22.07.2006 Corriere Mercantile

Sotto pochi centimetri di terra scavando con una zappa sono stati trovati bisturi arrugginiti, flebo, camici, suole di scarpe, calzari, flaconcini di vetro di vari colori, confezioni di medicinali, provette. Una perizia ha già rivelato la presenza di amianto nell’acqua di una sorgente della zona. I rifiuti sarebbero stati depositati abusivamente negli anni Ottanta


SCOPERTA UN’IMMENSA PATTUMIERA DI TRENTA ETTARI
Una montagna di rifiuti tossici
La Procura apre un’inchiesta:
blitz della Digos nelle terre del marchese Cattaneo Adorno
 

E’ un tappeto che affiora sotto l’erba e che la pioggia, i cinghiali e il tempo hanno svelato. Tra i prati e i castagneti, in una distesa di almeno trenta ettari che sa di natura incontaminata, sotto uno strato di appena pochi centimetri di terriccio, qualcuno ha nascosto un’immensa discarica di rifiuti. Apparentemente di un solo tipo: ospedalieri. E’ bastata una zappa. Chissà cosa farebbe una ruspa. In un attimo come reperti inquietanti abbiamo trovato bisturi arrugginiti, flebo, camici, suole di scarpe, calzari, flaconcini di vetro di vari colori, confezioni di medicinali, provette. Masone, località i Piani, le valli del Latte, lembo di Liguria che bussa al Piemonte. In paese c’è chi dice «che lo sapeva». Ancora recentemente se n’è parlato. Ma ben pochi sanno che adesso, in gran segreto, la Procura ha deciso di aprire un fascicolo. La Digos ha già avviato un lungo sopralluogo. L’area potrebbe essere presto posta sotto sequestro per procedere a scavi che per anni nessuno ha mai ordinato.
LA PERIZIA - L’inchiesta è stata aperta dal procuratore aggiunto Mario Morisani. Agli atti c’è già una perizia. Ad eseguirla è stato un biologo incaricato da un imprenditore che cinque anni fa prese in affitto l’area con l’obiettivo (diventato poi irrealizzabile) di aprire un’azienda agrituristica. Le conclusioni di questo studio sono allarmanti. Attraverso una decina di “carotaggi” compiuti a campione su varie parti degli oltre trenta ettari del terreno si è stabilito che, mediamente, sotto uno strato di non oltre trenta centimetri ci sono tracce inequivocabili e consistenti di rifiuti: ospedalieri, tossici, edilizi. “Pattume” speciale mai trattato adeguatamente come prevedono le norma e il buon senso. Senza un certo tipo di precauzioni il rischio di gravissimi danni ambientali (pensiamo alla contaminazione delle falde acquifere) è altissimo. E non sarebbero casuali quindi i risultati dell’analisi compiuta su una sorgente della zona: gli esami in laboratorio hanno rivelato che nell’acqua c’è una “significativa” percentuale di amianto.
CENTOMILA METRI CUBI - E’ la massa di terra da movimentare per stabilire cosa si nasconde per trenta ettari sotto un esile strato di erba e terriccio. A stabilirlo è stato il biologo nel corso della perizia. Secondo la quale si ipotizza la presenza di almeno trentacinquemila metri cubi di rifiuti di tutti i tipi.
