RASSEGNA STAMPA WEB  20 GIUGNO da ANTIMAFIADUEMILA
(sito)


"OPERAZIONE GHOTA"

 

Mafia, decapitati i vertici

PALERMO - Agenti della polizia di Stato hanno eseguito 45 dei 52 ordini di arresto indicati dai pm della Dda di Palermo. Il pool di magistrati guidati dal procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone ha disposto il fermo dei componenti delle cosche che da alcuni anni sono al vertice delle famiglie mafiose del capoluogo siciliano. Sono accusati di associazione mafiosa ed estorsione. Sette le persone sfuggite alla cattura e dunque da considerare latitanti.

Dall'indagine condotta dalla squadra mobile emerge la nuova mappa della mafia che ha messo le mani sulla città. Gli arresti disposti stamani dai pm hanno "decapitato gli attuali capi di cosa nostra" che erano in contatto, attraverso i "pizzini", con Bernardo Provenzano. I boss progettavano attentati e omicidi e ordinavano estorsioni a imprese e grosse attività commerciali.

L'inchiesta, che ha pure portato a decrittare i "pizzini" trovati nel covo di Provenzano dopo il suo arresto, e scoprire l'identità di alcuni favoreggiatori i cui nomi erano nascosti da numeri, è coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone e dai pm Maurizio De Lucia, Michele Prestipino, Roberta Buzzolani, Nino Di Matteo e Domenico Gozzo, e si basa in gran parte su intercettazioni effettuate per due anni in un box in lamiera in cui si svolgevano i summit dei capimafia, che si trova nei pressi di viale Michelangelo, alla periferia della città. Tra i 52 fermi disposti dalla Dda vi sono anche 16 indagati accusati di essere gli attuali capi delle famiglie mafiose di Palermo, tre dei quali sono considerati in posizione "sovraordinata" rispetto agli altri. Una sorta di direttorio ristretto di cosa nostra di cui faceva parte, secondo l'accusa, Antonino Rotolo, 60 anni, indicato a capo del mandamento mafioso di Pagliarelli, che partecipava ai summit nonostante fosse agli arresti domiciliari. L'uomo, bloccato stamani dagli agenti della Squadra Mobile, era stato condannato all'ergastolo per una serie di omicidi, ma aveva ottenuto alcuni anni fa la detenzione in casa per via di problemi di salute.
Del direttorio avrebbe fatto parte anche il dottore Antonino Cinà, di 61 anni, che in passato è stato il medico di Totò Riina ed ha già scontato una condanna per associazione mafiosa. Il terzo boss a sovrintendere sugli altri 16 sarebbe Francesco Bonura, di 64 anni, indicato come il capomafia di Uditore. Tutti e tre sono stati arrestati stamani su ordine del procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone a capo del pool formato dai pm De Lucia, Prestipino, Buzzolani, Di Matteo e Gozzo.
Le conversazioni fra Cinà, Bonura e Rotolo registrate dalla polizia nel box in cui si svolgevano i summit, sono la colonna portante dell'inchiesta. In questo luogo segreto, che si trova a una decina di metri dalla villa di Rotolo, venivano ricevuti i vari rappresentanti delle famiglie mafiose per affrontare problemi e discutere le strategie criminali. Sono stati gli stessi boss, a loro insaputa, a rivelare segreti e nomi di persone insospettabili che sono affiliati alle varie famiglie della città. Sono così emersi nuovi elementi di spicco di Cosa nostra, nuovi punti di riferimento delle varie zone. Gran parte dei quali sono stati arrestati stamani.
Le intercettazioni confermano ancora una volta che Bernardo Provenzano, fino al giorno del suo arresto, avvenuto l'11 aprile scorso, era il "capo supremo di cosa nostra".
Per i "capifamiglia", il box rappresentava un territorio segreto e inaccessibile agli estranei, dove potevano parlare liberamente degli affari illeciti delle cosche. In questo piccolo ambiente, in cui vi erano otto sedie di plastica attorno ad un piccolo tavolo, i capimafia hanno discusso per due anni delle strategie criminali di cosa nostra e senza che lo sapessero venivano registrati dalla polizia. I boss parlavano tranquillamente, perchè adottavano tante precauzioni: utilizzavano un congegno elettronico che poteva annullare il funzionamento delle microspie o ne rilevava la presenza.
Era Rotolo che prima di ogni riunione effettuava personalmente la bonifica dell'ambiente. Le particolari apparecchiature utilizzate dagli investigatori hanno però superato l'esame ed hanno permesso di non essere scoperte. Un altro accorgimento utilizzato dai boss per non far avvicinare nessuno al box era quello di sistemare un pallone da calcio davanti la porta d'ingresso. Un segnale per avvertire le "sentinelle" che sorvegliavano la zona durante i summit di non far entrare nessuno.
Quasi tutti gli incontri sono stati filmati dalla polizia. Dai video si nota in particolare Rotolo scavalcare le recinzioni della sua villa per arrivare al box, dove veniva atteso dagli altri boss.
Il rientro dagli Usa a Palermo di alcuni componenti della famiglia Inzerillo che per anni sono stati "esiliati" negli Stati Uniti per sfuggire alla "guerra di mafia" dei primi anni Ottanta, ha provocato nei mesi scorsi duri scontri in cosa nostra. I contrasti emergono dall'inchiesta del pool della Dda guidato dal procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone che ha ordinato gli arresti fra cui quello degli Inzerillo.
Il ritorno in Italia degli Inzerillo era stato "caldeggiato" alla commissione mafiosa da Salvatore Lo Piccolo, boss latitante di San Lorenzo. A questa proposta si erano opposti il medico Antonino Cinà e Nino Rotolo, che temevano la ripresa di vecchi rancori e contrasti legati a ipotesi di vendetta per togliere ai corleonesi la leadership dell'organizzazione nel palermitano così com'era fino alla fine degli settanta. Proprio per questo motivo era in corso di elaborazione un piano per l'uccisione di Salvatore e Sandro Lo Piccolo, padre e figlio, entrambi latitanti, e per eliminarli era stata chiesta a Provenzano l'autorizzazione, e per ottenerla avrebbero insinuato sospetti sull'affidabilità dei Lo Piccolo e sulle reali intenzioni degli Inzerillo. Emergono, dunque, vecchi rancori.
Alla fine degli anni Ottanta gli Inzerillo, per mettersi al riparo dalla guerra di mafia, lasciarono Palermo e la Commissione di Cosa nostra decise di non condannarli a morte, ma dovevano restare "in esilio" negli Stati Uniti sotto la responsabilità di esponenti di cosa nostra americana, di cui, secondo gli inquirenti, è confermata l'attualità dei rapporti con i boss palermitani.
Il rientro degli Inzerillo, avvenuto da poco tempo, ha fatto riemergere tutti i contrasti ed i sospetti legati alla "guerra di mafia" ed alle stragi compiute dai corleonesi nei primi anni ottanta. La situazione, secondo quanto scrivono nell'ordinanza i pm, sembra essere stata chiarita durante un incontro che vi è stato lo scorso febbraio fra uno degli Inzerillo, Francesco, con Salvatore Lo Piccolo e il medico Cinà. Tutto ciò emerge dalle lettere trovate a Provenzano, dalle quali sembrerebbe che in qualche modo le tensioni interne all'organizzazione si sono raffreddate e il piano di morte sarebbe stato accantonato.
20/06/2006
LA SICILIA ONLINE



