24.06.2007 POLITICA&AFFARI ( 6° parte )
Le Logge coperte e l’oligarchia del Potere,
un filo che lega Calabria e Liguria.
di C.Abbondanza e S.Castiglion

Il detto dice che sbagliando si impara. Qui, in questo nostro “dannato” Paese gli unici che hanno imparato, sono l’oligarchia del Potere. Il Paese, cioè i cittadini, no. Hanno imparato dagli errori commessi che hanno permesso, alcune volte, di porli in discussione e sono migliorati, si sono fatti più sottili e furbi, nel commettere scelte arbitrarie ed ingiuste, procurando danni al Paese e vantaggio proprio e dei propri “amici”. Hanno modificato le leggi e orchestrato campagne medianiche fuorvianti. Hanno imparato bene la lezione ed oggi, ogni qualvolta, vengano scoperti loschi affari (a volte, sempre più spesso, penalmente rilevanti, e comunque sempre moralmente inaccettabili) gridano al complotto, alle ingerenze della Magistratura, alle pubblicazioni delle Intercettazioni che violano la loro privacy. E’ un coro unanime, da destra a sinistra – passante per il centro -. L’oligarchia politico-affaristica che domina in Italia è solidale con ogni suo componente. Certo salvaguardia le “bandiere” di parte davanti al popolo, urlante e minacciosa, a volte, sul palcoscenico mediatico e di piazza. Nelle stanze del Potere invece è pronta al compromesso, è distratta e disattenta. Nessuno vota mai provvedimenti effettivamente liberali, perché insopportabili ad ogni parte dell’oligarchia stessa. Ma oggi scopriamo, finalmente, che vi è di più. Che vi sono cabine di regia, sedi di decisione e spartizione ben precise, consociative. Commistioni di politica e affari, ma anche mafia e pezzi di quei settori che dovrebbero garantire i controlli di legalità. Lo scopriamo, naturalmente, perché è la magistratura che ha scoperto il “gioco”, mosso, trasversalmente, a danno dei cittadini e dello Stato stesso. Si chiama massoneria deviata.

Certo, è vero che Garibaldi, Mazzini, Mameli, ad esempio, fossero massoni. Ma in allora il contesto sociale e politico, lo stesso ordinamento del Paese, e le ragioni stesse delle confraternite massoniche, erano profondamente, radicalmente diverse. Il fatto stesso che si usino questi simboli dimostra il tentativo di mascherare ciò che oggi è, nel nuovo ordinamento dello Stato susseguito alla Liberazione ed alla Costituente, l’ordine massonico. Lo spirito di fratellanza, di mutuo sostegno, è certamente richiamato e voluto dai molti degli aderenti, ma travisato e usato, mortificato e piegato da altri “liberi muratori”, quelli più influenti. Inoltre se prima aveva un senso logico, con fine democratico-repubblicano, ai tempi dei Garibaldi e dei Mazzini, per garantire impegno civile e lotte di liberazione nel Paese, possibili solo in “clandestinità”, oggi i mutui accordi e patti massonici, riservati e segreti, vanno a confliggere con le regole fondamentali della trasparenza e libera azione dei cittadini in uno Stato democratico.

