09.07.2007 - Appalti&Mafia
DIA e DDA scoperchiano il pentolone
di appalti e sub-appalti, tra mafiosi e sodali.
di C.Abbondanza e S.Castiglion

Chissà se Burlando & C ora capiscono qualcosa dell’inquietudine di cui avevamo parlato noi, altre associazioni e che, soprattutto, aveva visto le chiare parole di Adriano Sansa, visto che una delle ditte più attive in Liguria (soprattutto in ogni luogo ove avviene ed è in programma una speculazione edilizia, partendo proprio dal savonese) vinceva regolarmente appalti pubblici nonostante che la Prefettura di Reggio Calabria non gli avesse rilasciato la Certificazione Antimafia. Chissà se anche Franco Zunino, Assessore all’Ambiente della Giunta Burlando, già responsabile del procedimento di un appalto con la ditta CO.FOR. ha qualche cosa da dire. Strano che alla Procura di Savona non si siano mai accorti di nulla, eppure che ci fossero certe infiltrazioni era evidente.
Ma andiamo con ordine, e guardiamo bene cosa è successo!

L’alleanza delle famiglie della ‘ndrangheta aveva posto i lavori sulla A3 – ammodernamento della Salerno-Reggio Calabria - sotto il proprio diretto controllo.

I Mancuso di Limbadi (Vivo Valentia), i Pesce di Rosarno, i Piromalli di Gioia Tauro, i Bellocco di Rosario, tutte nell’affare dell’Autostrada. I politici non hanno visto nulla, erano tutti in bagno, anzi erano tutti a studiare il “Codice Etico” per la nuova Calabria lanciato da Loiero, sic!
La DIA e la DDA di Reggio Calabria (quella inefficiente e incapace secondo la signora Maria Grazia Laganà) invece non erano distratte, anzi attentissime a monitorare, raccoglie elementi probatori e quindi agire contro l’infiltrazione mafiosa.

Il quadro è inquietante, anche se non è affatto una novità o un fulmine a ciel sereno.
Erano le cosche a decidere l’assegnazione dei subappalti. Non aspettavano nemmeno che l’appalto venisse chiuso e già, con riunioni di vertice, alla presenza accertata del latitante Giuseppe Bellocco (“l’arbitro” - che veniva chiamato “don” - degli equilibri tra le famiglie). Una divisione precisa: il tratto Pizzo Calabro - Serra San Bruno ai Mancuso, il tratto tra Serre e Rosario ai Pesce, e quelli tra Rosario e Gioia Tauro ai Piromalli.

Tutte le imprese dovevano pagare il 3% alle cosche della ‘ndrangheta per la nota “tassa per la sicurezza cantiere”. La Consotte spa, la Coop Costruttori , la Gepco salc, la Baldassini-Tognozzi , l’associazione temporanea di imprese composta da Sicilsonde, Italgeo, Caramazza, Rindone, erano costrette a pagare "con violenza e minacce costituite dagli attentati subiti dalle ditte e dalla condizione di assoggettamento ed omertà che deriva dall' appartenenza all' associazione a delinquere di stampo mafioso.”
Una tassa mafiosa che veniva pagata con l’alterazione delle fatture. Dagli atti della DDA:
"risaltava la piena consapevolezza delle regole mafiose imposte dalle organizzazioni criminali e l' adeguamento ad esse da parte delle grosse imprese, le quali recuperavano il famoso 3% da destinare alle cosche mediante l' alterazione degli importi delle fatture. Uno stratagemma sistematicamente utilizzato dalle aziende, e che aveva funzionato per diverso tempo fino a quando alcuni collaboratori di giustizia svelarono il meccanismo del sistema illegale falsificando i bilanci ".

Gli atti dell’indagine coordinata dal pm Roberto Di Palma, e dall’ordinanza controfirmata anche dal coordinatore della DDA, Salvatore Boemi, e dal pubblico ministero Nicola Gratteri, evidenziano che le imprese erano ben consce delle regole mafiose, tanto che le imprese del Nord mandavano i propri incaricati per accordarsi con la ‘ndrangheta.

Imprese come la CONDOTTE SPA e la IMPREGILO spa (di Gavio e “don” Ligresti), ad esempio, avevano accolto nelle loro imprese, rispettivamente Giovanni D’Alessandro e Francesco Miglio, ovvero personaggi che “da sempre avevano avuto a che fare con esponenti della criminalità organizzata e con imprese di riferimento alle cosche”. A denunciare questo fatto è il coordinatore dell’inchiesta della DDA, Roberto Di Palma.

