Genova, 9 maggio 2006 - aggiornamento al 11.05.06


La Casa della Legalità a Locri...
un'altra tappa del "Cammino contro le mafie"


LETTERA APERTA 
AL PROCURATORE NAZIONALE ANTIMAFIA
Dott. PIERO GRASSO

Ill.mo Procuratore Nazionale Antimafia, Dott. Piero Grasso,


dopo la tappa del "Cammino contro le mafie" a Locri tra il 30 aprile ed il 5 maggio scorsi, abbiamo visto concretamente quella realtà di contrasto netto tra legale ed illegale, tra rassegnazione e voglia di cambiamento, propria di una terra, quella della Locride e della Calabria in generale, che è piegata sotto il potere della 'ndrangheta, figlio di commistioni, convivenze e connivenze pesanti e diffuse, anche grazie ad una influente attività massonica.

La drammatica realtà della ASL di Locri testimonia il livello di infiltrazione e di "collaborazione" del potere pubblico con il potere criminale. I campi sportivi pubblici devastati accanto a quelli privati splendenti dimostra che sono le famiglie mafiose a decidere chi deve guadagnare a danno della comunità e delle nuove generazioni. La cattedrale nel deserto rappresentata dal Porto di Gioia Tauro, con quell'immenso spazio di retroporto inutilizzato, dove le poche navi che attraccano portano quasi sempre carichi di droga e contrabbando, segnano che le Istituzioni sono distanti e non impegnano coerenza ai programmi ed enunciati sullo "sviluppo" nel Mezzogiorno, quale occasione di lavoro e riscatto dei calabresi.


Ma il "Cammino" è stato anche occasione di incontro con realtà di dolore, quale quella delle famiglie oneste a cui sono stati strappati i propri cari dalla violenza, arrogante e barbara, dei mafiosi (affiliati o manovali di quella o questa 'ndrina). Morti lontano dai riflettori, decine e decine di vittime cadute sotto i colpi di assassini senza scrupoli e che hanno lasciato i propri familiari a dover ricorrere ad avvocati cari per poter sperare nella giustizia.

Non portano nomi importanti, molti di loro erano solo ragazzi che volevano continuare a lavorare e vivere la propria terra in modo onesto e libero, altri erano solo ragazzi, dei bambini. Sono morti lontano dai riflettori, senza cariche, sono morti ammazzati e meritano giustizia.

Bisogna fermare la mattanza che colpisce chiunque, che non rispetta nessuno e che decide di santificare con la morte il giorno dei defunti assassinando un ragazzo di tredici anni, unica colpa essere figlio di un rivale, basta così poco per essere uccisi in questa terra del sud. Nell'assenza di giustizia, nella lontananza delle Istituzioni, la mattanza colpisce uomini dello Stato, come gli agenti delle Forze dell'Ordine impegnati nel loro dovere e colpisce chi nello Stato ripone fiducia scegliendo di non tacere, testimoniare e collaborare per aiutare il riscatto dello Stato e dei tanti calabresi per bene.


E' dovere garantirla a ciascuno di loro, alle loro famiglie. Solo quando lo Stato riuscirà a garantire tutto questo, si darà forza alla speranza e voglia di cambiamento. La presenza forte delle Forze dell’Ordine è visibile ma non basta, non incide nella cultura, non spinge a fidarsi dello Stato…anche perché mai tutto il territorio può essere controllato e le morti continuano a venire. Un cambiamento culturale, l’incoraggiamento alla rivolta morale e civile, passa dalla mobilitazione di tutte le forze migliori, dall’indagare su ogni omicidio, non solo su quelli eclatanti o di vittime importanti.

Lo Stato deve dimostrare che i cittadini sono davvero uguali, che la vita è sacra per chiunque. E’, infatti, la cultura mafiosa che sancisce ineguaglianze inaccettabili. Lo Stato deve dare il massimo del sostegno e dell’impegno per tutte le vittime e per tutelare, soprattutto, chi non ha ne nomi importanti ne cariche, ma voglia di vivere onestamente, con umiltà e coraggio.

Le chiediamo quindi di mettere la sua competenza e le sue possibilità d’ufficio, consapevoli dell’impegno che già sta portando avanti per il contrasto deciso alle organizzazioni mafiose sia al sud che al nord, per garantire che queste decine e decine di vittime innocenti, come Massimiliano Carbone, abbiano finalmente uno Stato che lavora per tutelarne memoria ed eredità morale e civile, senza abbandonare i famigliari ed i cari che il sangue ha già segnato indelebilmente. E' questo l'appello che Le portiamo e che abbiamo sentito essere l'appello e la speranza dei tanti movimenti e gruppi di ragazzi della Locride che, da semplici cittadini, vogliono continuare ad aver fiducia nello Stato e vivere nella loro bellissma e martoriata terra.