I nomi degli arrestati

PALERMO - Fino ad ora sono stati eseguiti 45 arresti sui 52 richiesti nell'ambito dell'operazione "Gotha", condotta dalla polizia e coordinata dalla dda di Palermo. Altre sette persone sono ancora ricercate.

Questo l'elenco degli arrestati: Gerlando Alberto, 79 anni, Filippo Annatelli, 43 anni, Angelo Badagliacca, 33 anni, Pietro Badagliacca, 52 anni, Gaetano Badagliacca, 51 anni, Girolamo Biondino, 48 anni, Francesco Bonura, 56 anni, Vincenzo Brusca, 52 anni, Carmelo Cancemi, 54 anni, Giovanni Cancemi, 35 anni, Giuseppe Cappello, 69 anni, Calogero Caruso, 69 anni, Antonino Cinà, 51 anni, Salvatore Davì, 48 anni, Antonino Di Maggio, 52 anni, Lorenzo Di Maggio, 55 anni, Vincenzo Di Maio, 62 anni, Pietro Di Napoli, 67 anni, Mario Grizzaffi, 40 anni, Salvatore Gioeli, 40 anni, Francesco Inzerillo, 50 anni, Francesco Inzerillo, 49 anni, Rosario Inzerillo, 52 anni, Tommaso Inzerillo, 57 anni, Emanuele Lipari, 45 anni, Alessandro Mannino, 46 anni, Calogero Mannino, 66 anni, Giovanni Marcianò, 64 anni, Settimo Mineo, 68 anni, Giovanni Nicoletti, 56 anni, Michele Oliveri, 75 anni, Angelo Parisi, 27 anni, Pietro Parisi, 56 anni, Antonino Pipitone, 77 anni, Salvatore Pispicia, 41 anni, Rosario Rizzuto, 49 anni, Antonino Rotolo, 60 anni, Gaetano Sansone, 56 anni, Giuseppe Sansone, 58 anni, Giovanni Sirchia, 32 anni, Francesco Stassi, 72 anni, Vincenzo Vallelunga, 56 anni.

