Al Prof. Pellegrino Rinaldi

Al corpo docente del D.D. I° circolo - Locri

Al Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale di Catanzaro

Al Ministero della Pubblica Istruzione
cort. att. Dott. G. Cosentino, Dott. G. Raieta, Dott. Fabio Iodice

per dovuta pubblicazione in replica

al Direttore della Gazzetta del Sud


per conoscenza

- ai Referenti-Responsabili Casa della Legalità di Locri,
Liliana Esposito Carbone e Patrizia Prestia

- al Presidente di “Riferimenti”, Adriana Musella

- al Presidente di “Libera”, don Luigi Ciotti

- al Procuratore Nazionale Antimafia, Dott. Piero Grasso

- al nostro legale, Prof. Alfredo Galasso

- all’On. Beppe Lumia, vice presidente Commissione Antimafia

- all’On Angela Napoli, componente Commissione Antimafia



Emerito Prof. Pellegrino Rinaldi,
desideriamo innanzitutto sottolineare che la nostra Referente a Locri, Liliana Esposito Carbone, è persona che, non solo sa svolgere il proprio lavoro con attenzione ed elevata capacità, ma che ha un’ottima abitudine: dire le cose come stanno, trasmettendo i valori dell’onestà, del rispetto, della solidarietà e della giustizia, con semplicità ai suoi “bambini” come ai suoi figli, essendo, con il suo agire coerente e concreto esempio.

Siamo felici di comprendere che Le siete sempre stati vicini. Ma vede, a volte quello che ciascuno di noi interpreta come “stare vicino” è diverso, è, come normale, soggettivo. Lo stare vicino ad una madre che si è vista ammazzare il proprio figlio, che dopo due anni attende ancora verità e giustizia, che non perde la fiducia nello Stato e che porta avanti nel suo lavoro di educatrice, oltre che in quello sociale e civile, la promozione della cultura della legalità e dei diritti (è doveroso per ogni insegnante!), è condividere e promuovere l’attività educativa su questo terreno, coinvolgendo tutto il corpo docente, non quindi “tollerare” - e dunque “non ostacolando” - il lavoro che questa grande Maestra promuove da sola.

Certo è difficile trovare una dirittura morale, coerente e decisa, in terra di mafia, che educhi dal principio contro l’omertà, la prepotenza e sopraffazione, contro ogni forma di violenza. E’ difficile perché spesso l’educazione alla legalità è concepita come quell’ora (quei 55 minuti) una tantum, e non come asse portante e decisivo per l’offerta di un percorso educativo (poi si scoprono le drammatiche conseguenze di un insegnamento asettico, che ahimè internet amplifica, di episodi di “bullismo” - vicinissimo alla mafiosità – che tutti poi condannano). Non sarà forse per questo che le mafie hanno tanto consenso o tanta colpevole indifferenza intorno?

Certo è difficile quando, magari, si hanno, con ruoli influenti, nel proprio ambiente di lavoro, parenti di mafiosi o criminali. Certo è difficile in terra di mafia. Ma allora si cambi mestiere, se non si è pronti a rappresentare e promuovere lo Stato. E non si usi, abusi, della parola solidarietà! Un briciolo di decenza, per Dio! Non ci si sciacqui la bocca con i grandi proclami, quando i giornali scrivono (raramente) e quando i Ministri si recano in visita (commemorazioni ufficiali), per la legalità e l’antimafia, per poi, a taccuini chiusi e ministri ripartiti, riporre quei termini nel dimenticatoio e cancellare i sorrisi di convenienza, riponendoli insieme alle bandierine tricolori negli armadi impolverati.

Liliana Esposito Carbone e quindi la Casa della Legalità e della Cultura, legata a Libera e Riferimenti ben radicate e attive nella terra di Calabria, non formula mai accuse generiche, ma specifiche, a cui non interessa la “celebrità”, ma solo rompere il silenzio e produrre fatti. Quando è in possesso di “informazioni particolari” si ha la buona abitudine di riferirli, esclusivamente, all’Autorità preposta, non si è alla ricerca di scoop, ma di Verità e Giustizia.