Questa prossima estate saremo di nuovo a Locri, per un campo di studio, divertimento e lavoro, dove "liberaMente", con tanti ragazzi e ragazze impegnati concretamente nel sociale, ci si potrà incontarre e percorre ancora il "cammino" lungo la strada di riscatto e liberazione di questa terra. Speriamo di poter reincontrare i volti dei famigliari delle vittime innocenti e senza fama, con un tratto di speranza ad illuminare gli occhi lucidi e rendere più salda la voce spezzata da rabbia e indignazione.

La Casa della Legalità - Osservatorio sulle Mafie


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Il giorno 24 maggio 2006 e' stata organizzata "la marcia del silenzio" come silenzio totale c'e' su 32 omicidi nella locride. Tale marcia partira' da piazza Portosalvo in
Siderno.
La Casa della Legalità - Osservatorio sulle Mafie, legata alla Fondazione Antonino Caponnetto e Libera di don Luigi Ciotti, da la piena adesione all'iniziative; purtroppo da Genova e Firenze ci è impossibile partecipare attivamente, ma sarà presente la Casa della Legalità di Locri.
Noi prendiamo impegno a leggere la lista delle vittime di mafia ancora in attesa di giustizia in occasione della commemorazione del 23 maggio 2006 alle 16:30 a Calata Falcone e Borsellino nel Porto Antico di Genova.
Siamo con voi e faremo tutto il possibile per garantire verità e giustizia.
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breve rassegna stampa sulle vittime in attesa di giustizia






Fondazione Caponnetto
Libera contro le mafie
Libera Terra
Narcomafie
Gruppo Abele
Addiopizzo
Riferimenti
Rete del Bottone
Fondazione Falcone
ANM
Emmedi
Movimento x la Giustizia
Cuntrastamu
Antimafiaduemila
Associazione Antiracket
Peppino Impastato
Democrazia e Legalità
Centro Impastato
Centomovimenti
 MicroMega
Giustizia e Libertà
Sconfiggiamo la mafia
No Tav
Coord. No Tav Genova
SocialPress
Piero Ricca
Marco Travaglio
Beppe Grillo
Daniele Luttazzi
Sabina Guzzanti
Dario Fo
Franca Rame
Michele Santoro
MegaChip
Arcoiris
Report
AnnoZero
BluNotte
Uomini Liberi - Savona
GilBotulino - Calabria








Gazzetta del Sud – 5 maggio 2006

 

LOCRI - Il Primo Maggio di Liliana Carbone, maestra elementare e madre coraggio in attesa di giustizia: “Ma ho ancora fiducia”

Mio figlio Massimiliano, ucciso due volte

“L’assassino si è nascosto dietro un muro, e tanta gente continua a giustificarlo”

 

di Giuseppe Tumino

Reggio Calabria – Tra i tanti colori che hanno allietato la manifestazione nazionale tenuta a Locri dalla triplice sindacale in occasione del Primo Maggio, ve n’é uno che nessuno riuscirà forse mai a comporre su nessuna tavolozza: è quello del dolore, della disperazione, della rabbia, della sete di verità e di giustizia, del sentimento di impotenza di fronte a ciò che l’uomo, invece, dovrebbe poter facilmente dominare.
E’ il colore con cui lunedì scorso, giorno della festa del lavoro, appare dipinta l’atmosfera che regna attorno alla signora Liliana Esposito Carbone, donna gracile ma determinata, provata dal dolore più grande che una madre possa subire, ma tutt’altro che rassegnata. Madri coraggio, si usano chiamare quelle come lei: e nessuna espressione, nel conoscerla, ci è mai sembrata tanto appropriata.
Sono da poco passate le 10 del mattino. Dopo l’incontro dei Sindaci della Locride con i tre leader nazionali di CGIL-CISL-UIL, Epifani, Bonanni ed Angeletti, da palazzo Nieddu – Del Rio ci si dirige verso viale Matteotti dove è previsto il raduno degli oltre ventimila partecipanti al corteo del Primo Maggio. Alla fine di Corso Vittorio Emanuele, la signora Liliana, da sola, ha celebrato il suo personale Primo Maggio, per rendere testimonianza della sua sete di giustizia.
Maestra elementare in una scuola di Locri, la signora Liliana Esposito è la mamma di Massimiliano Carbone, un giovane imprenditore caduto nell’agguato di un killer solitario la sera del 17 settembre del 2004 mentre rientrava alla sua abitazione, nei pressi del campo sportivo e morto in ospedale una settimana più tardi. Presidente della cooperativa di servizi “Arcobaleno”, Massimiliano, 30 anni, quella sera venne colpito a tradimento da un assassino al quale oggi, a distanza di 20 mesi, la giustizia non ha ancora ufficialmente dato un nome.
La signora Carbone reggeva un cartello su cui ha incollato una foto di suo figlio Massimiliano; accanto a questa, una scritta: “Un ragazzo di Locri, I Maggio 2006, 590 giorni dopo, il suo assassino  libero”. Intorno a lei c’erano i ragazzi de “La Gurfata”, un gruppo di animazione della Locride e alcuni esponenti della “Casa della Legalità”, giunti appositamente da Genova per istituire a Locri una sede del loro sodalizio presso i locali della comunità Mistya.

