29.12.2007 - qualcosa d'altro su Macaluso ed i "miglioristi
Alla fine ritornano i "garantisti"...
sono sempre loro: i "miglioristi"
di C.Abbondanza


Dalla storia di Mani Pulite

Altri compagni di Macaluso li troviamo anche tra i condannati per Tangentopoli. Si, tra gli ex PCI pesantemente coinvolti, quando non condannati, nell'inchiesta del Pool di Mani Pulite, spiccano esponenti proprio dell'area “riformista” di Macaluso e Napolitano. I magistrati di Milano hanno raccolto moltissime testimonianze secondo cui l'area del PCI che da sempre voleva l'alleanza con Bettino Craxi, a Milano aveva pienamente accettato il sistema delle Tangenti.

Luigi Maijno Carnevale, al contempo funzionario del PCI milanese e massone, entrò nel 1992 nel Cda del Metropolitana Milanese per conto del Partito e successivamente, diventò vice-presidente dello stesso. Ai Pm di Mani Pulite ha raccontato:
“A partire dal 1987 e, per quanto mi riguarda, fino a poco prima dell'estate del 1991, ogni volta che ho incassato denaro ho provveduto a versare la quota del PSI direttamente nelle mani di Linari, nella mia abitazione, dove Linari veniva appositamente. A ben ricordare, credo che un'ultima rata posso averla versata a Linari nell'autunno del 1991. Ogni volta che prendeva i soldi, Linari diceva che una parte l'avrebbe consegnata a quelli di corso Magenta, intendendo con ciò la federazione milanese del PSI, e un'altra parte in piazza Duomo, intendendo con ciò riferirsi all'onorevole Bettino Craxi.”.

A Milano la corrente “riformista” di Macaluso e Napolitano, il cui riferimento è Gianni Cervetti, è estremamente potente. Il 15 maggio 1992 viene arrestato il segretario milanese del Pds, Roberto Cappellini, non fa parte dell'area “migliorista”, come tutti gli altri ex PCI coinvolti in Tangentopoli, sino a quel momento, lui un ex operaio, che vive nella “rossa” Sento San Giovanni, era della “maggioranza” che faceva capo al Segretario Nazionale Occhetto. Dopo 15 giorni di latitanza si consegna. Se Carnevale ammette di essere stato il collettore delle tangenti della Metropolitana Milanese per conto del PCI-PDS e conferma molteplici testimonianze di imprenditori riguardanti il “compagno” Sergio Soave, vicepresidente regionale della Lega delle Cooperative, indicato come colui che aveva l'esclusiva delle tangenti per tutti i lavori elettromeccanici e per l'impiantistica del metrò, il Segretario non conferma.

Dopo il 1987, a seguito dell'arresto del socialista Natali, il PCI non si accontenterà più di procacciare commesse per le cooperative rosse, così che da quel momento ottiene di sedere stabilmente al tavolo delle tangenti Mm. Le cooperative rosse, da li in avanti, sono a pieno titolo come le altre società inserite nelle aggiudicazioni preconfezionate degli appalti, in cambio del “pagamento ai partiti di una quota percentuale sul valore della commessa”. Coopsette, Unieco, Carpi e Cmb, pagheranno puntualmente le tangenti e lavoreranno. Tutti i loro rappresentanti saranno processati e condannati. Da quel momento Carnevale conferma che il PCI che “fino ad allora aveva ricevuto sporadicamente, per il tramite di Natali, delle contribuzioni illecite” comincia “a ricevere in via sistematica le contribuzioni illecite versate dagli imprenditori, al pari degli altri partiti milanesi”. Soave da conferma: “Carnevale mi disse che aveva ricevuto indicazioni dal PCI di entrare anche noi a pieno titolo nella spartizione delle contribuzioni provenienti dalle imprese”. Chi diede tale indicazione è rimasto un mistero, mentre la data della svolta no, è 1986-1987, e coincide proprio con il primo grande dibattito sulla corruzioni e la moralità in politica a Milano. A sinistra si discuteva infatti del coinvolgimento del PCI nello scandalo delle “Aree d'oro” che vedeva come protagonisti il costruttore “don” Salvatore Ligresti e l'assessore all'Urbanistica, del PCI, Maurizio Montini. Entrambi non ebbero conseguenze penali, naturalmente!