Le dichiarazioni di Liliana Esposito Carbone - cioè di noi tutti – che denunciano che omertà e silenzio (anche ed in particolare nella terra della Locride, con decine e decine di morti ammazzati senza ancora verità e giustizia) significano - di fatto -  “complicità”,  “convivenza” e “connivenza” con le diverse ‘ndrine, sono parole sacrosante, dure come pietre, perché dura e così drammatica è quella realtà, dove, forse, anche il vicino di casa sa che sei condannato a morte e tace. Se qualcuno, nell’ambito del corpo docente della sua Scuola, si è sentito “colpito” da questi interventi pubblici, significa che in questa complicità, connivenza ed in questo comportamento di accettata convivenza, vi si è riconosciuto.
Altrimenti nessuno che sia stato effettivamente vicino, come Lei afferma, a Liliana Carbone si sentirebbe toccato da questa verità, detta e ripetuta, che: il “silenzio è complice ed uccide”. E se nessuno mai si fosse sentito parte di questo silenzio, non avrebbe mai promosso riunioni riservate o richiami forti e pesanti, lesivi della dignità, certo informali (come si addice a tutti i processi sommari ed a tutte le azioni che nei luoghi di lavoro si chiamano mobbing), negando quindi quell’ufficialità a cui solo ci si può opporre.

Quindi siamo lieti di comprendere che Lei e tutto il corpo docente siete vicini a Liliana Carbone, certamente in un modo “soggettivo” che bene però, è evidente, non si comprende. Con questa sua “raccomandata” vorremo assumere il Vostro impegno di fare dell’educazione alla legalità, sotto le varie forme possibili del gioco, come della musica ed altro, la colonna portante di tutta l’attività educativa della Vostra scuola. Come vorremmo essere certi che sul prossimo giornalino ci potranno essere 2 o 4 pagine in più per raccontarli (o anche a Voi manca la carta per parlare di Legalità?!). Auspichiamo che Lei sappia ricondurre chi ha organizzato incontri tra docenti e familiari di allievi, volti a screditare e accusare di “lesa onorabilità”, ad un comportamento trasparente e lecito,… O anche Lei preferisce il “silenzio”? Dalle parole che Lei ha scritto risulta labile il senso di "rispetto" di cui dovrebbe essere capace una qualsiasi persona, ma ancora di più in un ambiente educativo, in un Dirigente Scolastico. Vorremmo - è lecito chiederlo, pubblicamente - che Lei spiegasse perché quei toni e perché questi atti, o forse non può o non vuole dire chiaramente da cosa nasce quel palpabile nervosismo con cui si è espresso?

Come Lei certamente sa, in Italia, i processi sono volti ad accertare la verità dei fatti, dell’accaduto. Non vorremmo, per tanto, dover essere costretti a chiedere all’Autorità Giudiziaria di accertare quei comportamenti ambigui, lesivi a danno, quantomeno nell’isolamento, di Liliana Carbone che si sono sviluppati nella sua scuola. Fatti che hanno visto protagonista, a quanto pare – alla luce del suo intervento - con la sua accondiscendenza, una collega, che si è identificata in quelle parole, o che forse si è risentita perché per parentela è stata chiamata, come ogni cittadino onesto, a testimoniare di fatti e persone.

Emerito Pellegrino Rinaldi, la Legalità è una e una soltanto, non conosce amici o parentele e nemmeno limiti geografici. Un Dirigente Scolastico questo concetto dovrebbe averlo ben chiaro e onorarlo e vogliamo credere che la sua “raccomandata”, sia frutto di semplice nervosismo e superficialità a cui, converrà con noi è opportuno rimediare subito. Questo infatti, ancora di più, vale in una terra occupata militarmente dalle cosche mafiose, ben protette ed inserite anche tra i colletti bianchi ed il Potere, dove l'omertà è figlia di promesse ripetute e inevase per decenni. Qui come altrove, isolare, o tentare di isolare, chi promuove un effettivo ed efficace contrasto alla criminalità mafiosa ed alla cultura in cui questa trova forza ed acquiescenza, significa aiutare a colpiere, denigrare, uccidere chi la combatte. Rocco Chinnici diceva a Falcone: quando resti solo, sei morto! Lo abbiamo imparato a costo di morti ammazzati, uomini dello Stato, semplici testimoni, cittadini innocenti, sangue su sangue. Dimenticarlo, compiendo atti, pronunciando parole senza pesarle, in terra di mafia, è grave e profoca profondo disgusto, non soltanto indignazione. Non siamo maestri di vita. Non siamo eroi, ne missionari. Apprendiamo dalla storia, dalla vita vissuta di chi, prima di noi, accanto a noi, ha scelto di stare da una parte precisa: contro le mafie. Ed a chiunque, ma soprattutto a chi ricopre cariche o incarichi di responsabilità è doverosa la domanda: da che parte sta? E sacrosanto saperlo! Noi stiamo con Liliana, con tutti coloro che scelgono di affrontare con dignità il proprio dolore, mettendo la rabbia (da non confondere mai con il rancore!) al servizio di un lavoro in cui ci si sporca le mani, perchè si vuole dare la stessa dignità di esseri liberi ed uguali, a tutti.