Liliana Carbone col suo gesto intende “richiamare l’attenzione – ci dice – di quella parte di Locri che aveva “annunciato” e ha addirittura giustificato la morte violenta di mio figlio, e che nell’ipocrisia e nel falso riserbo non si prende carico dell’eredità morale che Massimiliano ha lasciato”.
Sa benissimo, e del resto lo desidera  anche lei, che la città vuole risalire la china, chiede di scrollarsi di dosso il pesante fardello che si porta sulle spalle per colpa di una minoranza. Sa altrettanto bene, però, che spesso per far sentire la propria voce bisogna “approfittare” di quei momenti, di quelle circostanze particolari grazie alle quali i riflettori vengono accesi su persone e cose. Un altro genitore, Mario Congiusta, qualche settimana fa, a pochi giorni dalle elezioni politiche, aveva manifestato pubblicamente a Sidereno perché venisse dato un nome e un volto al killer del figlio Gianluca, assassinato il 24 maggio del 2005.
”Ho fiducia nel Prefetto De Sena – continua Liliana Esposito – una persona della quale ho potuto apprezzare la straordinaria lealtà e che mi ha in parte rasserenata sull’impegno inesausto di magistratura e forze dell’ordine non solo sull’omicidio di mio figlio, ma anche su tutte le altre vicende che insanguinano la nostra terra. Non ci sono morti ammazzati di serie A e di serie B, mi ha detto il Prefetto: e io gli credo”.
”L’assassino di mio figlio – conclude la maestra Liliana – si è nascosto dietro un muro di un metro e mezzo e oggi si nasconde dietro una maschera di ipocrisia e falso perbenismo, nell’acquiescenza di troppe persone che considerano me un infame per averlo, da subito, indicato con nome, cognome e movente. Un delitto non di mafia ma di chiara mentalità mafiosa, maturato e “giustificato” nella maldicenza e nel mormorio”.
E se non è coraggio questo…

Un solo colpo di fucile, sparato alle spalle

Antonello Lupis

LOCRI – Un solo colpo di fucile da caccia calibro 12 caricato a pallettoni. Sparato, tra l'altro, dal killer da una distanza di oltre dieci metri e, vigliaccamente, alle spalle. Così, a novembre del 2004, è stato assassinato a Locri il giovane Massimiliano Carbone, 30 anni, incensurato, responsabile della cooperativa "Arcobaleno Multiservice".

L'agguato all'intraprendente imprenditore locrese scattò nella tarda serata di venerdì 17 novembre del 2004 mentre Carbone, dopo aver disputato insieme agli amici, com'era solito fare, una partita di calcetto, stava rincasando. Il giovane, stimato e ben voluto da tutti, dopo aver parcheggiato la sua autovettura si stava accingendo ad aprire il portone della sua abitazione, in via Cusmano, non lontano dalla stadio comunale locrese, quando all'improvviso un sicario appostato dietro un muretto alto circa un metro e mezzo gli esplose alle spalle un colpo di fucile calibro 12 caricato a pallettoni.

La "rosa" dei pallettoni raggiunse la vittima in più punti del corpo e in particolare l'arteria femorale. Subito soccorso dal fratello, Massimiliano Carbone fu trasportato all'ospedale di Locri e sottoposto d'urgenza a un delicato e lunghissimo intervento chirurgico: il molto sangue perduto gli aveva infatti causato una terribile emorragia A distanza di una settimana dall'agguato, e nonostante le cure dei sanitari, il cuore di Massimiliano Carbone cessò di battere alle prime luci dell'alba di venerdì 24 novembre 2004.