La sentenza del Tribunale sulle tangenti della MetropolitanaMilanese, nel 1996, è illuminante: “Va subito fissato un primo punto fermo: a livello di federazione milanese, l'intero partito, e non soltanto alcune sue componenti interne, venne direttamente coinvolto nel sistema degli appalti Mm, quantomeno da circa il 1987... Risulta dunque pacifico che il PCI-PDS dal 1987 sino al febbraio 1992 ricevette, quale percentuale del 18,75% sul totale delle tangenti Mm, una somma non inferiore ai 3 miliardi”.

Poi cadde il Muro ed il flusso di denaro proveniente dall'est si interruppe. Qui la seconda svolta del PCI milanese: Soave esce di scena perché già inguaiato per lo scandalo di Lombardia Informatica e , come scrivono i giudici nella Sentenza, perché “non era ben visto all'interno del partito, in quanto si dubitava della sua correttezza nella ripartizione delle somme, nel senso che si temeva che privilegiasse la corrente migliorista”.

Carnevale racconta di essere stato incaricato da Cappellini, segretario milanese del Partito, di sostituire Soave e precisa che vi era una regola interna per la distribuzione delle tangenti: di quanto spettava al PDS (2 miliardi e 100 milioni solo per il “sistema” Mm), due terzi andavano agli “occhettiani”, cioè a Cappellini ed un terzo ai “miglioristi”. Carnevale sostiene di aver versato 1 miliardo e 400 milioni al partito e 700 milioni a Giovanni Cervetti per i “miglioristi”.L'esponente della corrente di Macaluso e Napolitano viene condannato in primo grado a 3 anni per ricettazione. In Appello verrà assolto per la formula dubitativa del nuovo 530 secondo comma, cioè la vecchia “insufficienza di prove”, in quanto le dichiarazioni di Carnevale sono “spontanee” e “non calunniatorie” ma non bastano, perchè mancano di “dettagli specifici e particolari significativi”.


Altre storie dei “miglioristi” milanesi

Milano si sa è stata la “capitale finanziaria” del Paese. Lo era anche per la corrente di Macaluso e Napolitano.
Marco Fumagalli, nominato segretario milanese del PDS dopo gli arresti, viene interrogato da Di Pietro. A seguito del suo insediamento, il neo segretario aveva nominato “tre saggi” per esaminare la situazione finanziaria del Partito. Nella relazione finale questi avevano concluso che: “la vita del Partito a Milano è stata segnata dalle difficoltà finanziarie della federazione, mentre invece vi era una larga disponibilità di risorse e sostegno dell'attività di un settore del partito”. Di Pietro chiede a Fumagalli di quale settore si trattava, il segretario milanese del PDS rispose che si trattava del CIR, il Centro di Iniziativa Riformista, cioè il circolo della corrente migliorista, che svolgeva un'intensa (e costosa) attività politica, oltre alla pubblicazione del periodico “Il Moderno”.

Il Pm del Pool apre un indagine su quella pubblicazione voluta fortemente da Giovanni Cervetti e Lodovico Festa che ne era il direttore editoriale, per dare voce alla corrente. Il Moderno inizia la sua vita nel 1984 come mensile ed è da subito un fiasco, ma anziché chiudere diventa settimanale. Nel 1990 non raggiunge nemmeno le 500 copie di media a numero, ma i soldi ci sono sempre. Nel 1988, per ripianare le perdite dei primi anni, viene costituita una nuova società editrice: la Moderno srl. Soave spiega di essere stato vicepresidente e di aver avuto accanto Claudio Dini, presidente socialista della Metropolitana Milanese, ed un rappresentante della Torno. Tra i finanziatori spiccano: Fininvest, Ligresti, Torno, Acqua, Gavio, Belleli e perfino Gianfranco Troielli, il cassiere occulto di Bettino Craxi. Nel 1990 altri debiti ed altra società: la Nuova Moderno srl, le cui quote sono dei soliti imprenditori di peso della Milano da bere. Bruno Bisasco a nome del gruppo Gavio ci mette 250 milioni; Angelo Simontacchi, del gruppo Torno 168 milioni. I principali inserzionisti – senza il minimo rientro pubblicitario, naturalmente – sono i soliti gruppi: gruppo Ligresti, Torno, gruppo Acqua, Fininvest, Mediolanum, Publitalia. Alla domanda spontanea su quale interesse potevano avere questi gruppi tanto da sborsare generosamente a sostegno di questo giornale, hanno risposto: Binasco “L'interesse di mantenere un buon rapporto con il partito dell'area milanese e ingraziarsi quindi le strutture del PCI”; Simontacchi “Pur senza avere alcun interesse alla partecipazione”, Carnevale e Cervetti “mi avevano invitato a contribuire finanziariamente a un'iniziativa editoriale del partito”. Il giudice che esaminerà il caso è senza dubbio più esplicito: pagavano “il Moderno” non “per una valutazione imprenditoriale”, perché “nessuna legge di mercato può fornire una spiegazione accettabile dell'intera vicenda economico-finanziaria”; bensì “per ingraziarsi la componente migliorista del PCI, che in sede locale aveva influenza politica e poteva tornare utile per la loro attività economica”.