Le recenti indagini delle Procure di Potenza e Catanzaro, dimostrano che in Italia, protette – di fatto – dagli Ordini ufficiali, esistono Logge coperte. Il sipario si apre, sembra, dunque su questo pezzo di Paese, dove le oligarchie dominanti decidono, alla faccia delle Istituzioni democratiche. In questi pezzi di massoneria (non estranei agli Ordini cosiddetti regolari) establishment politico-istituzionale (dal locale al nazionale), uomini dello Stato (dai militari ai magistrati, dagli agenti dei servizi ai funzionari), uomini di mafia, affaristi e faccendieri, uomini della finanza (dalle banche alle grandi imprese), si accordano e definiscono scelte che non compete loro compiere. Sottraggono, quindi, non solo la trasparente decisione alle Istituzioni democratiche come sancito dalla Costituzione per la salvaguardia dell’interesse generale, ma stringono patti scellerati con criminalità mafiosa e finanziaria, distraggono risorse pubbliche (da quelle comunali a quelle nazionali ed europee). Annullano le regole primarie della libera concorrenza del mercato. Inquinano la vita, quindi, di ciascuno di noi, sia del cittadino che subisce scelte corrotte, sia dell’impresa libera, pulita ed onesta. Condizionano nomine negli Enti pubblici, come la Sanità o le società miste a controllo pubblico, basate sull’interesse e la contro-partita e non sulla professionalità e utilità per il bene comune degli utenti (cioè tutti noi). Condizionano gli investimenti delle risorse pubbliche su opere che servono, nuovamente, non al bene comune, bensì all’interesse di pochi. Piegano le regole, come i Piani commerciali, i Piani Urbanistici Comunali, le grandi scelte di pianificazione urbanistica, economica e commerciale, all’interesse del confratello massone ed a danno, di nuovo, dell’utilità e del bisogno sociale, del mercato e dell’ambiente. Annientano la possibilità di opposizione civile, di contrasto democratico, della società civile come delle Istituzioni elettive.

Ecco, dunque che il passato ritorna. La P 2 di Licio Gelli non è morta, si è evoluta, raffinata. Il “Piano di rinascita democratica” (sic!) alla base di quella struttura eversiva, è stato praticamente, tutto, attuato. Dai Governi di centro-sinistra e dai governi di centro-destra, in un patto scellerato che aveva raggiunto persino forma palesemente concreta nella Commissione Bicamerale presieduta da Massimo D’Alema. La P 2 minava alla radice le regole dello Stato di Diritto, fu scoperta grazie all’azione della magistratura, condannata e sciolta. Quella inquietante esperienza permise al Parlamento di dotare il nostro ordinamento di una legge importante, la Legge Anselmi. Oggi apprendiamo ufficialmente ciò che sapevamo, odoravamo nell’aria dei gesti e delle scelte da lungo tempo. Oggi sappiamo che la Massoneria ha di nuovo concesso e protetto, nel suo alveo custodito da riservatezza, Logge coperte, cioè illegali.

Ecco dunque che, di nuovo tornano alla luce molti dei lati più oscuri del passato recente del nostro Paese. Da Gladio al Piano Solo, dal Golpe Borghese, dalla “Santa” alla trattativa con Cosa Nostra, dall’intreccio di massoneria con faccendieri, mafia, politica e Opus Dei. Ci si riporta a quel cadavere appeso impiccato sotto il Ponte dei Frati Neri a Londra, epilogo del primo crack bancario italiano. l’Ambrosiano. Ci rammenta che mentre uomini dello Stato e cittadini liberi cadevano sotto i colpi del terrorismo e della mafia, vi erano pezzi dello Stato, contigui e pienamente inseriti nella massoneria deviata, che trattavano e operano in concorso con Cosa Nostra e ‘Ndrangheta, nel fine di un radicale mutamento-tradimento dell’ordinamento democratico del Paese. Di nuovo oggi. Certamente con maggiore accortezza (hanno imparato dagli errori, loro!).

E’ un settore difficile da indagare. La rete di protezione che avvolge le logge massoniche è potente. La riservatezza cui la Massoneria ufficiale tiene a salvaguardare è la fondamentale protezione delle deviazioni e degenerazioni che in essa si compiono. Ma qualcosa, un varco, si apre. Solo la Magistratura può fare luce su questi intrecci eversivi e illegali. L’oligarchia del Potere certamente non muoverà dito, anzi griderà allo scandalo, accusando, nuovamente, di ingerenza la Magistratura e di violazione della privacy e complotto quei pochi giornalisti che osino parlarne.