Comunque, visto che ha già informato l’Ufficio Regionale del Ministero, con la presente comunichiamo anche a questi, che siamo convinti della necessità di un’immediata ispezione nella sua Scuola, che possa ricondurre e precisare certe “soggettive” interpretazioni ed i gravi comportamenti avvenuti, nel solco del rispetto e della serenità, nell’interesse supremo dei bambini e nella tutela delle prerogative e capacità della maestra Liliana Esposito Carbone.


Distinti saluti


l’Ufficio di Presidenza

Christian Abbondanza, Simonetta Castiglion, Enrico D’Agostino

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Di seguito l’articolo pubblicato dalla Gazzetta del Sud, il 22 novembre 2006, che riporta, tra l’altro, solo piccola parte della “raccomandata” del Prof. Pellegrino Rinaldi. Infatti vi sono state dichiarazioni e comportanti pesanti, nei confronti della nostra Referente Liliana Esposito Carbone, che ci hanno imposto di rispondere con la dovuta fermezza, chiedendo chiarimento e intervento a chi di competenza. Il fatto privato, il dolore per la perdita di Massimiliano, non doveva e non poteva essere inserito nell’ambito scolastico. Liliana ha compiuto ogni sforzo, riuscendoci, per evitarlo, perché è cosa distinta questa, dal dovere di educazione alla legalità, che ogni insegnante dovrebbe promuovere. Qualcuno, in ultimo il Dirigente scolastico, invece perseverando, ha fatto l’opposto. Per di più usando questo per colpire, delegittimare e isolare (tentativi falliti!) Liliana Esposito Carbone.

22.11.2006 - Gazzetta del Sud
Bovalino Smentita del dirigente scolastico del 1. Circolo di Locri

Rinaldi: mai torti o censure alla maestra Liliana Esposito

Giuseppe Pipicella

BOVALINO - Il dirigente scolastico del 1° Circolo didattico di Locri, prof. Pellegrino Rinaldi, ci ha inviato una raccomandata postale, con ricevuta di ritorno, indirizzata per conoscenza anche al direttore generale dell'Usr di Catanzaro, a tutti gli insegnanti del Circolo e all'insegnante Liliana Esposito Carbone con rischiesta di smentire «ufficialmente» quanto riportato nell'articolo "Renato Vettrice, aiutateci a trovarlo" il 14 novembre scorso relativamente alle dichiarazioni fatte dalla maestra Liliana Esposito Carbone, madre del giovane Massimiliano ucciso a Locri nel mese di settembre di due anni or sono, in occasione della conferenza stampa tenuta a Bovalino nell'aula consiliare del Municipio. Il dirigente Rinaldi, dopo avere espresso «solidarietà a chi rivendica verità e giustizia», tenuto conto di quanto letto, «respinge con forza l'affermazione "i torti ed i processi sommari" subiti sul lavoro, a scuola, addirittura la censura che ha subìto l'anno scorso un documento sulla legalità realizzato assieme ai suoi alunni» e chiede che la stessa venga smentita ufficialmente sullo stesso organo di stampa in quanto è da ritenersi diffamatoria nei riguardi di questa istituzione scolastica».

Il dirigente Rinaldi riconferma alla mamma Liliana Esposito Carbone quella solidarietà che «abbiamo sempre cercato di dare al meglio delle nostre possibilità relazionali, ma ciò non è stato sempre compreso».

Verso la maestra Liliana Esposito Carbone, invece, scrive ancora il dirigente scolastico, «non sono stati compiuti torti e nemmeno organizzati processi sommari» mentre per quanto riguarda la «censura», dopo altri chiarimenti, è confermato che il documento «non è stato pubblicato sul giornalino della scuola (unico numero del mese di giugno 2006) per dare spazio ad un'altra attività progettuale condotta dalla stessa maestra nella propria classe».






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