Sette persone sono ancora ricercate. Gli arrestati devono rispondere, a vario titolo, di associazione mafiosa ed estorsione.

20/06/2006
LA SICILIA ONLINE


Grasso: "Rivelati rapporti con esponenti politici"

PALERMO - "Rapporti tra gli affiliati alle cosche con imprenditori e uomini politici sono emersi dall'inchiesta che ha portato alla scoperta del direttorio di cosa nostra". Lo afferma il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, commentando l'operazione "Gotha" che stamani ha portato all'arresto di decine di persone fermate su ordine del pool di pm guidato dal procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone. "Tali rapporti - spiega il procuratore - si concretizzano nel perseguimento di una strategia diretta non solo ad appoggiare nelle competizioni elettorali candidati ritenuti di assoluta fiducia, ma ad ottenere anche l'inserimento nelle liste dei candidati di persone ancora più affidabili perchè legate agli stessi uomini d'onore da vincoli di parentela o da rapporti diretti".

"Ancora una volta si dimostra - prosegue Grasso - la capacità di Cosa nostra di tentare di sfruttare a proprio favore le dinamiche virtuose della società civile. Grazie alle tecnologie più avanzate è stato comunque possibile acquisire un numero impressionante di conversazioni ambientali che per il livello degli interlocutori e per gli argomenti trattati ha ben pochi precedenti per la comprensione ed il contrasto a cosa nostra".

"L'indagine - rivela il capo della Dna - conferma ancora il ruolo di vertice di Bernardo Provenzano, punto di riferimento e di equilibrio in una situazione magmatica, sempre pronta ad esplodere. Queste conversazioni - aggiunge Grasso - hanno consentito di tracciare l'attuale organigramma dell'associazione mafiosa palermitana; ma anche i rapporti tra le sue diverse articolazioni e i loro esponenti di vertice, mostrando un divenire assai complesso ed estremamente fluido di alleanze, di contrasti e di contrapposizioni".

Il procuratore antimafia sottolinea che: "Sono stati arrestati i reggenti di 13 famiglie mafiose e di sei mandamenti". "La caratteristica particolare - precisa Grasso - è che questi capimafia arrestati sono stati in passato quasi tutti condannati per mafia ed hanno già scontato la pena. Una volta pagato il loro debito con la giustizia, sono però ritornati a delinquere, prendendo in mano le redini delle cosche".

Grasso conclude elogiando le forze dell'ordine: "Grazie alla genialità investigativa, alla grande professionalità e all'estremo spirito di sacrificio degli uomini della Sezione criminalità organizzata della squadra mobile di Palermo, coadiuvati dal servizio centrale operativo e dalla sezione catturandi della Mobile, si è arrivati a scoprire gli attuali retroscena di Cosa nostra palermitana".

"Sono stati acquisiti elementi significativi sui rapporti degli esponenti di vertice dell'organizzazione, in particolare Antonino Rotolo, Antonino Cinà e Francesco Bonura, con esponenti del mondo politico". Lo scrivono i pm nel provvedimento firmato stamane nell'ambito dell'operazione "Gotha".

Dall'inchiesta emerge che i boss arrestati avevano già trovato gli uomini da inserire nelle liste elettorali di due partiti che fanno parte della Cdl, che dovranno concorrere per le elezioni amministrative di Palermo del prossimo anno.

20/06/2006
LA SICILIA ONLINE



Decrittato il codice dei pizzini

PALERMO - Le intercettazioni effettuate per due anni nel box in lamiera in cui i capimafia effettuavano i summit hanno contribuito a decrittare i "pizzini" trovati nel covo di Bernardo Provenzano. In molte lettere esaminate dai pm e dalla polizia, sono stati trovati tanti punti che corrispondono alle conversazioni registrate dagli investigatori.

In alcuni casi sono stati gli stessi boss, in particolare Nino Rotolo, a svelare inconsapevolmente alle microspie il numero con il quale si identificava nelle lettere che inviava a Provenzano. Emerge così che Rotolo era il numero "25", mentre il medico Antonino Cinà il "164" e Pietro Badagliacca, arrestato anche lui stamani, il numero "64". Con il "30" e il "31" venivano contraddistinti i boss latitanti Salvatore e Sandro Lo Piccolo. Gli inquirenti hanno identificato anche altri numeri che sono inseriti nei "pizzini".