L’indagine fa anche emergere un fatto che (finalmente) mette in evidenza il ruolo di alcuni sindacalisti nelle attività di infiltrazione mafiosa negli appalti. Infatti, secondo gli inquirenti, Noé Mezzana, sindacalista della Fillea Cgil, assunto come assistente cantiere dalla BALDASSINI & TOGNOZZI nell’agosto del 2004 e che aveva anche fatto trasferire la sede dell’Ufficio tecnico della Baldassini & Tognozzi in un immobile di proprietà di Matteo Giuseppe Oliveti, ritenuto vicino al clan Piromalli, secondo la DDA , è “il trait-d’union tra la grande impresa e le cosche della Piana di Gioia Tauro”! Naturalmente la Cgil ha “sospeso” e non “espulso” il “mediatore”. Peccato che anche i “quadri” sindacali non si siano accorti, come i politici, di cosa stava accadendo, sic! Peccato perché avevano, proprio nella Fillea una persona validissima, una persona per bene, che ogni giorno si faceva il giro dei cantieri,… ma già, è vero, questa persona è stata allontanata, il Mazzena no!
[agg. al 10.07.2007: la CGIL ha deciso l'espulsione del Mazzena]
Dagli atti della DDA:
"I subappalti erano già decisi e prescindevano da una formale aggiudicazione o controllo dell' ente appaltante. Il tutto a scapito di imprese pulite estromesse dai lavori in quanto 'non gradite all' ambiente. In questo contesto è centrale la figura di Noé Mezzana, sindacalista, assunto come assistente di cantiere dalla 'Baldassini&Tognozzi' nell' agosto del 2004".

Con questa pesante operazione la DDA di Reggio Calabria lancia anche un chiaro messaggio alle altre Istituzioni. Infatti, come ha spiegato Boemi, tutte le carte saranno trasmesse alla Commissione parlamentare Antimafia, perché “siano attentamente valutate dai Ministeri dell’Interno, dei Lavori Pubblici e delle Infrastrutture. C’è qualcosa nel sistema Calabria che va attenzionato con cura, poiché ci sono imprese oneste che collaborano con lo Stato che sono sistematicamente escluse dai lavori. E questo lo faremo sapere per iscritto al Governo!”.

Ma non è finita qui. La DIA di Reggio, nell’ambito dell’inchiesta e dei 15 arresti per estorsione e infiltrazione nei lavori sulla Salerno-Reggio Calabria, ha sequestrato cinque società, per un valore complessivo di 12 milioni di euro.

La CO.FOR srl e la ICEM srl, riconducibili entrambe ai fratelli Giovanni ed Antonio Guarnaccia di Reggio Calabria, la EDIL-MOVITER , la COSTRUZIONI GENERALI srl e la FACERP riconducibili a Salvatore Domenico Tassone.
Da segnalare che la Prefettura di Reggio Calabria ha sempre negato a queste ditte la certificazione antimafia, ma questo “particolare” non gli ha impedito di entrare non solo nel giro dei sub appalti in questione, quelli decisi dalla ‘ndrangheta, ma di vincere, come nel caso della CO.FOR srl innumerevoli appalti nel centro-nord e soprattutto in Liguria, Toscana e Piemonte. (guarda la piantina sugli appalti a cui ha partecipato la società).

Prima di passare alla CO.FOR. Vediamo qualcosa su alcune delle società sequestrate dalla DIA.

I.C.E.M. S.R.L., con sede in via S.Lucia al Parco 23 a Reggio Calabria, ha un capitale sociale di 100.000,00 euro. Ha come titolari Guarbaccia Giovanni Domenico (1953) e Guarnaccia Antonino (1944). Ciascuno di loro possiere – notare la raffinatezza – 78.000,00 del capitale sociale e se la matematica non è un opinione qualcuno alla CCIAA di Reggio deve spiegare come è stata registrata la ditta di “famiglia”.
La società ha proprietà nella CEMER ITALIA srl di Reggio Calabria. Presidente del Cda e Amministratore delegato è Guarnaccia Domenica (1973) che per il tanto da fare vive in ditta (via S.Lucia al Parco 23 - RC). Vice Presidente del Cda e Amministratore Delegato è Cutrupi Andrea (1957). Direttore Tecnico è Guarnaccia Francesco (1969).