La Procura apre un'inchiesta per false fatturazioni e finanziamento illecito al partito e indaga Cervetti, Soave, Carnevale, Festa (che anni dopo diverrà condirettore del Foglio con un altro ex comunista, Giuliano Ferrara) e una lunga serie di imprenditori-finanziatori. Mentre vengono archiviate le posizioni di Cervetti e Festa, vanno a processo Soave, Carnevale e gli imprenditori. Nel 1996 verranno tutti assolti, ma la Procura ricorre in Cassazione che nel 1998 annulla la sentenza di assoluzione: “Il finanziamento da parte della grande imprenditoria – afferma la sentenza della Cassazione – si traduce in finanziamento illecito al PCI-PDS milanese, corrente migliorista”; il Moderno era il “destinatario fittizio del finanziamento”, essendo una “articolazione politico-organizzativa del partito, con tutte le implicazioni e conseguenze che ne derivano” per l'inosservanza della legge sul finanziamento ai partiti. Il nuovo processo per Il Moderno non sarà però celebrato per intervenuta prescrizione.

I “garantisti”

Ebbene sì, Emanuele Macaluso e Giorgio Napolitano, con la loro area migliorista si sono sempre definiti “garantisti” e lo hanno dimostrato più volte, mica si può dire che lo si scopra oggi. Loro vedevano Craxi come un grande statista con cui il PCI doveva allearsi senza esitazione, alla faccia della Questione Morale posta da Enrico Berlinguer, D'altronde qualche loro uomo, a Milano come in Sicilia
leggi parte 1 -, lo abbiamo visto, no?

Emanuele Macaluso si è sempre contraddistinto, bisogna dargliene atto in questo suo “garantismo”, per lui Bettino Craxi è morto esule, peccato che era un latitante, condannato in via definitiva ad una pesante pena detentiva per i gravi reati commessi. Secondo lui il problema di Tangentopoli non erano i politici che rubavano ma i magistrati che indagavano. Macaluso ne è sempre stato fermamente convinto tanto da dichiarare, tra l'altro: “Mi Pare che alcuni magistrati si siano messi in testa di fare la rivoluzione, di cancellare la classe politica. Può anche darsi che ci sia un disegno destabilizzatore”.

Ma lui si è prodigato sempre a sostegno degli altri imputati eccellenti, naturalmente. Per Marcello Dell'Utri ad esempio nel 1999 rilanciò le motivazioni che avevano evitato, sempre sotto la presidenza della Camera del diessino Luciano Violante, nel 1998, l'arresto a Cesare Previti. Per precisione dichiarò: “Se sedessi ancora in Parlamento, voterei contro l'arresto di Dell'Utri. I fatti sono avvenuti alcuni anni fa: Dell'Utri avrebbe avuto tutto il tempo di inquinare le prove. Se non l'ha fatto finora, che motivo c'è di sbatterlo in carcere? Il fumus persecutionis non va visto solo nei confronti della persona, ma dell'istituzione Parlamento...”

