liquidità, qualche volta ad acquistarli, senza pagare una lira, se non sulla carta, sono gli stessi strozzini.

E’ una piovra che si inserisce nel tessuto economico delle piccole e medie imprese allontanando i capitali messi insieme legalmente e impiegando denari rastrellati con la minaccia. L’unica possibilità è affidarsi allo stato: “solo con la collaborazione delle vittime- spiega la Guardia di Finanza- possiamo scovare ed eliminare organizzazioni criminali così strutturate e violente”.

Graziano Cetara






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