11.05.2007 - ALLARME SERVIZI E MAGISTRATI
Incombe una nuova guerra di mafia,
il Governo fa finta di nulla e rinvia sine die.
di C. Abbondanza e S. Castiglion

In arrivo una guerra di 'ndrangheta nel territorio della Provincia di Reggio Calabria. A lanciare l’allarme il procuratore della Repubblica facente funzioni Francesco Scuderi e il procuratore aggiunto Salvatore Boemi (DDA). Il rischio di una guerra tra le cosche mafiose come nei terribili anni tra il 1985 e il 1992, caratterizzati dallo scontro feroce tra cosche per assicurarsi in predominio mafioso.

Con una lettera inviata a fine aprile al “ministro della Giustizia”, Clemente Mastella e, per conoscenza, al procuratore generale Giovanni Marletta, chiedendo l'istituzione a Reggio del terzo posto di procuratore aggiunto come previsto da un decreto legge del 1999. “Le strutture giudiziarie reggine, in particolare la Procura si apprestano, anzi sono già impegnate, a fronteggiare una nuova fase dell'azione del crimine organizzato che, probabilmente, in un primo tempo si presenterà forse poco cruenta, ma che nel breve volgere di pochi anni quasi certamente transiterà verso una nuova e totale guerra tra le cosche, pronte a contendersi gli investimenti comunitari, governativi e regionali, e, soprattutto, gli investimenti privati che operatori economici anche esteri hanno già programmato per l'immediato futuro”.

Scuderi e Boemi ricordano che l'attuale fase è di grande allarme. E a tal proposito ricordano l'omicidio di Francesco Fortugno, i quotidiani attacchi ad amministratori pubblici e politici, la devastante aggressione ai principali comparti della cosa pubblica (sanità, ambiente e lavori pubblici), tutti elementi che, secondo i due magistrati “segnalano inevitabilmente uno stato di sofferenza della vita pubblica, e di riflesso, dell'azione giudiziaria”.
I due magistrati sostengono la priorità e l'urgenza dell'ufficio di procura che “si appresta a contrastare nuove forme di crimini, anche più perniciosi e pericolosi degli attuali”. E ricordano che la Dda comprende anche i circondari di Palmi e Locri (ed anche, quindi, la Piana di Gioia Tauro con il suo porto commerciale di caratura internazionale) dove la densità mafiosa è elevatissima. “Le strutture giudiziarie del Distretto reggino, da almeno due decenni rappresentano un presidio strategico e un punto di riferimento prioritario nelle azioni coralmente volte all'affermazione della legalità. Unitamente all'azione delle istituzioni politiche e amministrative l'azione giudiziaria ha rappresentato e rappresenta il momento centrale del contrasto al degrado economico e sociale della provincia di Reggio Calabria, storicamente permeata, diremmo in ogni anfratto, dall'azione della più potente organizzazione criminale, cioè la ‘ndrangheta. Oggi più di ieri  il crimine organizzato reggino si colloca al centro di un reticolo di malaffare che segna una profonda svolta nelle strategie delinquenziali mafiose”.


“Il contenuto della lettera inviata al Ministro della Giustizia dal procuratore della Repubblica di Reggio Calabria e dal procuratore aggiunto per quanto riguarda l'evoluzione della situazione mafiosa in provincia di Reggio Calabria rappresenta, sicuramente, una valutazione corretta ed attendibile” ha affermato il prefetto di Reggio Calabria, Luigi De Sena, aggiungendo: “E proprio per questi motivi nell'ambito della Conferenza regionale delle autorità di pubblica sicurezza, sia nell'ambito del Programma Calabria sia nell' ambito del Patto Calabria sicura, sottoscritto di recente dal viceminitro dell' Interno, Minniti, sono stati previsti interventi in termini di risorse umane e strumentali a sostegno delle attività degli uffici giudiziari reggini. Ciò sta a significare che in questa realtà si sta procedendo a fare sistema interistituzionale”.

Ma vediamo cosa ha risposto il “Ministro della Giustizia”, Clemente Mastella, che prima di portare a compimento l’indulto “…per annunciare con forza istituzionale che lavorerà per svuotare le patrie galere sceglie il posto giusto, il carcere di Regina Coeli, e la compagnia giusta, Giulio Andreotti. Il 2 giugno, accanto al senatore a vita per sentenza definitiva mafioso fino alla primavera 1980, Mastella canta O sole mio in coro con i detenuti e poi, lui che ha il partito pieno di inquisiti, proclama: “Come ministro della Giustizia sono più ministro vostro di quanto non sia un ministro dei magistrati”. (da “Compagni che sbagliano” di Gianni Barbacetto – pag. 45)
Manco a dirlo a preso tempo! “Vediamo. Se è nella mia disponibilità, perché no?” è la risposta di Mastella all’allarme dei procuratori Franco Scuderi e Salvatore Boemi, a margine della sua audizione presso la Commissione parlamentare antimafia, centrata sulla possibile revisione della legge relativa al regime carcerario del 41 bis, mica a Regina Coeli!


Il presidente della Commissione antimafia Forgione invita a valutare attentamente l'allarme della Procura di Reggio: “Governo e Csm non possono non tenere conto, anche in vista della massa di risorse pubbliche nazionali ed europee in arrivo nella regione e degli appetiti che potrebbero scatenare nelle cosche”. Forgione anticipa che il tema della prevenzione ispirerà le prossime audizioni in Commissione. (fino a ieri cosa hanno fatto? Non aveva detto, il 21 marzo scorso, che era già pronto un documento sulla Calabria?)


D’altronde se all’estero la principale fonte di pericolo è rappresentata dal terrorismo, in Italia, anche secondo l’ultima Relazione dei Servizi, la  minaccia primaria resta quella della criminalità organizzata interna, alias dalle mafie. Ma la priorità del Governo (e dell’Opposizione), manco a dirlo, è quella della lotta al terrorismo, un’efficace azione di contrasto alle mafie non è all’ordine del giorno oggi come non lo era con il precedente governo. L’allarme lanciato dai magistrati di Reggio Calabria è l’ennesima sirena che dovrebbe imporre un cambiamento, con (nei fatti e non nelle parole o nei protocolli) maggiori risorse umane, materiali e finanziarie ai reparti investigativi e giudiziari, un conseguente potenziamento dell’azione di contrasto e di azione preventiva –anche con le necessarie modifiche legislative  volte a unificare la legislazione antimafia- in tutto il territorio nazionale, al sud come al nord ed al centro, ove le organizzazioni mafiosi hanno esportato e perfezionato l’organizzazione delle proprie regioni d’origine. Ma al contempo andrebbe sostenuta, con rigore e fermezza, quell’azione di educazione alla legalità – non solo verso le giovani generazioni - in tutto il Paese, anche rompendo quegli equilibri consolidati di contiguità, convivenza e connivenza tra pezzi di politica ed istituzioni, la finanza, e gli uomini (e ditte) delle mafie. Serve cucire un rapporto di credibilità tra cittadini e Stato per rompere le omertà che coprono la zona grigia della mafia ed il sistema di protezione che l'avvolge. Per fare questo serve credibilità massima delle Istituzioni, chi le deprime con "conflitti di interessi" o "delegittimazioni della magistratura", come chi gestisce la cosa pubblica ed ha vissuto o vive in "contiguità" con mafiosi, deve essere isolato e non difeso. Anche i gesti hanno un peso e non è tempo di rinviarli, serve coerenza e determinazione.






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