Dalle intercettazioni emerge che Bernardo Provenzano, fino al giorno del suo arresto, avvenuto lo scorso 11 aprile, era il "capo supremo di cosa nostra", il punto di equilibrio tra tutte le sue varie componenti ed il riferimento essenziale attraverso il quale passavano tutte le decisioni sulle questioni di interesse generale o, comunque, di maggior rilievo.

20/06/2006
LA SICILIA ONLINE

 

I boss erano contro Papa Giovanni Paolo II

PALERMO - Le conversazioni dei boss registrate durante i summit che si sono svolti nel box in lamiera prendono in esame pure la ricostruzione storica delle vicende di mafia degli ultimi 25 anni. I filmati e le centinaia di ore di conversazione sono inseriti nell'inchiesta della Dda di Palermo denominata "Gotha", che stamani ha portato all'arresto di decine di persone.

Dentro il piccolo capannone, del tipo utilizzato nei cantieri edili, che è situato in un residence, i boss discutevano degli argomenti più disparati, spaziando dalla censura di Papa Giovanni Paolo II per la dura condanna della mafia fatta nella Valle dei Templi ad Agrigento, alla ricerca di una raccomandazione per un esame universitario, alla valutazione sull'opportunità di procedere all'uccisione di un capofamiglia la cui nomina veniva ritenuta "illegittima". Ma anche di politica e di uomini politici "amici".

Le conversazioni sono state registrate sia all'interno che nei pressi del box in lamiera che era in uso a Nino Rotolo. Ascoltando le conversazioni, si nota l'assoluta serenità delle persone che dialogano di omicidi e affari criminali. La tranquillità delle conversazioni è diretta conseguenza della sicurezza di Rotolo di non essere intercettato, grazie al fatto che attivava un congegno elettronico che, nella sua convinzione, era capace di impedire ogni tipo di trasmissione radio.

20/06/2006
LA SICILIA ONLINE



Tutto è partito dalle intercettazioni e dai pizzini di Provenzano
A capo della mafia una "Triade": pregiudicati usciti di prigione
Colpo al cuore di Cosa nostra
52 arresti, in manette molti boss
I pm: "Da intercettazioni emergono contatti con la politica"
Per il procuratore Grasso sventata una "nuova guerra di mafia"

Piero Grasso
PALERMO - Maxi operazione contro Cosa nostra. I magistrati della Dda di Palermo hanno emesso 52 ordini di arresto per associazione mafiosa ed estorsione. Ne sono stati eseguiti 45, mentre la polizia sta ancora cercando altre sette persone. Un'operazione, chiamata 'Gotha', in cui sono stati impegnati più di 500 poliziotti.

In manette anche i capi del "dopo-Provenzano", una triade composta dai pregiudicati Nino Rotolo, Antonino Cinà e Franco Bonura. Dall'indagine condotta dalla squadra mobile emerge la nuova mappa della mafia che ha messo le mani sulla città. Gli arresti disposti stamani dai pm hanno "decapitato gli attuali capi di Cosa nostra" che erano in contatto, attraverso i "pizzini", con Bernardo Provenzano. I boss progettavano attentati e omicidi e ordinavano estorsioni a imprese e grosse attività commerciali.

Una "triade" sotto Provenzano. Alla base dell'inchiesta non c'è nessun pentito ma solo migliaia di ore di intercettazioni ambientali, osservazioni e i 'pizzini' recuperati nel covo di Provenzano. Un'indagine che ha permesso di ricostruire la struttura dell'organizzazione. A capo della mafia - subito sotto Bernardo Provenzano, considerato il capo assoluto - c'era una "triade", una sorta di organismo ristretto, quasi commissariale, composta da Nino Rotolo, boss di Pagliarelli, dall'analista Antonino Cinà, ex medico di Provenzano e di Totò Riina, e dal costruttore mafioso dell'Uditore Franco Bonura. Questi tre uomini hanno retto la mafia fino a questa notte dopo l'arresto di Provenzano l'11 aprile.

Gli incontri fra Cinà, Bonura e Rotolo si svolgevano in un box in lamiera, situato a una decina di metri dalla villa in cui Antonino Rotolo, condannato all'ergastolo, trascorreva gli arresti domiciliari. Si trova nei pressi di viale Michelangelo, alla periferia della città. Un posto considerato segreto, ma gli incontri che vi avvenivano sono stati spesso filmati dalla polizia. Un luogo spartano: otto sedie di plastica attorno ad un piccolo tavolo. Lì i capimafia hanno discusso per due anni delle strategie criminali di cosa nostra. A nulla sono valse le tante precauzioni prese, dalla bonifica prima di ogni incontro alle sentinelle messe di guardia.