Il solitario killer, a distanza di quasi 20 mesi dal delitto, è ancora senza volto, come è purtroppo la regola nella maggior parte dei 29 omicidi commessi nella Locride negli ultimi 18 mesi.

 

Calabria ora – 3 maggio 2006

C’è una madre che non festeggia
Liliana Carbone nel corteo con la foto del figlio assassinato.
LOCRI
L’altro primo maggio, che non lascia spazio a festeggiamenti e slogan, è quello della signora Liliana, una madre di Locri che chiede giustizia. Suo figlio, Massimiliano Carbone, era il presidente della Cooperativa “Arcobaleno” ed è stato ucciso il 17 settembre del 2004. Ha appesa al collo la foto della vittima e, nel dare sfogo alla propria rabbia, ringrazia tutti quelli che per qualche minuto si fermano ad ascoltarla: “Io conosco la verità sulla morte di Massimiliano, la quale era stata preannunciata da una larga parte dei cittadini di questa città. Qui si può morire perché si è amabili e laboriosi. Lo guardi mio figlio: non ha offeso, né umiliato alcuno, eppure questa città sembra giustificare la sua morte. Alcuni professionisti locali non sono venuti al funerale perché amici d’infanzia dell’unica persona indiziata, il cui nome ho immediatamente indicato agli inquirenti, nei sei giorni di autentica crocifissione passati da mio figlio all’ospedale. Non è stato solo un proiettile calibro 12 ad ucciderlo sotto casa, ma la pusillanimità di tanti. Mio figlio è stato il primo “ragazzo di Locri”, che scelse di rimanere a lavorare qua con un fucile piantato addosso. Io ho fatto il nome di chi avrebbe potuto trarre vantaggio dall’omicidio di Massimiliano ed anche il movente, fornendo altresì le prove. A tutt’oggi – continua la madre di Massimiliano – non è pervenuta nemmeno la perizia autoptica e sono passati 19 mesi. Il prefetto mi ha promesso verità è giustizia, ma non basta. Io le aspetto dalla città, che ha fornito giustificazioni ed alibi a questo individuo. Massimiliano lascia un bambino di sette anni: è per lui che combatto. Io non ho diritto alla giustizia: ho il dovere di chiedere giustizia”.
g.l.a. 


ECO DI SIDERNO
Conferenza stampa del papà di Gianluca Congiusta
di Antonio Tassone
E’ trascorso quasi un anno da quel 24 maggio 2005 quando per mano assassina il caro amico Gianluca Congiusta non è più in mezzo a noi. Un anno durante il quale la famiglia di Gianluca Congiusta ha cercato in tutte le maniere di fare quadrato per cercare di portare avanti l’attività che Gianluca con grande merito, nello spazio di pochi anni era riuscito a far decollare, anche a costo di molti sacrifici sia personali che economici. ”E’ da un anno- ha dichiarato Mario Congiusta- che noi aspettiamo delle risposte. Vogliamo, anzi esigiamo, che le autorità dello Stato, individuino al più presto esecutori e mandanti”. ”Chi ha ucciso Gianluca sappia che si troverà sempre addosso al suo collo il mio impegno civile e di giustizia , assieme al mio anche quello di molte altre persone che ci sono state vicine in questo periodo tragico ( non pseudo amici- da dichiarato Mario ma amici veri) . ”Sono 26 i delitti ancora impuniti, l’articolo 2 e 3 della Costituzione riconosce alcuni diritti inviolabili ed è per questo motivo che se non ci saranno degli impegni precisi rimetterò assieme al mio certificato elettorale anche quello di altri 100 cittadini che sono disposti a proseguire questa forma di battaglia civile e di legalità”. ”A me basta una semplice telefonata del Prefetto, Luigi De Sena, che stimo ed ammiro moltissimo, perchè se dice una cosa la mantiene, una telefonata che possa servire a garantire che si sta effettivamente facendo tutto il possibile non soltanto per la risoluzione del caso di Gianluca, ma si badi bene,anche per ciò che riguarda gli altri eventi delittuosi che hanno riguardato questo territorio, la maggior parte dei quali rimasti ancora impuniti”. E’ quindi seguito un intenso dibattito con i giornalisti . Durante la conferenza stampa Mario Congiusta ha specificato come dopo la morte di Gianluca siano cambiate tante cose anche all’interno dell’azienda tanto che proprio qualche giorno fa la famiglia ha deciso di gettare la spugna cedendo a terzi proprio quell’attività commerciale ubicata sul corso della Repubblica alla quale Gianluca aveva dedicato gran parte della sua pur giovane età assieme alla ragazza Katiuscia, ora andata a lavorare fuori regione. ” E’ stata una scelta dolorosa ma che abbiamo dovuto necessariamente fare”.