EDIL-MOVITER DEI F.LLI TASSONE & C. S.N.C. Ha sede a Polistena (RC) in via Giordano Bruno 15. Valore nominale dei conferimenti 2.582,00 euro. Socio Amministratore è Tassone Francesco (1971) e Socio Tassone Brunella (1973). L’Ufficio Recapito è, invece, in Via Michele Bianchi a Soriano in provincia di Catanzaro.

COSTRUZIONI GENERALI S.R.L. DI TASSONE LAURA - SOCIETA' UNIPERSONALE. Ha sede a Polistena (RC) in Via Giordano Bruno 13. Ha un capitale sociale di 10.200,00 euro e proprietà nella LO DUCA E TASSONE scalr. Amministratore Unico è Tassone Laura (1976), mentre Direttori Tecnici sono: Tassone Francesco (1971), Pagliaro Luigi (1956), Arena Bruno (1975). Ha un deposito a Polistena in località San Giovanni SN. Inoltre ha diverse Cave: a Giffone (RC) in Contrada Pagliamarcato (Licenza/autorizzazione del Comune Numero 3748/02 del 26/11/2002 e Licenza/autorizzazione della Regione Numero 1210/PROT del 07/10/2002), a Oppido Mamertina (RC) in Contrada Quaranta (con Licenza/autorizzazione del Comune Numero 2184/2002 del 14/05/2002 e Licenza/autorizzazione della Regione del 28/05/2002), a Palmi (RC) in Contrada San Leonardo (con Licenza/autorizzazione del Comune Numero 23/2003 del 23/06/2003 e Licenza/autorizzazione della Regione Numero SN del 25/06/2003)


Vediamo, ora, quindi un po’ meglio questa CO.FOR srl visto che ha aperto, oltre che un’unità locale di rappresentanza in provincia di Livorno in via del Pero 92 a Collesalvetti, anche un ufficio nel savonese a Cogoleto in via Recano S. E. 7, e qui, nella “terra rossa” ha tanti appalti (come ad esempio ad Albissola Superiore con l’Architetto Grattarola, a Celle Ligure con Franco Zunino in veste di Direttore Territorio e Ambiente del Comune, a Cogoleto e Campo Ligure). Anche qui i politici erano tutti impegnati e non hanno notato nulla. Non ha notato nulla Claudio Burlando e nemmeno Claudio Scajola, non ha notato nulla l’assessore all’ambiente della Regione Franco Zunino (ops quello responsabile del procedimento di uno degli appalti), o i sindaci – per citarne due – di Cogoleto e di Celle Ligure, e non ha notato nulla nemmeno Luigi Cola, ex Sindaco di Cogoleto ed ora Consigliere Regionale attentissimo alle questioni del suo territorio, ma anche componente della Commissione Sicurezza! Niente: nessuno ha notato nulla, come dicevamo già all’inizio, proprio come in Calabria. Nemmeno la Fillea Cgil ha visto nulla. Tutti a caccia di farfalle, insieme al Presidente della Provincia di Savona che però non ha perso tempo ed è partito all’attacco di Beppe Grillo perché nel difendere l’ambiente rovina la “splendida immagine” del savonese cementificato, ed in compagnia di Carlo Ruggeri, l’ex Sindaco di Savona ed ora Assessore regionale all’Urbanistica con Burlando

Quindi torniamo alla CO.FOR. Con un capitale sociale di 93.600,00 euro, ha anche proprietà nella GHILINA soc. cons. arl, nella QUATTROTORRI scarl, nella GE.FOR scrl e nel CONSORZIO GARANZIA COLLETTIVA FIDI. La sede centrale è a Reggio Calabria (Via Manfroce 89/C). I nomi che risultano dalla visura camerale sono: Migliavacca Angtelo (1949), Guarnaccia Francesco (1969), Olivo Maria (1961), Merenda Nicola (1954), Guarnaccia Domenica (1973), Cutrupi Andrea (1957), Lacava Giuseppe (1957) e Marcianò Santo (1961) quali titolari, Melo Giovanni (1971) è l’Amministratore unico e direttore tecnico.