Davvero straordinario il signor Macaluso: come per il caso Contrada per lui quello che conta, quello che fa fede, è solo la dichiarazione delle “vittime” dei giudici, perché lui è un “garantista” a prescindere dalle prove, dai fatti provati e dalle sentenze (anche se definitive!) - salvo che, naturalmente, non siano sentenze di assoluzione. Se il condannato in via definitiva si proclama innocente tale è, indiscutibilmente, e, quindi, richiamare la sentenza ed eseguire la pena detentiva stabilita dopo i tre gradi di giudizio (stando al minimo dei passaggi di giudizio) è un accanimento, una cattiveria di Stato.

Come per Contrada per Macaluso non si devono guardare le carte processuali! Il signor Macaluso parla sempre a prescindere e così le condanne definitive di Craxi non esistono, i perpetuati tentativi di Dell'Utri di inquinare le prove non esistono, gli elementi probatori inconfutabili sull'adesione di Giulio Andreotti al sodalizio mafioso con Cosa Nostra non esistono, e così via per tutti gli imputati eccellenti, che per lui sono povere vittime di una persecuzione giudiziaria quando non di un complotto destabilizzante!

Anche Giorgio Napolitano è l'attuale Presidente della Repubblica. E lui che ha dato incarico a Clemente Mastella di istruire la pratica per la grazia a Bruno Contrada (che oggi pare, dopo le sbandierate, non sia mai stata richiesta – stando alle ultime dichiarazione dei legami del Contrada che invece vogliono la revisione processuale e parlano di “supplica” per ragioni umanitarie), e che tra l'altro ha tenuto a precisare, con un comunicato ufficiale per rispondere alle opposizioni alla grazia per Contrada, che “Il Quirinale conosce bene le procedure”. Napolitano, come il suo fedele compagno Macaluso, ha sempre tenuto coerenza al suo essere un “garantista”.

Quando era Presidente della Camera, durante Tangentopoli, “evitò la 'profanazione' del Parlamento”. Infatti Giorgio Napolitano fece mettere alla porta la Guardia di Finanza che aveva chiesto copia, agli Uffici, dei bilanci dei partiti depositati in Parlamento. Una lesa maestà inaccettabile che vide tutti i Partiti a Montecitorio insorgere, con il Presidente della Camera, contro il Pool di Mani Pulite. La cosa curiosa è che su mandato della Procura di Milano non chiesero altro che copia di bilanci pubblici già pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale e quindi non si comprende proprio dove siano le violazioni, l'attacco, la profanazione del Parlamento. Ma tanto è che Giorgio Napolitano, in veste di Presidente della Camera dirama anche un comunicato ufficiale in cui afferma che: “ Preciso che si è chiesta in maniera irrituale agli uffici della Camera, da parte di Ufficiali della Guardia di Finanza, su invito della Procura di Milano, copia di atti peraltro già pubblicati per obbligo di legge sulla Gazzetta Ufficiale. La segreteria della Camera ha contestato l'irritualità e l'incomprensibilità di tale passo ufficiale. Il procuratore capo di Milano ha espresso a nome del suo ufficio formali scuse”. Peccato che questo sia solo frutto delle valutazioni del Presidente della Camera, Giorgio Napolitano, e non della Procuratore Borrelli che ribadisce invece che la Procura di Milano non ha commesso nulla di censurabile. Ma Napolitano è sempre stato come Macaluso, un “garantista”, quindi ha garantito che i tempi della giustizia si allungassero, ha garantito uno schiaffo istituzionale alla Procura di Milano, garantendo che documenti pubblici non fossero consegnati alla Guardia di Finanza – e quindi ad una Procura della Repubblica –. Qualche malizioso potrebbe pensare che tale rifiuto a consegnare i bilanci dei partiti (che per legge devono essere pubblici) derivasse dal fatto che i bilanci dei partiti sono un concentrato straordinario di falsi in bilancio ed in allora non era ancora in vigore la “legge vergogna” che depenalizzava il falso in bilancio. Ma anche se fosse... bisogna pur essere un po' “garantisti”, o no?

Giorgio Napolitano ha dato prova del suo essere un “garantista” doc, soprattutto quando era Ministro degli Interni. Il terreno delle indagini sulla mafia è quello, stando ai fatti, da lui prediletto. Nel 1997 proprio per sua iniziativa quale capo del Viminale vengono depotenziati e polverizzati sul territorio i corpi speciali di polizia (SCO), carabinieri (ROS) e Guardia di Finanza (GICO), con un progetto che sembra la fotocopia di quello rinvenuto nel 1994 all'agente di cambio plurinquisito Giancarlo Rossi (l'amico di Previsti - di cui è stato anche consulente al Ministero della Difesa-, Dini e tanti altri).