Repubblica on line – 20 marzo 2006
Vincenzo Cotroneo, centravanti del Locri, freddato alla guida
della sua auto mentre tornava a casa. Era incensurato
Agguato mortale nella Locride
ucciso calciatore dilettante

Aveva giocato anche nelle giovanili del Torino e poi in C/2
BIANCO (Reggio Calabria) - Agguato mortale per un calciatore dilettante nella Locride. Vincenzo Cotroneo, centravanti nella squadra del Locri, 28 anni, incensurato, è stato ucciso la scorsa notte a Bianco, un paese in provincia di Reggio Calabria.
Cotroneo tornava a casa alla guida della sua auto, quando gli è stato teso l'agguato mortale. Secondo i carabinieri la vettura è stata affiancata da un'altra con a bordo due persone, che hanno sparato con un fucile e una pistola. La morte di Cotroneo è stata istantanea.
La squadra in cui Cotroneo giocava disputa il campionato di promozione calabrese, ma secondo i carabinieri della Compagnia di Bianco, che indagano in tutte le direzioni per accertare il movente dell'assassinio, l'omicidio non sarebbe legato al mondo dello sport. Cotroneo era una persona conosciuta in provincia di Reggio Calabria, proprio per la sua attività di calciatore e in passato aveva giocato in numerose squadre. Quello in corso era il secondo campionato che disputava col Locri.
Cotroneo aveva giocato anche sabato scorso, nell'incontro che il Locri aveva disputato in casa contro il Roccella, vincendo per 1-0. Il fatto che fosse incensurato non porta gli investigatori ad escludere un possibile collegamento tra l'omicidio e ambienti della criminalità organizzata, anche se al momento non risulta che il giocatore frequentasse pregiudicati della zona.
Gli elementi in possesso dei carabinieri per fare luce sull'assassinio, almeno per il momento, sono scarsi e non c'è nulla che possa consentire di indirizzare le indagini lungo una pista precisa. L'agguato non ha avuto testimoni: Cotroneo era solo in auto in una zona deserta quando è stato freddato dai suoi assassini.
Compagni ed amici, che non sanno darsi una spiegazione dell' omicidio, lo descrivono come una persona dal forte temperamento e dal carattere deciso, qualità che lo avevano fatto primeggiare, sul piano della personalità, in tutte le squadre in cui aveva militato. Cotroneo aveva giocato nelle giovanili del Torino, poi nella Centese, in C/2 e in Puglia. Quindi, cinque anni fa, il ritorno in Calabria.
Nel novembre scorso Repubblica aveva pubblicato un'inchiesta
sulle infiltrazioni della 'ndrangheta nel mondo del calcio.


Corriere on line – 21 marzo 2006
Il giovane, 28 anni, era incensurato. Ancora aperte tutte le ipotesi
Calabria, ucciso calciatore dilettante
Il centravanti del Locri, Vincenzo Cotroneo, è stato freddato a colpi di pistola e fucile mentre era da solo a bordo della sua automobile

LOCRI (Reggio Calabria) - Un calciatore dilettante, Vincenzo Cotroneo, 28 anni, incensurato, centravanti del Locri, squadra che milita nel campionato di promozione, è stato ucciso nella notte tra domenica e lunedì a Bianco, un centro della Locride. L'agguato è avvenuto mentre Cotroneo, alla guida della propria automobile, stava facendo rientro a casa.
L'AGGUATO - La vettura condotta dal giovane, secondo una prima ricostruzione dei carabinieri, è stata affiancata da un' altra auto con a bordo due persone che hanno sparato con un fucile ed una pistola. La morte di Cotroneo è stata istantanea. Secondo i carabinieri della compagnia di Bianco, che indagano sul delitto, l'attentato non sarebbe legato al mondo dello sport. Le indagini sono in tutte le direzioni e ogni ipotesi resta aperta.
LA VITTIMA - Cotroneo era una persona conosciuta in provincia di Reggio Calabria, proprio per la sua attività di calciatore. In passato aveva giocato in numerose squadre e quest'anno era alla sua seconda stagione col Locri. Cotroneo, tra l'altro, aveva giocato anche sabato scorso nell' incontro che il Locri aveva disputato in casa contro il Roccella, vincendo per 1-0.
LE INDAGINI - Il fatto che Cotroneo fosse incensurato non porta gli investigatori ad escludere un possibile collegamento tra l'omicidio ed ambienti della criminalità organizzata, anche se al momento non risulta che il giocatore frequentasse pregiudicati della zona. Nel momento dell'agguato Cotroneo era solo in auto (una Volkswagen Golf). L'omicidio, dunque, non ha avuto testimoni. Gli elementi in possesso dei carabinieri per fare luce sull'assassinio, dunque, almeno per il momento, sono scarsi e non c'è nulla che possa consentire di indirizzare le indagini lungo una pista precisa.