E stata già sottoposta negli anni a pesanti azioni giudiziarie nel finire degli anni 90, guadagnandosi ripetuti sequestri ed il ritiro del certificato antimafia. Si è “conquistata” l’attenzione della DDA già anni addietro, proprio per le infiltrazioni mafiose negli appalti per l’ammodernamento della A3 Salerno-Reggio Calabria, quando CONDOTTE e IMPEGILO decisero di gestire i lavori “alla mano”, assegnando gli incarichi senza gare. L’allerta allora venne anche dal Ministero degli Interni e non solo. L’Espresso dedicò un articolo il 10 novembre 2005 e già lì, i fratelli Guarnaccia, Antonio e Giovanni, rappresentati “nel Cda dalla figlia di Antonio, laureata in economia con tanto di master”, erano ben presentati con le loro CO.FOR e ICIEM.
Loro si definiscono “povere vittime” e dichiarano di essere stati “oggetto di 50 attentati”. Intanto, scriveva allora Marco Lillo sull’Espresso: “Da vent’anni a questa parte, in tutti gli appalti che contano nella provincia di Reggio c’è il loro zampino: dalla diga di Metramo al palazzo della Regione, dall’aeroporto alla facoltà di Architettura, fino al raddoppio della ferrovia tra Melito e Reggio.” Lavori al centro, “negli anni Novanta, nelle inchieste “Olimpia” e “Comitato di affari””. Dai processi e dalle indagini si è assodato che le imprese che vincevano le gare erano sempre grandi imprese del Nord. I Guarnaccia e gli altri imprenditori delle aziende della ‘ndrangheta erano sempre “in veste di subappaltatori e talvolta di interfaccia con un mondo che imprese del Nord vogliono tener buono”. Se allora era una relazione di una Commissione interforze composta da DIA - Guardia di Finanza – Polizia – Carabinieri alla base della decisione del Prefetto di ritirare la certificazione antimafia alla ICEM dei Guarnaccia e alla CO.FOR intestata a persone a loro vicine (prestanome), oggi gli elementi raccolti dai reparti investigativi e dalla DDA reggina sono certamente decisivi. (l'articolo dell'Espresso - pdf )

Ora sarebbe carino capire come mai ogni speculazione edilizia in Liguria vedeva lo scattare di un appalto categoricamente vinto dalla CO.FOR. Una percentuale assoluta che vede imprese savonesi avviare progetti edilizi e amministrazioni comunali che appalto alla CO.FOR lavori nella medesima zona. Davvero un dato curioso, impossibile per ogni statistica. Curioso come il fatto che vede persino bandi di gara con errori clamorosi, come si trattasse di bazzecole.
Guarda caso, i movimenti terra li facevano sempre in coincidenza di mareggiate o piene di torrenti. Guarda caso lì vicino, a Vado Ligure (sempre in provincia di Savona), vi è un’altra ditta la SCAVO-TER , intestata alla nuova generazione della famiglia Fotia (indicata dalla DNA e dalla Commissione Parlamentare Antimafia già nel 2001 come famiglia della ‘ndrangheta attiva a Savona insieme a quella dei Fazzari e Gullace che abbiamo visto dal “dialogo” con Asia Ostertag – divenuta di li a breve collaboratrice di giustizia – essere legate ai Mamone a loro volta indicati dalla DIA nella Relazione del 2002 - per approfondire). E sempre lì vicino, tra Cogoleto ed Arenzano vi è la Stoppani tanto amata proprio dai Mamone con la ECO-GE e la SVILUPPO FE.AL. E guarda caso nella cava del Molinetto, finiva la terra della Stoppani, causando un ampliamento del disastro ambientale derivante da cromo esavalente, zinco, ferro e solfati (come evidenziato dalle verifiche dell’ARPAL!).
Che strane coincidenze. Meno male che qualcuno inizia a tirare le somme!
Chissà se ora qualcuno si scandalizza ancora nell’ascoltare che vi sono “personaggi inquietanti” ? Certo qui a qualcuno piace fare il “pesce” ma alla fine si sa, i pesci finiscono nella rete!
Questo legame Calabria-Liguria è davvero forte, proprio come i legami che legano gli appartenenti alle logge coperte. Ma questa è un’altra questione, al centro di un indagine delle procure di Catanzaro e Potenza e che, come abbiamo visto porta anche a Palazzo Chigi.







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