Forse si avvicina il momento in cui quell’impermeabilità crolli. E’ interesse comune dei cittadini, della buona amministrazione, del buon governo, che vengano alla luce i legami che uniscono i responsabili pubblici (dei governi locali e nazionali), i funzionari pubblici (degli Enti locali, regionali e ministeriali), gli agenti e funzionari delle autorità di controllo, con pezzi dei reparti investigativi, repressivi e giudiziari con affaristi, faccendieri, imprenditori potenti e uomini delle cosche mafiose. Questi legami sono, infatti, dietro a scelte amministrative, alla gestione di fondi ed aree, alle speculazioni edilizie, alle violenze contro l’ambiente e la natura. E’ in questo intreccio di interessi illeciti che viene annullata ogni possibilità di opposizione e controllo da parte dei cittadini e di quanti nelle assemblee elettive, vogliono correttezza, chiarezza, equità e giustizia nelle scelte.

Facciamo due esempi. Che ripercorrono un passato recente e ci mostrano un presente ancora viziato, piegato alla massoneria deviata. Guardiamo alla Calabria ed alla Liguria, unite da un filo quasi invisibile, ma forte e duraturo nel tempo, quanto pericoloso.

Siamo negli anni dell’eversione nera, del tentato colpo di stato di Borghese e della marcia dei “Boia chi molla” a Reggio Calabria. Abbiamo la Liguria protagonista con pezzi di massoneria deviata, la Rosa dei Venti nel levante genovese e cabine di regia nel ponente ligure. Abbiamo in Calabria la “Santa”, alleanza massonica della ‘ndrangheta. Abbiamo non solo connivenze ma contiguità e collaborazione tra pezzi dello Stato, gruppi eversivi e mafia. (proprio come ritroveremo costantemente sino ai giorni nostri per Cosa Nostra)
Quel tentativo eversivo fu certamente bloccato, ma non furono bloccati quegli strumenti di incontro, decisione e regia comune. Non furono bloccati gli uomini coinvolti, che anzi sono stati via via resuscitati ed hanno saputo tessere reti fitte con i poteri legali, finanziari e mafiosi.