L'inchiesta, che ha pure portato a decrittare i "pizzini" trovati nel covo di Provenzano dopo il suo arresto, e scoprire l'identità di alcuni favoreggiatori i cui nomi erano nascosti da numeri, è coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone e dai pm Maurizio De Lucia, Michele Prestipino, Roberta Buzzolani, Nino Di Matteo e Domenico Gozzo, e si basa in gran parte su intercettazioni effettuate per due anni in un box in lamiera in cui si svolgevano i summit dei capimafia, che si trova nei pressi di viale Michelangelo, alla periferia della città.

I Pm: "Contatti fra mafia e politica". "Sono stati acquisiti elementi significativi sui rapporti degli esponenti di vertice dell'organizzazione, in particolare Antonino Rotolo, Antonino Cinà e Francesco Bonura, con esponenti del mondo politico". Lo scrivono i pm nel provvedimento con il quale è stato disposto stamani il fermo di decine di persone per associazione mafiosa e estorsione.

Ci sono elementi, secondo i magistrati, per provare "il perseguimento di una strategia" da parte di Cosa nostra "volta non solo ad appoggiare nelle competizioni elettorali candidati ritenuti di assoluta fiducia ma ad ottenere anche l'inserimento nelle liste dei candidati di persone ancora più affidabili perchè legati agli stessi 'uomini d'onore' da vincoli di parentela o da rapporti ritenuti di uguale valore". Sembra inoltre, come riporta l'Ansa, che i boss arrestati avessero già trovato gli uomini da inserire nelle liste elettorali di due partiti che fanno parte della Cdl e che dovranno concorrere per le elezioni amministrative di Palermo del prossimo anno.

Estorsioni per le famiglie dei mafiosi. Numerosi gli episodi di intimidazione venuti fuori nel corso delle indagini e documentati anche con intercettazioni ambientali e riprese video dagli investigatori. I proventi delle estorsioni, secondo quanto emerso, servivano soprattutto per le esigenze dei mafiosi in carcere e per le loro famiglie.

Nel mirino del racket finivano talvolta intere categorie di esercenti: è il caso ad esempio dei commercianti di origine cinese della zona della stazione centrale di Palermo, che furono destinatari di un "avvertimento" di massa, quando, in una sola notte, le serrature di tutti i loro negozi vennero messe fuori uso con la colla dagli uomini dei clan.

Grasso: "Era vicina nuova guerra di mafia". "Dopo gli arresti di questa mattina e la cattura di Bernardo Provenzano, possiamo affermare che l'organizzazione mafiosa, in questo momento, è in ginocchio". Lo ha detto il Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso: "E' l'operazione più importante degli ultimi anni".

Poi, Grasso ha ribadito che "si è dovuto agire con celerità perchè era in procinto una nuova guerra di mafia", soprattutto dopo l'arresto di Bernardo Provenzano "che riusciva a tenera la situazione in equilibrio".

"Sono stati arrestati - ha spiegato Piero Grasso - i reggenti di 13 famiglie mafiose e di sei mandamenti. La caratteristica particolare è che questi capimafia arrestati sono stati in passato quasi tutti condannati per mafia ed hanno già scontato la pena. Una volta pagato il loro debito con la giustizia, sono però ritornati a delinquere, prendendo in mano le redini delle cosche".

(20 giugno 2006)
LA REPUBBLICA EDIZIONE ONLINE 



Il boss, il medico e il costruttore
Tre uomini al comando della mafia

PALERMO - Era una "triade" a comandare la mafia, tre uomini che si incontravano in un box di lamiera alla periferia di Palermo per tirare le file dell'organizzazione. La maxi operazione di oggi - che ha portato all'arresto di 52 persone - ha "decapitato" la mafia: dopo Totò Riina, in carcere dal 1993, e Bernardo Provenzano, arrestato l'11 aprile, sono finiti in manette anche i pregiudicati Nino Rotolo, boss di Pagliarelli, l'analista Antonino Cinà, ex medico di Provenzano e di Totò Riina, e il costruttore mafioso dell'Uditore Franco Bonura.