Mentre Napolitano era il titolare degli Interni, il Mestro Venerabile della loggia eversiva P2, Licio Gelli, nel giorno dell'ennesima condanna definitiva della Cassazione nei suoi confronti, fugge tranquillamente all'estero. Al Viminale probabilmente non volevano far sentire un atteggiamento troppo "oppressivo" dello Stato verso il Gelli, non sia mai... si è dei "garantisti"! L'unica personalità nazionale a prendere netta posizione e chiedere le dimissioni di Napolitano è stato Paolo Flores d'Arcais, il direttore di MicroMega. D'altronde nello schieramento politico era difficile trovare qualcuno che le chiedesse (e pretendesse) le dimissioni, visto che da destra a sinistra, ormai tutti hanno adottato - e via via approvato in Parlamento - quasi tutto il programma di "rinascita democratica" della Loggia massonica coperta P2 di Licio Gelli, quindi se proprio dovevano esprimersi avrebbero ringraziato il Viminale ed il Ministro, non vi pare?

Giorgio Napolitano ha avuto anche il “merito” della riforma della legge sui Collaboratori di Giustizia – che lui amichevolmente chiamava “pentiti” -, quella che da quando è in vigore disincentiva la Collaborazione di Giustizia.
Probabilmente si è ispirato ad una grande “personalità” come quella di Giulio Andreotti – con il quale più volte è intervenuto a presentazioni di libri, anche insieme all'inseparabile Macaluso -. Andreotti, infatti, si lamentava dei “pentiti”, nulla di personale naturalmente, un giudizio estraneo al fatto che molti “pentiti” con la loro collaborazione hanno contribuito, insieme agli elementi probatori documentali, a far sì che venisse accertata la sua colpevolezza (con prescrizione) per associazione mafiosa con Cosa Nostra del senatore a vita sino alla primavera del 1980 (sentenza confermata in Cassazione!).
Così la riforma - studiata da Napolitano con l'Avvocato – quindi Ministro della Giustizia- Giovanni Maria Flick - nel 2001 diventa legge con il plauso del Polo di Berluscono-Previti-Dell'Utri. Il presupposto dichiarato da Napolitano era: “i pentiti in Italia sono troppi”. Quindi per prima cosa devono dire tutto – ma proprio tutto –, e fornire indicazioni precise per l'individuazione dei riscontri, entro sei mesi. Dopodiché, anche se dovessero ricordare particolari decisivi per far luce su stragi e delitti, il tempo è scaduto. Questo capolavoro di legge stabilisce anche una serie di sbarramenti e controsbarramenti che rendono difficilissima l'assegnazione della protezione, sia per i Collaboratori sia anche per i Testimoni di Giustizia. Gli effetti li vediamo, le collaborazioni sono crollate, i testimoni vivono peggio che in una galera, i morti ammazzati tra testimoni, collaboratori e parenti sono tornati una rapida soluzione per le mafie, le intimidazioni verso quanti devono recarsi in Aula, al dibattimento, per confermare quanto verbalizzato (e già riscontrato come vero!) - grazie all'altra grande intuizione del cosiddetto “Giusto Processo” nella Costituzione - hanno portato all'effetto della diserzione della udienze o alle dichiarazioni di “non conferma”, così che tutto il lavoro investigativo e giudiziario diventa carta straccia.

Non c'è davvero che dire... sono davvero “garantisti”... a prescindere dalle responsabilità degli imputati, basta che siano, naturalmente, eccellenti!



Leggi anche
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Le notizie citate sia in questo articolo che in Qualcosa d'altro su Macaluso ed i "miglioristi" sono tratte da:
- L'Agenda Rossa di Paolo Borsellino - di G.Lo Bianco e S. Rizza
- I Complici - di L.Abbate e P.Gomez
- Intoccabili - di M.Travaglio e S.Lodato
- Mani Pulite la vera storia - di M.Travaglio, P.Gomez e G.Barbacetto
- La Trattativa - di M.Torrealta
- Il manuale del perfetto impunito - di M.Travaglio





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