Quel vecchio legame ha permesso che in Liguria si sia radicata fortemente con “locali” (sedi di decisione e coordinamento) diffusi, da ponente a levante, la ‘ndrangheta. Ha permesso che questa potesse entrare nel mondo degli appalti pubblici, che promuovesse un lento ma progressivo controllo del territorio. Che inquinasse ampi settori dell’economia, non solo con il racket, l’usura e l’estorsione, ma con ingenti risorse da riciclare in attività economiche e imprese apparentemente legali. Che investisse nel mattone, come anche Cosa Nostra, e che controllasse, quasi totalmente, settori come quelli delle bonifiche ambientali, delle demolizioni e del movimento terra. Ma anche che promuovesse il business, spartito con i casalesi della Camorra, dei rifiuti. Tutto questo ha potuto e può svolgersi solo in incontri, con trattative, con accordo tra interessi, di chi gestisce il Potere, con faccendieri della finanza, uomini delle cosche e soggetti preposti ai controlli di legalità. Esempi pratici? Le speculazioni edilizie. Sì, proprio come quelle che si stanno abbattendo (con convergenza politica dei due Claudio, Burlando il dalemiano e Scajola il berlusconiano) su tutta la Liguria ed in particolare nel Ponente. Speculazioni con progetti falsificati nelle volumetrie, con deturpamenti ambientali lapalissiani, che non trovano il minimo contrasto negli uffici tecnici preposti al controllo ed alle verifiche. Altri esempi? La partita delle cave e quella delle bonifiche, dove è evidente l’infiltrazione mafiosa, ma sono omessi i controlli, quando non addirittura non sono piegati ad assecondare e coprire illegalità palesi e disastri ambientali estremamente pericolosi, come ad esempio sulla Stoppani di Cogoleto o, risalendo nell’entroterra, a Busalla con le raffinerie. Se vi fossero i controlli ciò non potrebbe avvenire, l’inquinamento sarebbe evitato, ma invece tutto viene, orchestralmente, coperto e permesso. Il mega progetto edilizio della Coop in Valpolcevera a Pontedecimo-San Biagio, anche questo, come buona parte delle altre speculazioni di nuova generazione dell’Architteto Vittorio Grattarola, vicinissimo da sempre a Burlando, ha visto una bonifica delle ex raffinerie di Garrone (Erg) falsa, risolta con una colata di cemento per “bloccare” l’arsenico alle fondamenta.
Ma questa è una regione di confine, di raccordo facile e rapido con il Principato transalpino, dove ha la sua banca il nipotino di Licio Gelli e dove le logge coperte si possono riunire tranquillamente, quando non gli bastano “alti” salotti protetti nostrani. Qui Vittorio Emanuele ha ancora contatti sicuri, ove può recarsi ospite di uomini, sempre ben collocati nella terra di Montecarlo. Questa è la terra che ha visto protagonista il Cardinale Siri. Siamo nella terra dove uno dei protagonisti della P2, di quel PSI figlio dell’intreccio spregiudicato affaristico-mafioso, Alberto Teardo, presidente della Regione Liguria fu arrestato per associazione a delinquere, e condannato. E siamo quella regione dove uomini vicini a Teardo e a quell’ambiente sono stati promossi. Giuseppe Pericu, ex consulente di Teardo, ma anche di Ligato e Necci, o Michele Fossa ex assessore alla sanità di quella giunta regionale teardiana e poi responsabile ponente dei Ds ed ora alla guida di una delle società create proprio dalla Giunta Comunale di Pericu. Due esempi, su tutti.
Ma poi abbiamo il savonese, dove uomini della massoneria, di recente nomina in strutture pubbliche, “invitano” chi si oppone alle ondate di cemento a tacere, perché “è meglio”. Quel savonese dove sono arrivati con Fiorani i soldi della mafia russa per le speculazioni edilizie che si spingono sino ad Imperia. Speculazioni che hanno visto sotto minaccia progettisti seri e onesti che non si piegavano al gioco delle truffe e che si sono permessi di ostacolare uno dei progetti di cemento che avevano visto recarsi con Fiorani, a Imperia, per il nuovo Porto, anche Scajola e Caltagirone. Speculazioni, procedure e procedimenti amministrativi viziati ma su cui le autorità preposte, dai Comuni alla Regione di Burlando, tacciono ed assecondano.
Siamo in quella terra dove sono arrivati i maggiori fondi delle partecipazioni statali (sì, non era al sud, ma qui!) e dove i fondi per le riconversioni industriali, le bonifiche e la nuova edificazione sono arrivati a palate nella Valpolcevera e, ora, nel Ponente. Territori dove è maggiormente infiltrata e radicata la presenza e attività mafiosa che coincidono perfettamente, guarda caso, con i punti di maggiore consenso elettorale alla classe dirigente “rossa”. Nel ponente di Scajola, invece al rosso, si sostituisce l’azzurro.
Uno spaccato, eccolo, di vecchie gestioni consociative e patti scellerati, compiuti e consumati altrove rispetto alle sedi pubbliche uniche, legittimamente, titolate a decidere di territorio, strutture e fondi. Ecco che la possibilità di adesione di uomini della Pubblica Amministrazione, come degli enti di controllo, alla massoneria, sede riservata e chiusa, permette commistioni pericolose che scivolano nella segretezza di schegge deviate dove si decide realmente ciò che poi viene ratificato, a proforma, nelle sedi pubbliche.