IL PROPRIETARIO – I trenta ettari fanno parte di un territorio, davvero sterminato, intestato al marchese Giacomo Cattaneo Adorno, il facoltosissimo imprenditore genovese latitante da anni e coinvolto in varie inchieste riconducibili alla “Tangentopoli” genovese di metà degli anni Novanta. L’area si estende da Masone fino al comune di Bosio, in provincia di Alessandria. Attraverso i suoi avvocati il marchese in fuga è stato in causa con una signora di Ovada che a metà degli anni Novanta prese in affitto l’area anche lei con l’intenzione di avviare un’azienda agrituristica. E ha sempre perso. Lo scorso 15 giugno anche il giudice d’appello ha confermato il risarcimento a favore della donna stabilito in primo grado: poco meno di 500 mila euro.
CHI HA PORTATO I RIFIUTI?- E’ quanto dovranno stabilire la Procura e la Digos. E non c’è solo quello da scoprire. Da quando sono stati interrati? Forse, negli anni Ottanta. Forse, prima. Sui “reperti” che abbiamo recuperato non ci sono tracce leggibili che possano indicare date di produzione o di utilizzo. Su un flacone di plastica la scadenza è scolorita. Uno dei bisturi che abbiamo trovato era quasi deformato dalla ruggine. Sulle flebo le etichette sono state decomposte dalla pioggia e dal fango. Ben difficilmente dalla semplice analisi dei singoli rifiuti si potrà stabilire la data e tantopiù la provenienza.
IL TRASPORTO - Di sicuro c’è che questa massa di migliaia di metri cubi di rifiuti speciali qualcuno l’avrà ben trasportata. E non certo in mondo invisibile. Con ogni probabilità per un certo tempo i camion hanno fatto la spola tra la provinciale e poi su per via Romitorio fino ai Piani. Oltretutto i prati sono collegati alla viabilità comunale da una serie di strade bianche carrozzabili. Larghe, apparentemente sproporzionate. Non è un azzardo pensare che tracciarle con quelle dimensioni non sia stata affatto una casualità.
LA DISCARICA - I trenta ettari sotto i quali sono sepolti i rifiuti speciali confinano con un’area che fino agli Sessanta fu una vera e propria discarica ufficiale. Dove arrivavano rifiuti solidi urbani ma pare anche “speciali” provenienti da altri comuni, compreso Genova. Poi, anche a seguito delle proteste degli abitanti, quella discarica fu chiusa e bonificata. Era un’epoca in cui le normative di salvaguardia ambientale e più in generale in materia di rifiuti erano molto blande. Il sospetto è già in quegli anni oltre alla discarica ufficiale (di circa cinque ettari) anche l’immensa area circostante era stata trasformata, in questo caso abusivamente, in una pattumiera dalle dimensioni sterminate. C’è un’altra ipotesi che lega i due “siti”. Nei trenta ettari potrebbero essere stati trasferiti i rifiuti (non solo quelli ospedalieri) rimossi dalla discarica ufficiale. Insomma una bonifica: rapida e a basso costo per chi l’avrebbe condotta magari prospettando alle autorità competenti destinazioni e budget ben diversi. Un’ipotesi, ripetiamo. Che nessuno però in tutto questo tempo ha mai scandagliato.
ANDREA FERRO  