Antonino Rotolo, il numero '25'. Uno dei componenti della "triade" è un nome già conosciuto: Antonino Rotolo, 60 anni, indicato col numero 25 nel gioco dei codici di 'Binu' Provenzano. Rotolo, da anni agli arresti domiciliari per motivi di salute, era riuscito ad ottenere il beneficio grazie a una serie di trucchi: era infatti capace di saltare disinvoltamente - senza sapere di essere filmato dalla polizia - un muro di cinta per raggiungere il box dove avvenivano gli incontri. Da lì, Rotolo impartiva ordini e addirittura progettava l'eliminazione di Salvatore e Sandro Lo Piccolo, latitanti, capi della cosca di Tommaso Natale e ritenuti i capi attuali della mafia a Palermo.

Antonino Cinà, il medico di Provenzano. Della presunta "triade" faceva parte anche il dottore Antonino Cinà, anche lui uno dei soliti noti: 61 anni, medico di Totò Riina e dello stesso Provenzano, più volte condannato e più volte finito in carcere, tra il '93 e il 1999, è poi tornato in liberta' nel 2003. Una sentenza passata in giudicato aveva escluso che avesse fatto da capo o da reggente del mandamento di San Lorenzo: ora Cinà, indicato col numero 164 nei pizzini di Provenzano, dimostra nei dialoghi intercettati il proprio livello, al punto da essere stato coinvolto - pure lui - nel progetto di complotto, comunque poi rientrato, contro i Lo Piccolo.

Il costruttore Franco Bonura. Terzo membro della triade è, sempre secondo il pool antimafia, Franco Bonura, 64 anni, costruttore dell'Uditore che negli anni '80 fu arrestato subito dopo un omicidio: secondo la polizia stava scappando dopo avere appoggiato i killer, ma rimase imbottigliato nel traffico e fu catturato. Al processo pero' mancarono i riscontri e Bonura fu scagionato dal delitto, anche se fu condannato per associazione mafiosa. Bonura è un sottocapo della famiglia, ma grazie al vuoto di potere in Cosa Nostra assurge al livello di componente la triade.

Ecco la mappa del potere. Non ci sono solo i nomi della 'triade' nella ricostruzione degli investigatori. Le intercettazioni ambientali e i pizzini hanno permesso di ricostruire la struttura di Cosa nostra, soprattutto nella provincia di Palermo. Al trio Rotolo-Cinà-Bonura è assegnato solo il ruolo di punti di riferimento del vertice, in diretto contatto con Provenzano.

Questi i nomi dei 'reggenti' dislocati sul territorio. Corso Calatafimi: Filippo Annatelli; Rocca Mezzomonreale: Pietro Badagliacca; San Lorenzo: Girolamo Biondino; Torretta: Vincenzo Brusca e Calogero Caruso; Borgo Molara: Giuseppe Cappello; Partanna Mondello: Salvatore Davì; Carini: Vincenzo Pipitone e Antonino Di Maggio; Acquasanta: Antonino Pipitone e Vincenzo Di Maio; Porta Nuova: Salvatore Gioeli; Altarello: Rosario Inzerillo; Pagliarelli: Michele Oliveti; Palermo Centro: Salvatore Pispicia; Uditore: Gaetano Sansone. Un ruolo direttivo intermedio è riconosciuto ai mandamenti di Boccadifalco, ai fratelli Vincenzo e Giovanni Marcianò; alla Noce, dove comanda Pierino Di Napoli, a Brancaccio, guidato da Giuseppe Savoca e a Porta Nuova, il cui leader è Nicola Ingarao.

(20 giugno 2006)
LA REPUBBLICA EDIZIONE ONLINE


Dai «pizzini» di Provenzano scoperti nuovi nomi di boss
Mafia: 52 arresti per evitare guerra tra clan
Grasso: «Duro colpo a Cosa Nostra. Dalle indagini sono emersi rapporti tra Cosa Nostra e mondo della politica»
 