E’ in Liguria che avvengono strane morti, o meglio strani omicidi. Coincidenze che dovrebbero far pensare e che invece nessuno nota (forse). Prendiamo di nuovo il savonese terra di origine di Teardo e dove, ai tempi della sua ascesa vi furono i fatti più cruenti e dove le mafie hanno rilevanti interessi, dove, inoltre vi è la presenza, ai domiciliari di Carmelo Gullace, uomo di punta del clan Gullace-Raso-Albanese (qui in Liguria legato ai Mamone) e originario (e ben collegato) alla Piana di Gioia Tauro. Qui abbiamo l’ex Questore Molinari, ex piduista, che viene ucciso dal suo cuoco con decine di coltellate. Qui abbiamo anche l’ex Commissario al casinò di Sanremo ed ex Prefetto della città, Macrì, sicuramente a conoscenza dell’avvio della nuova ondata di cemento, che muore per un incidente stradale anomalo ed il cui corpo non viene sottoposto ad autopsia. Siamo anche nel territorio da cui proviene come ex comandante, il colonnello dei Carabinieri, Coppola recentemente arrestato per gravissimi reati e minacce. Siamo nella regione di Donato Bilancia, condannato per molteplici omicidi, da solo, ma che certamente era contiguo ad ambienti mafiosi, quale assiduo frequentatore di bische clandestine, e che vide la sua prima vittima ritrovata in un piazzale di una delle Imprese che è protagonista delle cementificazioni savonesi. Siamo nella regione dove la commistione politica & affari non è seconda a nessuna. Tra le società di diretta emanazione del pds/ds, a quelle cooperative rosse monopolistiche, alle imprese degli “amici” di Burlando & D’Alema che si congiungono da un lato alle società di Vittorio Casale, immobiliarista legato, a doppia mandata, a Consorte e Unipol e coinvolto nelle scalate dei “furbetti” e, dall’altro, a Capitalia di Cesare Geronzi e “don” Salvatore Ligresti, ed in una miriade di Bingo dove trovano “casa” le famose macchinette mangiasoldi al centro del rapporto della Guardia di Finanza pubblicata da Il Secolo XIX che vede la mafia, nuovamente, protagonista. Siamo nella regione dove è eterna “l’alleanza” per il controllo e la gestione della Banca Carige di Berneschi, al centro dell’inchiesta di Sole 24 Ore e Corriere della Sera. Dove aree strategiche vengono "conquistate" alla società di un capogruppo di maggioranza (Spinelli, socialisti) in Comune con Pericu e questi le rivende poi maggiorate agli Enti Locali per un folle progetto di insediamento residenziale e hi-tech. Siamo nella regione che ha consegnato il più grande porto turistico del Mediterraneo ad un faccendiere tirato in ballo dalle Autorità per l'affondamento del Jolly Rosso, ma anche per traffici di armi, di rifiuti speciali tossici ed anche per l'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin
, Jack Roc Mazreku. E siamo nella regione di Pitelli, a La Spezia, discarica illegale dove finirono rifiuti speciali altamente tossici, con amministratori pubblici locali e regionali, insieme a cosidetti "professionisti", condannati in primo grado e poi graziati dalla prescrizione. Siamo nella terra dove ex condannati, inquisiti ed arrestati, prescritti o graziati per Tangentopoli arrivano ai vertici di Enti pubblici e società partecipate, o di società concessionarie, come, su tutti, Sergio Noce della vecchia Dalmine. Tutto questo nella partita di giro dei finanziamenti statali ed europei. Dove viene costruito, da Coopsette, un quartiere commercial-residenziale a Fiumara con i soldi pubblici per essere poi ceduto a prezzo di mercato ad una società tedesca. Esempi, schegge, come quella di Renato Zunino, ex sindaco di Celle Ligure, decaduto per l’intervento della magistratura, nel 1992, a seguito degli abusi edilizi da questo autorizzati, vicinissimo ad Unipol, legato al mondo della LegaCoop, quindi promosso responsabile organizzativo dei Ds savonesi, membro del Comitato Politico regionale dei Ds liguri e presidente di una cooperativa aderente al Consorzio per la “valorizzazione turistica” del savonese (sic!). Dove l’ex responsabile della Ilva di Cornigliano, ai tempi ancora delle partecipazioni statali, Alberto Ghio è stato assolto per tangenti pagante in lingotti d’oro alla segreteria nazionale del Psi presso i gruppi parlamentari, in quanto quelle tangenti erano frutto della “libera iniziativa” dei suoi funzionari ma lui non ne sapeva nulla, e quindi è stato promosso per un decennio ai massimi vertici comunali ed oggi ancora ai vertici delle principali società pubbliche o miste degli Enti Locali genovesi. Dove, ancora, le branchie della ex Italimpianti hanno trovato “protezione” da una parte con Marcellino Gavio e dall’altra con l’ex Presidente della Provincia, ora Sindaco, di Genova. Non si distingue più, qui, la politica dagli affari. Non si comprende più la linea di demarcazione, come diviene incomprensibile come possa avvenire che buona parte degli incarichi pubblici venga assegnato a imprese, indicate dagli organi competenti, come imprese di mafia. Tutto viene deciso e definito altrove, in sedi riservate e segrete, sottratto al controllo democratico. Le risorse per lo sviluppo, sono state sottratte a questo fine ed oggi ci si domanda come mai con le colate di soldi da Stato ed Europa, qui in Liguria, e Genova in particolare, vi sia uno sviluppo ancora soffocato, senza lavoro. Oggi stanno finendo i soldi per le aree dismesse, da bonificare e quindi il grande business dell’interesse di faccendieri e mafiosi si sposta sul mattone per nuovi insediamenti residenziali, commerciali, porti e porticcioli, e immancabili campi da golf, ma anche, e non secondariamente, sulla sanità, e questo non è un caso. Proprio come nella miglior tradizione della massoneria deviata e della volontà mafiosa dell’altra regione si cui ora poniamo lo sguardo.