23.07.2006 - Corriere Mercantile 

RIFIUTI TOSSICI A MASONE
Il sindaco:
«E’ una discarica abusiva, tutti lo sanno
ma nessuno è intervenuto»
«Per anni da Genova hanno trasportato i i rifiuti della Volpaia senza alcuna autorizzazione. Erano altri tempi... Spero che la magistratura faccia chiarezza»

Nessuno sa cosa c’è veramente là sotto. E nessuno, in quarant’anni, si è preoccupato di saperlo. L’immensa pattumiera dei Piani di Masone di proprietà del marchese (latitante) Giacomo Cattaneo Adorno è un mistero a cielo aperto. Perché sono anni che dall’erba, su una superficie di almeno trenta ettari, fioriscono reperti inquietanti. Soprattutto rifiuti ospedalieri: provette, flaconi di medicinali, bisturi, calzari, flebo. Quando c’è il sole luccicano. Tutti vedono, si abbagliano. E fanno finta di niente. Adesso tocca ad un magistrato, il sostituto procuratore Gabriella Marino che ha ricevuto l’incarico dall’“aggiunto” Mario Morisani, e ai poliziotti della Digos “scavare”. Ma perché in tutti questi anni la montagna di “rumenta” è stata ignorata? Perché nessuno si è preoccupato di fronte alle possibili conseguenze ambientali di così tanto pattume di provenienza inquietante? Il sindaco di Masone, Livio Ravera, 34 anni,Margherita, da due alla guida del paese, prova a rispondere così: «E’ una situazione cristallizzata, avviene così in tutti in quei comuni dove ci sono siti in passato utilizzati come discarica».
Quindi il sindaco, come autorità sanitaria, non ha mai pensato di preoccuparsi dell’eventuale nocività di quella massa di rifiuti sepolta sotto una superficie di almeno trenta ettari?
«No».
Perché?
«Perché nessun’altra autorità sanitaria o di polizia mi ha fatto pervenire segnalazioni che potessero indicare un pericolo per l’ambiente e le persone. Almeno da quando io sono sindaco...».
Però non è così rassicurante vedere quella roba...
«In paese tutti hanno sempre saputo».
Cosa?
«Che lì fino a metà degli anni Sessanta c’era una discarica ».
Proprio lì?
«Sì, da quello che so un po’ in tutta quella zona».
Una discarica autorizzata?
«No. La sua esistenza non è mai stata certificata da alcun atto dell’amministrazione. D’altronde in quegli anni le normative in materia erano molto blande».
E i rifiuti da dove arrivavano?
«Da Genova, dalla Volpara  Era direttamente il comune di Genova con i propri mezzi a trasportare la spazzatura nel nostro territorio».
Rifiuti di tutti i tipi?
«Come posso saperlo».
Poi un giorno la discarica chiude. Ma la bonifica non parte visto che, ammesso che parliamo sempre degli stessi terreni, a distanza di anni continua ad affiorare di tutto.
«Non siamo in grado di stabilire cosa sia stato fatto. Quella pattumiera, diciamo così, è un’eredità del passato».
Con la quale convivete senza farvi troppe domande.
«Attenzione. La gente di Masone non è insensibile alle istante ambientali. Basti pensare che negli ultimi anni abbiamo detto due volte no alla Regione che voleva insediare sul nostro territorio un sito per lo smaltimento di rifiuti tossici».
D’accordo. Ma ora c’è un’inchiesta della magistratura.
«L’ho saputo dal “Corriere Mercantile”. Lunedì andrò in Procura a chiedere notizie. Quando e se sarà necessario sono pronto ad assumere tutti quei provvedimenti che possono rientrare nelle mie competenze in ordine all’eventuale inquinamento delle falde acquifere».
Un auspicio?
«Come sindaco non posso che augurarmi che venga fatta piena luce sui potenziali pericoli derivanti dalla discarica. E non posso che salutare come benvenuto ogni intervento mirato alla completa bonifica e messa in sicurezza del sito».
ANDREA FERRO  


INTERVIENE LEGAMBIENTE.
Andrea Agostini: «La salute dei cittadini è secondaria, prevalgono altri interessi»
«Se non interviene la magistratura nessuno si muove. L’esempio della Stoppani di Cogoleto è illuminante. Ci sono intere aree sotto le quali nel corso del tempo la criminalità organizzata ha sepolto rifiuti di tutti i tipi»