PALERMO - «Un duro colpo per Cosa Nostra». Così ha definito il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso l'operazione »Gotha», che ha portato a 52 mandati di arresto (45 eseguiti) su ordine dei magistrati di Palermo. È stato infatti disposto il fermo dei componenti delle cosche che da anni sono al vertice delle famiglie mafiose di alcuni mandamenti di Palermo. Sono accusati di associazione mafiosa ed estorsione. Dall'indagine emerge la nuova mappa della mafia palermitana. Gli arresti hanno «decapitato gli attuali capi di Cosa nostra» che erano in contatto con Bernardo Provenzano. I boss progettavano attentati e omicidi e ordinavano estorsioni a imprese e grandi attività commerciali. L'inchiesta ha portato a decrittare i «pizzini» trovati nel covo di Provenzano dopo il suo arresto e scoprire l'identità di alcuni favoreggiatori i cui nomi erano nascosti da numeri e, senza l'utilizzo di alcun «pentito», si basa in gran parte su intercettazioni effettuate per due anni in un box in lamiera in cui si svolgevano i vertici dei capimafia nella periferia di Palermo.
Tra gli arrestati, spicca il nome di Antonino Rotolo, ritenuto il capo del mandamento mafioso di Pagliarelli: nel 1985 era stato arrestato assieme a Pippo Calò, il «cassiere della mafia» a Roma. In manette anche il medico Antonio Cinà, che negli anni Novanta era stato già indagato ed era indicato come il medico di fiducia di Totò Riina.
I protagonisti di quella che poteva trasformarsi in una nuova faida erano i due gruppi facenti capo al latitante Salvatore Lo Piccolo e ai «perdenti» della seconda guerra di mafia degli anni Ottanta, e ad Antonino Rotolo, due boss in lotta già prima dell'arresto di Provenzano per stabilire chi dei due dovesse succedere al capo dei capi di Cosa Nostra.
GRASSO: «DURO COLPO A COSA NOSTRA» - «Grazie alle tecnologie più avanzate è stato possibile acquisire un numero impressionante di conversazioni ambientali che, per il livello degli interlocutori e per gli argomenti trattati, ha pochi precedenti», ha commentato Grasso l'esito dell'operazione. «L'indagine conferma ancora il ruolo di vertice di Provenzano, punto di riferimento e di equilibrio in una situazione sempre pronta a esplodere». Il procuratore antimafia sottolinea che «sono stati arrestati i reggenti di tredici famiglie mafiose e di sei mandamenti. Questi capi sono stati in passato quasi tutti condannati e hanno già scontato la pena. Sono però ritornati a delinquere, prendendo in mano le redini delle cosche».

RAPPORTI CON POLITICI - Secondo Grasso dalle indagini sono emersi anche rapporti tra boss e politici «che si concretizzano in una strategia diretta non solo ad appoggiare alle elezioni candidati di assoluta fiducia, ma a inserire in lista persone legate ai boss da vincoli di parentela o da rapporti diretti».
20 giugno 2006
CORRIERE DELLA SERA ONLINE

 

Presa la triade di Provenzano
Grasso: «Mafia in ginocchio»

«Possiamo affermare che l'organizzazione mafiosa, in questo momento, è in ginocchio». Il Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso non nasconde la soddisfazione dopo il maxiblitz di polizia che ha portato a 45 arresti nella notte fra lunedì e martedì, disarticolando il vertice mafioso a Palermo. Un´operazione che nasce dallo studio dei "pizzini" di Bernardo Provenzano e che ha portato alla cattura della "triade" che controllava Palermo per conto del capo di Cosa Nostra. «Senza l'apporto di collaboratori di giustizia - spiega il questore di Palermo Giuseppe Caruso - la Squadra mobile è riuscita ad inquadrare i nuovi assetti di Cosa nostra. Abbiamo ricostruito una situazione aggiornata delle strutture di mafia, dei suoi equilibri interni e delle risorse economiche alle quali sono interessati i componenti di vertice dei vari mandamenti smantellati».


La "triade" di Provenzano
I tre "vice" di Provenzano sono Antonino Rotolo, 60 anni, sanguinario capo del mandamento di Pigliarelli e protagonista delle guerre di mafia negli anni ´80, Antonino Cinà, 61 anni, medico personale di Totò Riina e Francesco Bonura, 64 anni. Spettava a loro tenere i rapporti tra i mandamenti locali e il boss latitante nelle campagne di Corleone. Secondo i magistrati, i tre di nell´assenza, all´interno dell´attuale struttura della mafia, di «un organismo collegiale deputato ad assumere decisioni di particolare importanza o di valenza generale», svolgevano una funzione quasi «commissariale», spartendosi il controllo del territorio e i compiti di sottocomando. Provenzano, infatti, fino al giorno della cattura, ha tenuto per sé «una posizione sostanzialmente sovraordinata e, comunque, il ruolo di punto di riferimento essenziale e necessario per tutte le questioni di interesse generale e, spesso, anche per quelle di più minuta valenza».


