IL SECOLO XIX – 24.06.2006

 

La Sentenza

Torrefazione e ristorante confiscati a 5 “cravattari”


Avevano organizzato un’attività di usura, pretendendo dalle vittime per i prestiti concessi tassi altissimi e, parallelamente avevano creato un attività lecita che consisteva nella realizzazione di imprese commerciali. La banda degli strozzini della Valpolcevera, come era stata chiamata, era stata incastrata dagli investigatori del Ros lo scorso gennaio. Ieri nel corso del processo che si è svolto con rito abbreviato, il giudice Silvia Carpanini ha condannato cinque perone per un totale di quasi 10 anni di reclusione: Cosimo Gorizia ha avuto una pena a 3 anni e mezzo di reclusione e 1.500 euro di multa (per usura ed estorsione); per il solo reato di usura è stato condannato Stefano Boragine a un anno e 2.500 euro di multa, Giuseppe Sofrà e Silvio Criscino a 2 anni e 4.000 euro di multa ciascuno e Giorgio Ghisu, sempre per il reato di usura, a un anno e mezzo di reclusione e 3.000 euro di multa. Boragine, Ghisu e Sofrà sono stati condannati anche al risarcimento dei danni patiti dalle parti civili, da liquidarsi in separato giudizio. Un sesto imputato, Giuseppe Gorizia, è stato assolto. Il Gip ha inoltre disposto la confisca, che scatterà solo se la sentenza sarà confermata in modo definitivo, dei beni di tre imputati di Sofrà, Ghisu e Criscino. Secondo l’accusa i prestiti erano concessi a tassi altissimi. A far scattare le indagini era stata la denuncia di un imprenditrice, da un debito iniziale di 19 mila euro, si era trovata a dover restituirne, in due anni, circa due milioni a causa di interessi elevati sino al 350% l’anno. Il pm Andrea Canciani aveva chiesto sei anni per Cosimo Gorizia, tre anni per il fratello Giuseppe Gorizia (entrambi difesi dall’avv. Pietro Bogliolo), quattro anni e quattro mesi per Silvio Criscino (difesi da Francesco Valentino e Alessandro Sola) e per Giuseppe Sofrà (difeso da Andrea Vernazza), quattro anni per Stefano Boragine (difeso da Giuseppe Gallo), e per Giuorgio Ghisu (difeso da Raffaella Multedo).

Altri due imputati, Luigo Rebolini e Domenico Magnioli, saranno processati con rito ordinario. Il pm aveva chiesto per tutti il sequestro preventivo e la confisca di immobili e attività commerciali oltre al denaro già a suo tempo sequestrato per 175.000 euro.

L’imprenditrice che ha innescato insieme al fratello, si era recata dai Carabinieri; i due avevano raccontato di essere stati costretti a vendere diversi beni mobili e immobili per far fronte alle pretese degli usurai. I fatti erano successi tra il 2002 e l’inizio del 2005. Durante le indagini gli investigatori del Ros avevano messo a punto un dossier molto circostanziato dal quale risultavano appartamenti acquistati con il crimine e usati a garanzia di mutui e prestiti, questa volta legali, ottenuti dalle banche per alimentare attività ufficiali: tra queste un’azienda di torrefazione, un bar, un ristorante, un negozio di abbigliamento.
Elisabetta Vassallo



CORRIERE MERCANTILE 27 maggio 2006

Processo, le richieste dell’accusa
USURA, SEQUESTRI E CONFISCHE

Chiesti i sigilli per una torrefazione, un ristorante, una latteria, un bar ed una boutique

Il pm Andrea Canciani ha quantificato le condanne da un minimo di tre anni a un massimo di sei anni di reclusione. Per altri due imputati ha proposto invece il rinvio a giudizio.

Pesanti richieste di sequestro di immobili e attività commerciali oltre alla confisca del denaro già a suo tempo sequestrato per un ammontare di 175 mila euro al processo dove sei imputati sono accusati a vario titolo di usura ed estorsione.

Le richieste di condanna e di sequestro sono state avanzate ieri mattina da pubblico ministero Andrea Canciani al processo con rito abbreviato che si svolge davanti al Gup Silvia Carpanini.
Il pm ha quantificato le condanne da un minimo di tre anni ad un massimo di sei anni di reclusione. Per altri due imputati a proposto invece il rinvio a giudizio. Sono Luigi Rebolini, accusato di usura ed estorsione e Domenico Magnoli che deve rispondere solo di usura.
Per le sei persone che hanno scelto il rito abbreviato Canciani ha chiesto: per Cosimo Gorizia 6 anni (l’accusa è di usura ed estorsione): per il fratello Giuseppe Gorizia, accusato solo di usura 3 anni, entrambi difesi dall’avvocato Bugliolo; per Stefano Boragine 4 anni (avvocato Gallo); per l’amico Silvio Criscino 4 anni e 4 mesi (avvocati Sola e Valentino); per Giuseppe Sofrà 4 anni e 4 mesi (avvocato Vernazza). Infine per Giorgio Ghisu il pm ha chiesto 4 anni di reclusione (avvocato Multedo). Gli ultimi quattro imputati sono accusati di entrambi i reati.
Gli esercizi commerciali degli imputati per i quali il pm ha chiesto il sequestro preventivo e la confisca (quest’ultima scatta solo quando esiste una sentenza definitiva) sono una torrefazione, un’impresa di ristorazione, una latteria, un bar e un negozio di abbigliamento.
Era stata la denuncia di un’imprenditrice genovese, vittima di usurai, a far scattare l’operazione dei Carabinieri del Ros e del Comando Provinciale che portò agli arresti degli imputati. Da un debito iniziale di 19.000 euro l’imprenditrice si era trovata a dover restituire, in due anni, circa due milioni di euro a causa degli interessi composti fino al 350% l’anno. L’imprenditrice, impaurita dalle continue minacce ed estorsioni, insieme al fratello si recò dai Carabinieri; i due raccontarono di essere stati costretti a vendere diversi beni mobili e immobili per far fronte alle pretese degli usurai. I fatti sono compresi fra il 2002 e l’inizio del 2005.



