CORRIERE MERCANTILE - 13.06.2006

I retroscena dell’intrigo internazionale

Rifiuti tossici e sospetti,

il business dei poliziotti con l’amico medio-orientale

dal nostro inviato Andrea Ferro

Un alto dirigente di polizia si “preoccupa” della sicurezza di un capo di Stato africano minacciato dalla guerrigli. Un sottufficiale si trasforma in brillante uomo d’affari

 

Montecarlo - Un super-poliziotto che “ si preoccupa” della sicurezza di un capo di Stato africano mettendo a servizio la sua lunga esperienza. Un altro poliziotto, questa volta un sottufficiale, che gira il mondo sulla scia di interesse svariati e ramificati. Una rete di professionisti genovesi che si muovono sull’onda di questo business travolgente. E, soprattutto, un brillante imprenditore medio orientale di stanza in Riviera che di questa “compagnia” è il punto di riferimento. Fino a diventarlo anche per gli inquirenti. Si dice di lui: personaggio dalle amicizie altolocate, soprattutto all’estero, e tipo particolarmente generoso. Nel senso che dai suoi conti esteri arriva parecchio denaro destinato direttamente agli amici. Come pagamento di consulenze e talvolta, forse, solo a titolo di prestito.

Bisogna arrivare fin qui, nella terra dei principi, perché le indiscrezioni trapelati tra i “palazzi” all’ombra della Lanterna trovino conferma, si solidifichino.

Eccolo il filone genovese della maxi-inchiesta dei magistrati monegaschi su riciclaggio di denaro e traffico internazionale di rifiuti tossici di navi cariche di pattume contaminato intercettate nel Mediterraneo. E’ il tassello di un puzzle che si và componendo. Resta da capire lo”spessore” di questo spicchio e come sia destinato ad incastrarsi (o ad isolarsi) rispetto tutti gli altri. Sotto questo profilo il riservo è impenetrabile. Forse, un giorno, si capirà.

Nel frattempo galleggiano gli atti della rogatoria internazionale condotta tra il 2004 e il 2005 dalla Procura di Genova per conto dell’Autorità giudiziaria monegasca. Il fascicolo è stato affidato dal procuratore Francesco Lalla al sostituto Alberto Lari (e non al pm Enrico Zucca come trapelato in un primo tempo). Le indagini sono state condotte dal Nucleo di Polizia giudiziaria del Tribunale.