GAZZETTA DEL SUD – 1 novembre 2005
Reggio Calabria
L'imponente controffensiva delle forze dell'ordine dopo l'omicidio Fortugno
non ferma la spirale di ferocia

Delitto in pieno sole, Locride sconvolta
Antonio Giorgi è il 26. morto ammazzato negli ultimi 14 mesi

di Paolo Toscano

Un altro omicidio. Un'altra croce sul groppone della Locride ormai in ginocchio. È il ventiseiesimo morto ammazzato nell'arco degli ultimi 14 mesi. Allo sconcerto per l'ennesima esplosione di violenza criminale si accompagna il raccapriccio per le modalità barbare con cui è stata tranciata la vita di un ragazzo. Antonio Giorgi, 20 anni, ha provato a sfuggire al suo atroce destino speronando con l'auto la moto dei killer. È stato bloccato dalla vettura condotta da un altro componente del commando. Il tentativo di fuga a piedi è stato stroncato senza pietà. Prima ferito, il giovane è stato raggiunto e finito a colpi di 357 magnum. La firma di gente spietata che ha dato il “benvenuto” al Csm in visita a Locri. Fanno rabbrividire le modalità ma fa, soprattutto, paura pensare che in questo lembo di Calabria si continui a sparare e uccidere in pieno giorno. Sembra di essere nel Far West quando a dettare legge erano le colt e i banditi scorazzavano impuniti. Oggi vomitano piombo incandescente i revolver e le automatiche di grosso calibro. Lo fanno in una provincia che si trova sotto la massiccia pressione delle forze dell'ordine impegnate con straordinario schieramento di uomini e mezzi, anche di reparti speciali di Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza, nella caccia a mandanti ed esecutori dell'omicidio di Francesco Fortugno. Già l'omicidio del vice presidente del Consiglio regionale, un autentico macigno piombato il 16 ottobre scorso sulla strada della rinascita di una provincia che negli ultimi anni puntava a cancellare la vergogna delle guerre di 'ndrangheta, delle faide tra clan, degli scontri feroci per assicurarsi il controllo di attività lecite e illecite. Ma anche la pagina nera della stagione dei sequestri di persona, il narcotraffico, le intimidazioni, le estorsioni. Tutti anelli di quella catena che ha privato delle libertà fondamentali una popolazione provata, colpita anche nella volontà di invertire l'avvicinamento a tappe forzate verso il baratro. Ma ritorniamo a questa lunga sequela di omicidi che ha insanguinato la Locride. La triste serie inizia il 17 settembre 2004. Si comincia a sparare per le strade di Locri e viene ucciso Massimiliano Carbone, 30 anni, titolare di una cooperativa di servizi. Trascorrono appena due giorni, il 19 settembre lugubri rintocchi si avvertono a Grotteria dove, Giuseppe Commisso, 29 anni, parrucchiere viene assassinato. Il 29 settembre a Bianco si consuma il tragico destino di Bruno Mollica, 56 anni, geometra. Arriva il 2 novembre e nella ricorrenza dei defunti a Ferruzzano vengono assassinati padre e figlio pastori, Pasquale e Paolo Rodà, 36 e 13 anni. Il 6 gennaio a Casignana viene ucciso, Salvatore Favasuli, 20 anni, commesso, di Africo. Il 17 gennaio a Stilo cade sotto i colpi di un killer Marcello Geracitano, 31 anni, operaio. Il 15 febbraio si torna a sparare a Locri. Cade una vittima eccellente, Giuseppe Cataldo, 36 anni, nipote dell'omonimo capoclan. Si arriva al 7 marzo e a S. Ilario, viene assassinato Francesco Lucà, 45 anni, benzinaio. Il 17 aprile a Portigliola cadono in un agguato Giuseppe e Giovanni Longo, 58 e 21 anni, pensionato e operaio. Il 20 aprile a Ferruzzano le armi tornano a crepitare per la sentenza di morte che riguarda Elia Altomonte, 30 anni, imprenditore. Si arriva al 24 maggio e a Siderno viene ucciso Gianluca Congiusta, 34 anni, commerciante. Il 31 maggio a Siderno viene colpito un altro obiettivo importante nello scontro tra clan, Salvatore Cordì, 51 anni, nipote del capoclan Antonio Cordì “U Ragiuneri”. Il 26 giugno a Bovalino l'assassinio di Pepe Tunevic, 36 anni, slavo, ambulante. Un mese dopo, il 26 luglio, a Gioiosa viene ammazzato Pasquale Simari, 40 anni. Il 15 agosto a Mammola si registra l'omicidio di Domenico Barillaro, 45 anni, operaio forestale. L'8 settembre a Gerace viene ucciso sotto gli occhi della moglie Fortunato La Rosa, medico oculista in pensione. Il 16 settembre a Bovalino l'omicidio dei fratelli Domenico e Filippo Cristarella, 60 e 57 anni, braccianti agricoli. Il 17 settembre a Bruzzano Zeffirio, Giuseppe Talia, 26 anni, bracciante agricolo, di Bruzzano, Antonia Lugarà, 27 anni, commerciante, di Ferruzzano. Il 16 ottobre l'omicidio di Francesco Fortugno a Locri e il 28 ottobre a Gerace l'uccisione di Raffaele Marturano. Ieri il ventiseiesimo omicidio.