L’altra regione è la Calabria. La “terra prediletta” di Romano Prodi. Qui la magistratura nei decenni è riuscita a individuare quei legami tra massoneria-mafia-affari-politica. Dai tempi delle indagini di Cordova, alle inchieste di Boemi. Oggi, nuovamente, con altri validi magistrati, come ad esempio De Magistris. Qui il legame è antico, come in Liguria. Ha le radici negli stessi anni dell’eversione nera e golpista. Una regione in cui questo rapporto ha permesso alla ‘ndrangheta di rafforzarsi ed infiltrarsi nelle istituzioni, direttamente, senza intermediari (ecco la sostanziale differenza da Cosa Nostra). La regione dove la ‘ndrangheta (come anche Cosa Nostra nella Sicilia orientale) ha visto l’apporto determinante di Don Stilo. Hanno così risucchiato le risorse pubbliche destinate agli interventi per lo sviluppo e lo sviluppo nessuno lo ha visto. Siamo nella regione dove venne ucciso Ludovico Ligato, potente democristiano, indicato come vicino alla cosca dei De Stefano (di cui Pericu fu consulente quando questi era responsabile delle Ferrovie). Hanno risucchiato ogni risorsa destinata allo sviluppo del Porto di Gioia Tauro (dove operano società genovesi!) che non è mai stato sottratto al controllo della cosca dei Piromalli (che sembrerebbe aver iniziato ad investire molto in Liguria, dopo essersi radicata in Lombardia). Cattedrali nel deserto, aree disponibili abbandonate lungo strade segnate da cartelli stradali colpiti a pallettoni. Hanno soffocato sul nascere con nomine inadeguate anche la nuova area industriale di Lamezia Terme. Hanno risucchiato le risorse destinate alla Sanità, riducendo i bilanci delle Aziende Sanitarie a colabrodo, con deficit inimmaginabili. Hanno posto alcune Asl sotto il diretto controllo di organizzazioni mafiose, come la Asl di Locri (di Fortugno e Laganà), quella di Melito Porto Salvo e quella di Vibo Valentia. Assunzioni di mafiosi, appalti e convenzioni con società della ‘ndrangheta, forniture pagate - ma mai giunte - a ditte in odore di mafia. Decine di clan in questo “libero mercato” con la principale regia della cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti (quella delle telefonate di Fortugno e Laganà – Maria Grazia e Mario, per intenderci) che dopo lo sbarco ed il radicamento in Lombardia, da anni è concentrata sulla Liguria ed in particolare sul ponente ligure. Le infrastrutture bloccate dall’infiltrazione mafiosa, con cantieri eterni o mai aperti, e che, casualmente – naturalmente -, vedono la presenza di imprese liguri. Deviazioni e sottrazione dei fondi nazionali ed europei per il turismo, come recentemente dimostrato dall’indagine su Vibo Valentia, che ha coinvolto oltre alla cosca Mancuso anche pezzi di “insospettabili” come il Presidente del Tribunale di Vibo, avvocati e politici, come anche un'altra inchiesta di Potenza che ha decapitato i vertici della Procura e che ha visto di nuovo finire sotto indagine la direttrice del Demanio (voluta da Visco, confermata da Tremonti e riconfermata da Prodi) Arch. Spitz, alias lady Follini. Abbiamo ora le nuove indagini di Catanzaro per, appunto, quel luogo di regia in una Loggia coperta di San Marino, che coinvolge pezzi dei servizi segreti, vertici della Guardia di Finanza, un consulente di Prodi, i vertici della Compagnia delle Opere, faccendieri di imprese fasulle e politici dei massimi vertici regionali. Qui, in Calabria, abbiamo l’evidenza della trasversalità politica di questo patto scellerato di corruzione, truffa e collusione mafiosa. Oltre 30 i consiglieri regionali (su 50!) inguaiati con la giustizia. Il Presidente della regione Agazio Loiero (prima Margherita ora Pd) già prescritto ai tempi del suo Ministero con D’Alema è ora rinviato a giudizio per gli appalti della sanità. L’ex Capogruppo Ds, Pacenza, arrestato. Il Vice presidente della Giunta (ds) Adamo nuovamente indagato, sua moglie indagata per una società fantasma beneficiaria di finanziamenti pubblici realizzata in comunione con Abramo consigliere regionale di Forza Italia. La passata giunta di centro destra, di Chiavalloti non è stata da meno e molti dei suoi uomini sono stati resuscitati dall’Italia dei valori di Di Pietro. Abbiamo il coinvolgimento diretto di una società di Cesa, leader dell’Udc, e via così da una parte e dall’altra degli schieramenti politici, un unione fatta di affari, interessi e collusioni. Qui troviamo imprese che sono sottoposte a sequestro o prive della certificazione antimafia che operano beatamente con il pubblico, nella regione come anche al Nord.