I POLIZIOTTI – Agli atti della rogatoria internazionale compaiono i nomi di due poliziotti: un alto dirigente ed un sottufficiale. Quest’ultimo in forza per lungo a tempo ad un ufficio di polizia giudiziaria della questura di via Diaz, è stato recentemente trasferito ad altra sede con mansioni “non operative”. Un movimento che in questura ha innescato una ridda di voci incontrollate e non qualche imbarazzo (gli attuali vertici di via Diaz risultano comunque estranei all’”affaire”). Perché il trasferimento è scattato solo dopo parecchi mesi dalla fine della rogatoria?
Nel frattempo invece l’alto dirigente è rimasto al suo posto, lontano da Genova. Per entrambi (come per tutte le altre persone finite agli atti della rogatoria) la Procura genovese non ha mai assunto alcun provvedimento. In sostanza i loro nomi non sarebbero mai comparsi sul registro degli indagati. Perché, come è stato spiegato in ambienti della Procura in seguito alla pubblicazione del primo articolo sull’”affaire” dei rifiuti tossici, nel corso degli accertamenti non sono emersi fatti tali da determinare l’apertura di un fascicolo “autonomo” o comunque riconducibili a reati commessi sul territorio nazionale.
LA CONSULENZA – Agli atti della rogatoria internazionale i due poliziotti risultano in contatto con l’imprenditore mediorientale al centro delle attenzioni della magistratura monegasca. Si frequentano, si scambiano informazioni. E collaborano con lui. Evidentemente non solo a titolo di amicizia. Consulenze, si dice. Ma di che tipo? Ed ecco la prima rivelazione monegasca. All’alto dirigente di polizia era stato chiesto di elaborare un progetto per la sicurezza di un capo di Stato africano nel mirino della guerriglia. Una consulenza, si direbbe, al di fuori dei compiti istituzionali del super-poliziotto. Gratis? Forse. Anche se il sospetto che la collaborazione sia stata “ben” pagata, c’è. Qualche settimana dopo infatti su un conto bancario direttamente riconducibile all’alto dirigente di polizia arrivano 58 mila euro. La cifra viene versata attraverso un bonifico disposto da un istituto di credito della Lettonia. Tracce di questo passaggio di denaro sono state rinvenute dai poliziotti della Sezione di polizia giudiziaria del Tribunale in una banca del centro. A rivelarne l’esistenza è un fax “svelato” dalle intercettazioni telefoniche scattate a partire dall’autunno 2004 sulle utenze dell’imprenditore mediorientale.
LE TRASFERTE – Più articolata la collaborazione del sottufficiale di polizia con l’imprenditore al centro della rogatoria. Risulta infatti che i contatti tra i due fossero piuttosto frequenti e improntati ad una certa “complicità”. Nelle conversazioni, intercettate dalla polizia giudiziaria, si parla di vari (e imprecisati) business, di trasferte in giro per l’Europa (e non solo), di amicizie comuni, di viaggi e contatti da stabilire e da mantenere. Un vero e proprio “secondo lavoro” che al poliziotto garantiva un tenore di vita decisamente brillante a fronte di uno stipendio medio di 1500 euro al mese.
IL MEDIORIENTALE – Ma chi è l’imprenditore mediorientale controllato per mesi dalla polizia giudiziaria del Tribunale su mandato della Procura di Montecarlo? Di cui si sa che è trapiantato da tempo in Liguria e risiede lungo la Riviera. L’esordio nel mondo degli affari risale ad una quindicina di anni fa. Partendo con una ditta di import-export con sede a Genova l’imprenditore inizia a tessere una fitta rete di amicizie internazionali sempre più ramificata e altolocata. Traffica di tutto. E tutto, si direbbe, alla luce del sole: minerali, prodotti alimentari, siderurgici, ortofrutticoli. Conduce operazioni immobiliari ed edilizie. In Svizzera. In Africa. E soprattutto in alcuni paesi dell’Est europeo dove il suo nome indice stima e rispetto. Ai giudici monegaschi, evidentemente, non fa lo stesso effetto. E così i magistrati impegnati nell’inchiesta sul riciclaggio e traffico di rifiuti tossici decidono di accertare la natura dei suoi business nella terra dei principi (e non solo) chiedendo la rogatoria che finisce per competenza territoriale sotto la gestione della Procura di Genova.
I poliziotti del Tribunale, incaricati dal Procuratore capo Francesco Lalla e dal sostituto p

Alberto Lari, intercettano per mesi l’imprenditore mediorientale come risulta agli atti poi inviati a Montecarlo. E non solo lui: una quindicina le utenze “monitorate” dalla polizia giudiziaria.
AMICI IMPORTANTI – Attraverso gli interlocutori telefonici viene ricostruita la cerchia degli amici, dei collaboratori, dei consulenti, dei “clienti”. A Genova sono parecchi e di svariate estrazioni. Oltre ai due poliziotti la cerchia comprende avvocati, commercialisti, imprenditori, gestori di locali pubblici, rappresentanti della pubblica amministrazione. Si incontrano, discutono, prendono parte a trattative, concludono affari. Verso alcuni di loro sono indirizzati i bonifici bancari partiti sempre da una banca della Lettonia (di cui risulta cliente l’imprenditore mediorientale) ed intercettati dai poliziotti del nucleo di PG in alcuni istituti di credito cittadini. Cifre significativa ma (almeno a quanto ci è dato di sapere) mai clamorose e comunque sempre transitate per vie dirette sui conti correnti bancari degli “amici”. Dell’”entourage” fanno parte anche un ex calciatore professionista e un noto ristorante della riviera di Levante interessati ad una serie di operazioni immobiliari.






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