E’ una vecchia storia. Se non interviene direttamente la magistratura nessuno si muove. Perché le amministrazioni locali, Provincia e comuni, di fronte alla salute dei cittadini e ad una efficace politica di salvaguardia ambientale antepongono altri interessi: politici, economici, sociali».
Andrea Agostini, di Legambiente, si sorprende ma neppure troppo di fronte alla brutta storia della discarica di rifiuti (anche tossici) dei Piani di Masone. Per gli ambientalisti è l’ennesimo esempio di un certo modo di gestire le emergenze ambientali. «E’ tipico della nostra provincia. Penso per esempio alla vicenda della Stoppani. Se non ci fosse stata un’azione incisiva della magistratura il comune di Cogoleto avrebbe fatto finta di niente. Eppure le spiagge erano inquinate».
Ma per Agostini in casi del genere anche il lavoro dell’autorità giudiziaria spesso è in salita. «I magistrati - spiega – si trovano di fronte a situazione pregresse, dopo tanto tempo non è semplice risalire ai responsabili, diventa difficile perseguire questo tipo di reati».Al di là dell’aspetto strettamente penale resta il fatto che in molti comuni esistono delle vere e proprie bombe ecologiche da disinnescare. «Penso per esempio all’entroterra del levante – prosegue Agostini -. Ci sono intere aree sotto le quali nel corso del tempo la criminalità organizzata ha sepolto rifiuti di tutti i tipi. Andate poi a Lavagna...». E la bonifica? «Trattandosi di terreni privati non è semplice poter procedere alle analisi e quindi agli interventi successivi».Però a qualcuno dovrebbe spettare la tutela dell’ambiente e della salute.«E’ una prerogativa della Provincia, dei carabinieri del Noe, dei comuni. Maalla fine sopra tutto e tutti prevale la volontà politica di fondo. Ripeto: l’esempio della Stoppani di Cogoleto è illuminante».E a Masone che sta succedendo? «Siamo nella stagione estiva – spiega Agostini -. E’ un comune di villeggiatura. C’è da tutelare una certa immagine, sono le valli del latte». La distesa dei Piani è di proprietà del marcheseGiacomo Cattaneo Adorno (latitante da anni, ndr). «Quel signore – dice Agostini - è già indagato per una storia simile in via Piombelli, a Rivarolo».
[a.f.]


24.07.2006 - Corriere Mercantile


L’AFFITTUARIO DELLA CASCINA AI PIANI
RACCONTA LA SUA DISAVVENTURA
.«Una pattumiera di 100 mila metri cubi»
Maurizio Pagliarini: «Nessuno mi aveva detto cosa c’era sotto. L’ho scoperto io»

«Che questo terreno fosse una pattumiera nessuno ce lo aveva mai detto. Ce ne siamo accorti noi. Un giorno il trattore con il quale stavamo arando un campo ha bucato la gomma. Sotto il primo strato di terra c’era un tappeto di vetri. E poi i cinghiali, col tempo, hanno fatto il resto...».Maurizio Pagliarini, 46 anni, dal giugno 2001 ha in affitto la Cascina dei Piani, a Masone, trenta ettari che per anni sono stati un’immensa discarica nella quale è finito di tutto. Anche rifiuti ospedalieri, in abbondanza. E chissà cos’altro. Due anni fa a Pagliarini hanno diagnosticato il linfoma di non Hodgink, il tumore al sistema linfatico. Dieci mesi di chemioterapia e la concreta speranza di farcela. Da venti giorni il cane che da più tempo è nella cascina, Max, un Labrador, è affetto dallo stesso male. Lo ha confermato la biopsia eseguita in un studio veterinario di Genova. Quando, cinque anni fa, dal marchese Giacomo Cattaneo Adorno (da tre anni latitante) prese in affitto la tenuta Paglierini pensava di avviare un’azienda agrituristica specializzata nella pet-therapy, la cura degli uomini con l’aiuto degli animali. Ha addestrato quindici cani, tre cavalli. Del gruppo da qualche mese fa parte anche il cane “Boh”, quello di Striscia la Notizia. Ma l’attività non ha potuto decollare.Quando ha scoperto che sui prati “fiorivano” boccette di medicinali, provette, flebo, garze e altro pattume del genere che ha fatto?«Era la primavera del 2003, nel frattempo era tutto pronto: cinque camere per il “bed &breakfast”, una sala-ristorante per trentacinque coperti. Mi sono subito rivolto al marchese. All’epoca non era ancora latitante.  Mi ha assicurato che il terreno sarebbe stato bonificato. E che in cambio mi avrebbe messo a disposizione un altro terreno, sano, per avviare l’attività. Nonostante tutto i suoi avvocati pretendevano comunque il pagamento delle rate d’affitto».E in tutti questi anni nessuno a Masone si era accorto di quello che c’era lì sotto?«Lo sapevano in tanto, io l’ho scoperto tardi.Ho saputo che la precedente affittuaria, una signora di Ovada, aveva avuto gli stessi problemi ed era andata in causa (a giugno ha vinto anche in appello, il marchese dovrà risarcirla di quasi 500 mila euro, ndr). Se n’era andata alla fine del 2000, sei mesi prima che arrivassimo. Evidentemente prima di firmare il contratto con noi qualcuno ha provveduto a ricoprire con un altro strato di terra i rifiuti».E poi come è andata?«Le promesse sono rimaste tali. Nessun risarcimento. Anzi, pressioni per pagare l’affitto. .Mi sono rivolto ad un avvocato e ho commissionato una perizia sui terreni».A chi si è rivolto?«Ad un chimico».A che conclusioni è giunto?«Ha rilevato che il terreno inquinato è di almeno centomila metri quadrati. Ha analizzato l’acqua di una sorgente accertando che ci sono tracce riconducibili, probabilmente,alla “digestione” dei rifiuti». E ora?«La Digos ha fatto un sopralluogo, c’è un’inchiesta della Procura. Vedremo. Intanto di qui ce ne andiamo».
ANDREA FERRO

