21.03.2007
La Casa della Legalità a Polistena
con Libera, alla XII Giornata della
Memoria e dell'Impegno
il messaggio di Liliana Esposito Carbone
La Casa
della Legalità e della Cultura Onlus aderisce e partecipa alla XII° Giornata della Memoria e dell’Impegno promossa da “Libera associazioni, nomi e numeri contro le mafie” di Don Luigi Ciotti, che si tiene a Polistena, nella Piana di Gioa Tauro, vicino alla Valle del Marro dove la mafia ha dovuto restituire il maltolto, nel primo giorno di primavera, 21 marzo 2007. Un appuntamento di incontro e di crescita, di conforto e coinvolgimento, per continuare nel cammino per la legalità, la giustizia e la sconfitta di tutte le mafie (quella che si vede e che spara e quella che non si vede nei luoghi del potere politico o economico). Non è una parata, non è un’occasione retorica. E’ un passaggio visibile di un impegno quotidiano. Di seguito, per comprendere davvero pienamente il significato di questa giornata e di questo impegno, il testo della Referente della Casa della Legalità e della Cultura di Locri, Liliana Esposito Carbone. [l’Ufficio di Presidenza]
il Messaggio di Liliana Esposito Carbone
Rientro a casa con Franco, in una Locri di prima serata piovigginosa, illuminata più dalle tante gioiellerie che dai lampioni comunali. Mi canta dentro la mente una poesia della mia infanzia : “...domani uscirà Primavera, vestita di primule e voli di rondini...”
Domani a Polistena, in provincia di Reggio Calabria, una cittadina interna rispetto alla zona tirrenica della regione, sarà celebrata
la XII Giornata
della Memoria e dell’Impegno, per ricordare le tantissime vittime delle mafie e per stringerci forte insieme nella volontà di cambiare l’indifferenza, il silenzio, la rassegnazione, l’assuefazione al sangue.
Ho incontrato, nell’Auditorium Comunale, don Luigi Ciotti, e poi Beppe Lumia, il Procuratore Giancarlo Caselli, Angela Napoli, Adriana Musella, Ida D’Ippolito; ho intravisto la signora Maria Grazia Laganà.
Tanti tanti, oltre 200, i familiari di vittime di mafie, ciascuno col suo lutto ineffabile, eppure molte testimonianze hanno condiviso eventi e spazio e tempo del dolore, e della volontà di denuncia e di annuncio di cambiamento.
Io non amo
la Locride
, non ho qui le mie radici, nè potrei amare una terra in buona parte barbara incolta e primitiva, ma qui mio figlio coltivava i suoi progetti di vita, di lavoro, di affetti. A questa terra ha dato il Suo sangue per i piccoli talassemici , così oggi sento che la vita continua oltre la sua vita.
Io non amo Locri, paese di silenzi e opportunismi, che mi ha detto “perfida e infame” poichè ho indicato nomi e fatti. Qui ci sono premurose nonne bottegaie imparentate con giudici d’assalto, che allevano i loro nipoti eletti, il cui padre con valentia scrive saggi di fenomenologia mafiosa. Ma tra una merenda e una lezione di catechismo, queste signore hanno trovato il tempo di condannare prima mio figlio, colpevole di essere amabile, e poi me, colpevole di fame di verità. Qui ci sono maestre che mi considerano esaurita, come le pile, perchè ho fatto un sit-in in piazza Tribunale, all’epoca non ancora piazza Fortugno, a 70 metri da loro, sedute in Collegio Docenti a sventolarsi con ventagli griffati. Faceva un caldo della malora, ma loro erano algide Signore Maestre. Persino un mezzo grand’uomo balzacciano mi ha giudicata male, ex catedra...
Non devo illustrare a nessuno quest’urlo di travaglio di parto infinito.
Oggi non è il momento di inventariare le misere ragioni degli altri, le inadempienze e le inettitudini, le insufficienze dello Stato, le tante disfunzioni della convivenza.
Oggi guardo l’olivo antico, potato fino allo spasimo dei suoi moncherini, e vedo il freddo di una grandinata fuori tempo, di stagioni che sconfinano e sfumano, e vedo ancora voli di tortore prefiche ilari e gaie; e vedo l’albicocco coperto di foglie piccine, e il trifoglio e la lupinella abbondanti nel Cimitero di Locri, violato in settembre dalla tracotanza della violenza mafiosa, in ottobre da scenografie d’occasione politica.
Oggi sento forte la mia voce e forti nell’anima le parole che don Luigi ci regalò sulla pietra di Massimiliano:
Geremia piangeva la sua afflizione, il sangue dei figli della sua terra. Sentiva il buio, la sventura, la solitudine e il suo gelo. Ma, richiesto dal Signore su cosa vedesse in quel momento, rispose: “Vedo un ramo di mandorlo in fiore”.
Oggi è forse questa la forma della Speranza. Forse questo è il suo colore splendido.
Liliana Esposito, mamma di MASSIMILIANO CARBONE, un ragazzo di Locri.
Aveva 30 anni brevi e puliti, quello che amava è
la Sua
eredità