LA RIVIERA - 10.10.2005
L'APPELLO - Parla il padre di Gianluca Congiusta
Siderno - “Aiutateci a sapere perché, ad assicurare alla Giustizia gli assassini di Gianluca.
Aiutate noi ed anche gli altri famigliari di tante vittime.
Le persone civili, in particolare i giovani, rompano il muro di silenzio.
Sono convinto che qualcuno ha visto e che qualcuno sa.
Anche un piccolo indizio, che ci sembra insignificante, potrebbe essere risolutivo ai fini delle indagini.
Inviate un segno, anche in forma anonima, a chi preferite: a noi, ai giornali, alle Forze dell’Ordine ma inviatelo!
Se non facciamo nulla, altri padri, altre madri, altre sorelle domani piangeranno sulla tomba di un loro familiare morto, perché qualcuno si è arrogato il diritto di togliergli la vita.
Il 24 maggio è morto Gianluca, domani potrebbe toccare a qualunque giovane che vive in questa terra, potrebbe toccare anche a te perché non esiste un “vaccino” capace di evitare questa barbarie.
Vi è “un’emergenza Calabria”, la criminalità, emergenza che dovrebbe essere messa al primo posto ed al primo punto all’ordine del giorno
Di tutte le istituzioni: Comuni, Province, Regioni e Stato.
Emergenza che dovrebbe essere il primo pensiero di tutti i politici e che è, invece, il primo pensiero di pochissimi perché gli altri, i tantissimi, sono impegnati a consolidare quello che hanno avuto ed ad avere quello che ritengono sia loro dovuto.
Ai tantissimi vorrei ricordare quanto si legge sul sito ufficiale del Ministero dell’Interno:
“La sicurezza del cittadino e la tutela della sua incolumità e delle libertà individuali garantite dalla Costituzione sono tra le principali finalità istituzionali”.
Noi familiari, abbiamo perso tutto con la morte di Gianluca ma molte persone hanno perso un “qualcosa”.
C’è chi ha perso un sorriso.
C’è chi ha perso un amico sincero.
I bambini, adottati a distanza, hanno perso il loro sostegno.
Telethon ha perso un collaboratore ed un sostenitore.
Molti giovani sportivi hanno perso il loro sponsor.
Tanti hanno perso i piccoli favori di cui Gianluca era prodigo ma pochi hanno fatto una qualche piccola cosa che forse potevano e, forse, dovevano fare.
Se non facciamo nulla saremo tutti responsabili dei prossimi omicidi.
Diciamo basta all’omertà!
Non ci scandalizziamo quando qualcuno ipotizza il bisogno dell’Esercito: ben venga l’esercito, se serve a porre finalmente fine a questo nostro non vivere ma costretti a convivere con scelte non nostre!
Nessuno ha diritto di toglierci la vita.
Aiutateci,mandateci un indizio.
Mario Congiusta