L’INCHIESTA
La Procura ha aperto un fascicolo,
sopralluogo della Digos sui terreni
Il fascicolo è sul tavolo del sostituto procuratore Gabriella Marino che l’ha ricevuto dall’“aggiunto” Mario Morisani. Le indagini sono condotte dalla Digos. Il sindaco di Masone, Livio Ravera, ha annunciato che oggi prenderà contatti con gli inquirenti ed è pronto ad intervenire con provvedimenti “ad hoc”. Nell’area “incriminata” fino a metà degli anni Sessanta, ha dichiarato il primo cittadino, il comune di Genova ha trasportato rifiuti provenienti dall’inceneritore della Volpara. Una discarica alla luce del sole ma assolutamente abusiva. Negli archivi del comune di Masone non esisterebbero infatti atti che, nel corso del tempo, ne abbiano certificato l’esistenza.


25.07.2006 - Corriere Mercantile
MASONE, PARLA L’ASSESSORE ZUNINO.
La discarica fantasma
«La Regione non sapeva è ora di intervenire»

Cristina Morelli, capogruppo dei Verdi, presenta un’interpellanza urgente e critica il sindaco di Masone, Livio Ravera: «Doveva muoversi senza aspettare che qualcun altro segnalasse ufficialmente pericoli per la popolazione»

A
nche in Regione nessuno, almeno ufficialmente, ha mai saputo dell’esistenza dell’immensa pattumiera di rifiuti (soprattutto ospedalieri) dei Piani di Masone sulla quale ora indaga la Digos e la Procura della Repubblica ha aperto un’inchiesta. «Ho chiesto ai dirigenti dell’Arpal di verificare – dice l’assessore all’Ambiente Franco Zunino, Rifondazione -. Ai nostri uffici non è mai giunta alcuna segnalazione. Anche si tratta di un sito attivo negli anni Sessanta una traccia della sua esistenza avrebbe dovuto rimanere. Sembra incredibile che nessuno in tutto questo tempo abbia informato la Regione. Ma dagli elementi in mio possesso pare che sia andata proprio così. Adesso stiamo valutando come intervenire d’intesa con il comune di Masone e la Provincia per accertare al più presto cosa c’è là sotto e procedere così agli interventi di bonifica. Mettiamo a disposizione mezzi e personale».
In attesa che qualcuno faccia un salto ai Piani di Masone, Cristina Morelli, capogruppo dei Verdi, in Consiglio regionale, va giù dura. «Ho presentato un’interpellanza per sapere se la Regione era informata dell’esistenza di quella discarica - dice -Ritengo la situazione molto grave. Non c’è più tempo da perdere. Al di là delle eventuali conseguenze sul fronte penale dell’inchiesta della Procura bisogna accertare subito cosa è stato interrato sotto quei terreni e quali pericoli esistono per la popolazione».
Cristina Morelli poi critica il sindaco di Masone, Livio Ravera, che al nostro giornale aveva confermato l’esistenza di quella discarica abusiva specificando però che nel corso dei decenni nessuna autorità sanitaria o di polizia aveva segnalato pericoli sul fronte ambientale. Insomma tutti lo sapevano... «Il sindaco avrebbe dovuto intervenire direttamente di sua iniziativa – commenta Cristina Morelli – senza aspettare che fossero gli altri a fare il primo passo. Il sindaco, lo ricordo, è un’autorità sanitaria».
[a. f.]