IL SECOLO XIX – 27 maggio 2006

 

IL PROCESSO – La richiesta contro otto imputati, accusati di avere investito in diverse attività con i proventi dello strozzinaggio in Valpolcevera

 “Sequestrare tutti i beni degli usurai”


Il piemme chiede la confisca di negozi, bar e ristoranti degli imputati: sigilli in attesa della sentenza definitiva


Pagheranno con le imprese che hanno messo in piedi negli anni, grazie agli interessi a usura imposti alle proprie vittime. Pagheranno con le case comprate con il crimine e usate a garanzia di mutui e prestiti, questa volta legali, ottenuti dalle banche per alimentare attività ufficiali: un’azienda di torrefazione, un bar, un ristorante, un negozio di abbigliamento. Se la richiesta del pubblico ministero Andrea Canciani sarà accolta dal giudice per l’udienza preliminare Silvia Carpanini, la banda degli strozzini della Valpolcevera, incastrata dai carabinieri del Ros a gennaio, si vedrà sequestrate case e attività commerciali, congelati i conti correnti. E se i tre gradi di giudizio porteranno a una condanna definitiva, dai sigilli si passerà alla confisca.
E’ la svolta alla quale si è arrivati ieri nell’udienza decisiva di fronte al gup. Il pubblico ministero, al momento di avanzare la sua proposta di condanna, ha estratto un dossier fresco di stampa, realizzato dagli investigatori del Raggruppamento operazioni speciali coordinati dal tenente colonnello Sandro Sandulli. Uno studio approfondito e dettagliato sul giro di affari legali, si potrebbe dire di ‘copertura’, che fanno capo agli otto indagati e ai familiari più stretti. Secondo l’accusa in queste imprese sono confluiti tra il 2002 e il 2005 gli euro sporchi, pretesi con la minaccia delle vittime dell’usura. Secondo la difesa sarebbero aziende di famiglia, messe in piedi con il sacrificio e completamente slegate da ogni ipotesi di reato.
Se sequestro ci sarà, il giudice nominerà un amministratore e negozi, bar, ristoranti, aziende continueranno a lavorare senza produrre profitti per i titolari: il tutto sarà congelato in attesa di una sentenza definitiva, pronto per essere restituito in caso di assoluzione, o usato come consentito dalla legge in caso di condanna.
Il pm Canciani ha chiesto il rinvio a giudizio per Domenico Magnoli, (assistito dall’avvocato Emanuele Lamberti) accusato di usura; e Luigi Rebolini (avvocato Stefano Savi), accusato anche di estorsione. Queste le richieste per gli altri imputati, a vario titolo per usura ed estorsione: Cosimo Gorizia, 6 anni; Giuseppe Gorizia, 3 anni (solo usura) entrambi difesi dall’avvocato Pietro Bugliolo; Silvio Criscino e Giuseppe Sofrà (legali Alessandro Sola, Francesco Valentino e Andrea Vernazza) entrambi 4 anni e 4 mesi; Giorgio Ghisu, 4 anni (legale Raffaella Multedo); e Stefano Boragine, 4 anni, (affiancato dall’avvocato Giuseppe Gallo). Per quest’ultimo non sono stati chiesti sequestri preventivi, essendo stato dimostrato, da un’indagine difensiva, che l’attribuzione alla fidanzata di Boragine di sette case è stato frutto di un errore anagrafico.
Il pm ha chiesto il sequestro e la successiva confisca di un’azienda di torrefazione, un bar, una latteria, un ristorante, di una decina di immobili e di 175 mila euro contenuti nei conti correnti a suo tempo sequestrati.
Il presupposto del provvedimento patrimoniale preventivo richiesto è che il valore delle attività risulta essere talmente sproporzionato al reddito dichiarato dagli imputati e dai rispettivi familiari, da far sospettare rappresenti il reinvestimento di denari incassati illecitamente.
Vittima degli usurai e prima accusatrice è un’imprenditrice della Valpolcevera, affiancata dall’avvocato Riccardo Caramello. A lei sono già stati riconosciuti come risarcimento extragiudiziale dei danni morali 12 mila euro da Criscino, 10 mila da Cosimo Gorizia, e da Sofrà le ultime due rate (8 mila euro) di una Mercedes, acquistata e per tre quarti già pagata.
Graziano Cetara






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