Il rischio di una "guerra di mafia"
Nell'operazione "Gotha" sono stati impegnati più di 500 poliziotti che si sono avvalsi anche di unità cinofile e di elicotteri. Gli arrestati rispondono del reato di associazione per delinquere di stampo mafioso pluriaggravata e di una impressionante serie di estorsioni a danno di imprese commerciali ed industriali siciliane. La maxiretata è stata accelerata per evitare il rischio che due fazioni di Cosa nostra potessero dare corso ad una vera e propria guerra di mafia i cui segnali sono stati registrati, a più riprese, nel corso delle indagini. Una delle principali ragioni di frizione all'interno della organizzazione mafiosa è risultata essere il rientro in Italia di alcuni esponenti della famiglia Inzerillo, decimata dai corleonesi nel corso dei conflitti armati interni alla mafia negli anni '80 ed esiliata negli Usa.


La mappa organizzativa di Cosa Nostra
Nel corso dell'attività investigativa è stata ricostruita una vera e propria mappa della struttura mafiosa. Gli investigatori, grazie all'utilizzo di intercettazioni, sono riusciti a scoprire la rete di comunicazioni tessuta intorno a Provenzano sino all'arresto del boss ricostruendo una aggiornatissima situazione dell´organizzazione interna di «Cosa nostra». Merito in particolare della decifrazione di autori e destinatari dei «pizzini» criptati con l'indicazione di codici numerici ritrovati, in occasione dell´arresto, nel covo di Provenzano.

Sono 16, secondo la Direzione distrettuale antimafia i capimafia individuati dall'inchiesta ella polizia coordinata dai pm del pool guidato da Giuseppe Pignatone. Secondo gli inquirenti, a capo della famiglia di Corso Calatafimi c'era Filippo Annatelli; a Rocca Mezzo Monreale, Pietro Badagliacca; a San Lorenzo, Girolamo Biondino; Torretta, Vincenzo Brusca e Calogero Caruso; Borgo Molara, Giuseppe Cappello; Partanna Mondello, Salvatore Davì; Carini, Vincenzo Pipitone e Antonino Di Maggio; Acquasanta, Antonino Pipitone e Vincenzo Di Maio; Porta Nuova, Salvatore Gioeli; Altarello, Rosario Inzerillo; Pagliarelli, Michele Oliveri; Palermo Centro, Salvatore Pispicia; Uditore, Gaetano Sansone. Per tutti è stato emesso un provvedimento di fermo da parte della procura. Gli investigatori hanno identificato anche coloro che, di fatto, hanno svolto e in alcuni casi svolgono, un ruolo direttivo: per il mandamento di Boccadifalco Vincenzo e Giovanni Marcianò; alla Noce, Pietro Di Napoli; a Brancaccio, Giuseppe Savoca; a Porta Nuova, Nicolò Ingarao.
UNITA ONLINE  20 GIUGNO 2006

 

20 GIUGNO 2006 - Palermo, 11:42
MAFIA: "GOTHA", I BOSS PARLAVANO DI POLITICA E POLITICI

"Al 99 per cento il nostro orientamento e' per l'Udc". Cosi', in una conversazione del 21 giugno 2005 con Pierino Di Napoli, capo del mandamento della Noce-Malaspina, il boss Nino Rotolo avrebbe espresso le preferenze elettorali di Cosa Nostra. Ma la strategia politica dell'organizzazione sarebbe stata dettata dal dottore Antonino Cina', sempre in accordo con Rotolo, capomandamento di Pagliarelli. I due, con Francesco Bonura, sono indicati come componenti della "triade" che stava dietro Bernardo Provenzano. Dagli atti del fermo disposto dai magistrati di Palermo emergono anche altri rapporti politici. "Eventualmente parlane con Cina'", suggerisce Rotolo a Di Napoli, e continua: "Ne puoi parlare con me o con lui. Gli dici: 'Ho parlato con Nino e mi ha detto di farti l'accenno pure a te'. Gli spieghi che cosa hai tu in mano, tutta la situazione e gli dici: 'Nino mi ha detto che al novantanove per cento siete orientati con l'Udc, pero' dovete ancora decidere'". Al vaglio del pool investigativo della Dda e della Squadra Mobile c'e' poi la posizione di un deputato regionale di Forza Italia, Giovanni Mercadante, primario radiologo a Palermo, nipote del boss di Prizzi Masino Cannella, rieletto il 28 maggio scorso all'Ars. Secondo quanto risulta da una serie di investigazioni, il politico si sarebbe incontrato anche con Antonino Cina' e sarebbe stato interessato a sponsorizzare la candidatura nelle liste di Forza Italia al Consiglio comunale di Palermo, alle prossime elezioni, previste per il 2008, di Marcello Parisi, uno dei 45 fermati, figlio di un altro arrestato, Angelo Rosario Parisi, considerato molto vicino a Rotolo.
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