LA PROCURA HA APERTO UN’INCHIESTA.
Le indagini della Digos:
acquisita una perizia, ascoltati due testimoni
Il terreno, una superficie di trenta ettari, è di proprietà del marchese Giacomo Cattaneo Adorno latitante da tre anni
I
l fascicolo è sul tavolo del sostituto procuratore Gabriella Marino che l’ha ricevuto dall’“aggiunto” Mario Morisani, responsabile del pool di pm specializzati nei reai ambientali. Nella prima relazione inviata in Procura dagli investigatori della Digos compaiono anche le conclusioni di una perizia eseguita nell’ottobre del 2004 e commissionata da Maurizio Pagliarini, 46 anni, l’imprenditore che da cinque anni ha preso in affitto i trenta ettari della Cascina dei Piani di Masone di proprietà del marchese Giacomo Cattaneo Adorno (latitante).L’esame è stato eseguito dal chimico torinese, Romano Calvillo. Nel corso dei vari sopralluoghi il professionista ha rilevato che «dal punto di vista ambientale la zona non avrebbe mai potuto essere utilizzata come ricettore di rifiuti di qualsiasi genere essi siano».La perizia è stata condotta attraverso l’effettuazione di cinque “pozzetti esplorativi” di un metro di profondità in altrettante zone diverse della proprietà. Nel corso delle prime indagini la Digos ha verbalizzato le testimonianze di Maurizio Pagliarini e di una donna di 46 anni di Cremolino che nel 1996 firmò un contratto di affitto per l’utilizzo dei trenta ettari della Cascina ad uso agrituristico. Fu lei ad accorgersi che dal terreno affioravano rifiuti soprattutto ospedalieri. Di qui la causa contro il marchese Giacomo Cattaneo Adorno vinta, recentemente, anche in appello.Dovrà risarcirla di una cifra di poco inferiore ai 500 mila euro.
[a. f.] 


31.07.2006 - Corriere Mercantile

SCOPERTA A MASONE
SUI TERRENI DEL MARCHESE GIACOMO CATTANEO ADORNO
.
Discarica “fantasma” ...il giallo continua
Intanto l’assessore regionale Franco Zunino e il consigliere
verde Cristina Morelli chiedono che si faccia luce sull’intera vicenda