Un filo che lega gli incappucciati, con i loro grembiulini, tra la Liguria e la Calabria , emerge chiaramente dai fatti. Ora se la Massoneria ufficiale vuole contribuire a fare chiarezza, evitando di essere ancora covo di serpi e protettorato di interessi mafiosi, compia un atto coraggioso: pubblichi le liste degli aderenti, di tutti gli aderenti! I convegni, le azioni promozionali e le conferenze stampa del Gran Maestro del GOI o dei vari Venerabili degli altro Ordini, per affermare che la massoneria è pulita e quelle pericolose sono solo alcune schegge che usano la massoneria stessa, non bastano. Serve un atto concreto di contrasto: rendano quindi pubbliche le liste, caccino mafiosi e proibiscano la possibilità di adesione a pubblici funzionari, militari e amministratori della cosa pubblica, parlamentari, magistrati e giornalisti. E’ solo facendo chiarezza che si scoprono quelli che si nascondono. Altro non serve, è inutile e protegge il marcio.

PS:
Gli inviti a non parlarne, assomigliano troppo a minacce vecchio stampo e, con sincerità, sono inutili, noi andiamo avanti. Per il noi, ormai vi sia chiaro, il Tempio è s-coperto! Non servono comunicazioni di primi o secondi sorveglianti, per farci cambiare idea.






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