GAZZETTA DEL SUD – 18 settembre 2005
Reggio Calabria
Il commento
MAFIA, MISERIA E GIUSTIZIA NEGATA
Giuseppe Tumino
Ventidue croci sulla schiena della Locride, nessun colpevole. Il numero cardinale dei morti ammazzati vale solo per le statistiche, quello che è davvero raggelante è l'assuefazione alla dimenticanza. È qualcosa che salta in mente ogni volta che i media nazionali ci ossessionano per mesi sui delitti che fanno scalpore, quelli che diventano misteri, Marta Russo, Cogne, i vecchietti della Valcamonica. Ce lo ripetono sempre: se un omicidio non si risolve nelle 48 ore, è probabile che non si risolva mai, che l'assassino la faccia franca. Se non fosse un orrore sarebbe da ridere, dalle nostre parti. Ventidue omicidi, nessun colpevole. La regola delle 48 ore vale nel resto d'Italia, dove un delitto squassa il tanto invocato quieto vivere, e quindi infiamma coscienze e apre occhi. Di opinione pubblica, forze dell'ordine. Di testimoni, di gente che sa qualcosa e la dice: gente che collabora perché quello che avviene è inaccettabile, perché nessuno vuol vivere in un mondo in cui chi uccide resta impunito. Qui no. È solo sangue che segue altro sangue, e altro ancora ne precede. Ne parleremo per un paio di giorni, una settimana forse, poi l'attualità ci farà ingoiare sangue fresco. E due ragazzi morti usciranno dalla cronaca viva per essere solo, irrimediabilmente, numeri. Nessuna mafia è alibi. Nessuna, mai. Gli uomini della 'ndrangheta colpiscono indisturbati perché sanno che la mafia è nella nostra paura. È nella miseria del lavoro che non c'è, è nel ricatto del pizzo pagato in silenzio. È nell'impresa taglieggiata, nelle fabbriche costrette a chiudere. La mafia è nei voti elettorali venduti a pacchetti, a sporchi galoppini, in cambio della promessa di un posto miserabile, di un beneficio che puzza di elemosina. La mafia è nella rassegnazione, nella capacità di indignarsi perduta, nei secoli dei secoli. La mafia è questo: un morto ammazzato uguale un numero. Esattamente un anno fa a Locri cadeva in un'imboscata Massimiliano Carbone, incensurato e senza macchia, il primo numero, il primo grano del nostro rosario di morte. Da allora la sua madre coraggio aspetta di leggere il nome dell'assassino. Ecco, la mafia nella Locride è anche dove le cosche non c'entrano nulla. Nella terra dell'abitudine al sangue, la mafia è anche abitudine alla giustizia negata. Vergogna, per tutti noi.


ESPRESSO - Siderno, 25 mag 2005 -09:10
COMMERCIANTE UCCISO A COLPI D'ARMA DA FUOCO NEL REGGINO
Un giovane commerciante Gianluca Congiusta, 32 anni, titolare di un "Centro Tim" sul corso della Repubblica e di alcuni esercizi commerciali per la vendita di telefonini cellulari a Siderno, e' stato assassinato nella tarda serata di ieri a colpi d'arma da fuoco. Il giovane, figlio di un commerciante anch'egli impegnato nel mondo della telefonia e degli elettrodomestici, e' stato ucciso intorno alle 23 in una zona periferica di Siderno, probabilmente mentre rientrava alla propria abitazione. Ad agire sarebbe stato un solo killer che ha esploso contro la vittima designata almeno cinque colpi di pistola di grosso calibro. Si attendono comunque i primi risultati degli esami balistici per sapere con certezza il tipo di arma usata. Il giovane commerciante e' stato raggiunto al volto ed al collo dalle micidiali scariche ed e' morto sul colpo. Sul luogo del delitto cono confluiti gli agenti del locale Commissariato di Polizia ed i Carabinieri della Compagnia di Locri. Abbottonatissimi gli inquirenti che in nottata hanno lasciato intendere che si tratta di un omicidio dalla difficile chiave di lettura e dagli aspetti inquietanti. Gianluca Congiusta, incensurato, era conosciutissimo a Siderno ed in tutta la Locride. Il nome della sua azienda, infatti, appariva sempre nella sponsorizzazione d'iniziative finalizzate alla valorizzazione degli aspetti umani e socio-culturali della Locride. (AGI)