Già nell’ottobre di due anni fa una perizia accertò che sotto i trenta ettari di proprietà del marchese Giacomo Cattaneo Adorno dei Piani di Masone c’era una discarica. Di tutto, rifiuti ospedalieri (in abbondanza) compresi. Intanto il sostituto procuratore Gabriella Marino, titolare dell’inchiesta, sta valutando gli atti consegnati dalla Digos, l’ufficio di polizia giudiziaria che indaga sull’immensa “pattumiera” abusiva e che ha compiuto vari sopralluoghi sui terreni.
LA PERIZIA - E’ stata eseguita nel novembre del 2004 dal dottor Romano Calvillo, iscritto all’Ordine dei chimici del Piemonte e della valle d’Aosta. A commissionarla era stato Maurizio Pagliarini, l’imprenditore che nel 2001 prese in affitto dal marchese i trenta ettari con l’intenzione (divenuta irrealizzabile) di avviare un’attività agrituristica. Il professionista ha effettuato «alcuni pozzetti esplorativi della profondità di un metro” in cinque campi diversi del terreno. «In tutti i casi - scrive Cavillo - è risultato uno strato superficiale, talvolta estremamente sottile, di terreno dalla morfologia apparentemente estranea alla matrice della zona e uno strato di rifiuti indistinti: residui da imballaggio, vetri (talvolta bottiglie intere), macerie, materiali edili ed ospedalieri (bende e medicinali quasi intatti).
LA SORGENTE – Un sopralluogo è stato compiuto anche presso una sorgente che sgorga all’interno dell’area. «Nella sola zona presso la sorgente – scrive ancora il chimico - è presente uno strato di matrice limosa di colore nerastro dovuto probabilmente alla digestione dei rifiuti». La perizia prosegue così: «In altre zone evidentemente più esposte ad azioni di dilavamento meteorico (pioggia, ndr) si sono rivelate esumazioni spontanee di rifiuti dello stesso tipo di quelle già descritti». Allegate alle perizie ci sono varie foto che ritraggono i rifiuti, in particolare, quelli di evidente origine ospedaliera.
L’AREA - Secondo il perito «si può desumere che il terreno inquinato ammonta ad almeno 100 mila metri cubi». Complessivamente la quantità dei rifiuti interrati sarebbe vicina ai trentamila metri cubi. Ma la stima sarebbe forzatamente approssimativa.
L’INCHIESTA - Nel fascicolo del pm Gabriella Marino ci sono le conclusioni di questa perizia e due testimonianze raccolte dalla Digos. Gli agenti hanno sentito Maurizio Paglierini e la precedente affittuaria del terreno (dal 1996 al 2006), una quarantaseienne di Cremolino, in provincia di Alessandria. Anche quest’ultima ha dichiarato che dieci anni fa prese in affitto dal marchese Giacomo Cattaneo Adorno (latitante dal 2003) i trenta ettari per aprire un agriturismo. Si accorse che sotto il primo strato di terra c’era una pattumiera in circostanze inquietanti: alcuni cavalli tornarono feriti da un’escursione (a causa dei vetri dei contenitori delle flebo). Poi la pioggia e i cinghiali fecero il resto. E dai prati iniziarono a “fiorire” i rifiuti.
IL SINDACO - In un’intervista al nostro giornale e anche attraverso un comunicato ufficiale il sindaco di Masone, Livio Ravera, aveva confermato di essere a conoscenza della vecchia discarica. E in particolare aveva specificato che i rifiuti erano stati scaricati in zona fino a metà degli anni Sessanta provenienti dall’inceneritore genovese della Volpara. L’esistenza della discarica non era mai stata sancita da alcun documento ufficiale.
I VERDI - Un intervento urgente da parte dell’Arpal e delle altre autorità competenti è stato sollecitato dal capogruppo dei Verdi in Consiglio regionale, Cristina Morelli, che ha polemizzato con il sindaco di Masone. «E’ assurdo – ha detto - che il Comune, pur a conoscenza dei fatti, non abbia intrapreso alcuna azione per accertare cosa c’è là sotto».
L’ASSESSORE – Sulla vicenda è intervenuto anche l’assessore all’Ambiente, Franco Zunino. «Ho chiesto ai dirigenti dell’Arpal di verificare - ha detto -. Ai nostri uffici non è mai giunta alcuna segnalazione.Anche se si tratta di un sito attivo negli anni Sessanta una traccia della sua esistenza avrebbe dovuto rimanere. Sembra incredibile che nessuno in tutto questo tempo abbia informato la Regione. Ma dagli elementi in mio possesso pare che sia andata proprio così. Adesso stiamo valutando come intervenire d’intesa con il comune di Masone e la Provincia».
ANDREA FERRO 

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E sulla discarica sempre delmarchese latitante, quella di via Sergio Piombelli a Genova Rivarolo...
In teoria è stata già bonificata, in realtà è sempre lì, dopo le nostre denunce si è riaperta l'attività di sistemazione dell'area. Ci hanno assicurato: "Non c'è inquinamento delle falde acquifere, visto che non ci sono falde acquifere stabili lì sotto". Voi sareste tranquilli? 
GENOVA, NOVEMBRE 2005
UNA DISCARICA DI CROMO,
PIOMBO... DAL 2001
in via piombelli, scoperta sequestrata e "bonificata" diamoci un'occhiata...
(gli odori non sono inclusi) - clicca qui
 






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